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giovedì 13 ottobre 2016

Saluto a Dario Fo, premio Nobel e artista impegnato

     Io non amo i tuttologi: finiscono sempre per rivelarsi marionette sapientoidi che si limitano a sapere di tutto un poco, ma nulla veramente bene; gente degna forse di partecipare solo a banali quiz show televisivi. Timeo hominem unius libri, temo colui che conosce un libro solo. Perché se ne conosce uno solo deve per forza conoscerlo bene.
     Ebbene, Dario Fo sfuggiva a questa regola. Come un moderno Leonardo da Vinci, questo artista-intellettuale, vincitore del Premio Nobel per la Letteratura nel 1997, era attore, regista, pittore, scrittore e anche attivista. E non sapeva un po’ di tutto, ma un bel po’ di tutto questo. Un artista a tutto tondo, quindi, che non ha usato l’arte fine a se stessa, ma l’ha messa a disposizione della gente e ha usato anche la sua stessa persona per l’impegno sociale (ci ha messo la faccia, come si dice oggi).
     Drammaturgo laico e ateo, fautore della liberazione dagli schemi nel mondo del teatro e marito di Franca Rame, anch’ella attrice impegnata, ci ha lasciato ben più di Mistero buffo (capolavoro!). È uno di quelli che lasciano una “morale”; e l’ha lasciata col suo stile e con le sue idee, con la forma oltre che con il contenuto.
     A dimostrazione di ciò voglio condividere il ricordo più bello che ho di Dario Fo, che non è però una scena di un suo spettacolo, bensì un pezzo di un’intervista. Era il 2001 e Dario era ospite di Daniele Luttazzi (anch’egli attore e comico e uomo di satira) nel programma Satyricon: tra i vari temi trattati ne emerge uno, nobilissimo e molto educativo, ovvero la differenza tra satira e sfottò. Attenzione a distinguere la satira dallo sfottò, dice Dario: la satira mette un punto di vista morale e serve a denunciare, essa diverte e nello stesso tempo informa e insegna, mentre lo sfottò è presa in giro fine a se stessa, serve a svagarsi ma non educa, non consegna nulla al pubblico, non forma, non rende migliori.

     Voglio lasciare lo stralcio di questa intervista in cui si parla di questo perché per me è questa l’eredità più grande di Dario Fo: educare tramite l’arte. Il che ne fa secondo me un artista nel senso più pieno del termine.


Grazie, Dario!

martedì 9 agosto 2016

I talent show stanno distruggendo la musica italiana, ma possiamo fermarli

     I giovani nati negli ultimi anni e che non sono stati aiutati a formarsi una qualche memoria storica almeno del secolo scorso, considerano normali molte forme di degenerazione per il semplice fatto che ci sono nati dentro e che non possono fare confronti con i tempi in cui esse non esistevano.
     Una di queste forme di degenerazioni riguarda lindustria della musica italiana che è stata pesantemente sporcata e violentata dalla filosofia dei talent show. Questi format sono così potenti che riescono a incantare anche i più attempati (con poco senso critico) che magari un confronto potrebbero farlo e che tuttavia si lasciano affascinare da questi fuochi di paglia. La verità è che i talent show odierni stanno sfornando intere generazioni di falsi artisti, rovinando la sensibilità che il pubblico dovrebbe avere nei confronti di questa nobilissima arte.
     A tal proposito si è pronunciato Fabrizio Basciano con un apposito articolo uscito oggi sul Fatto quotidiano e che mi piace lasciare sul blog perché ritengo faccia unanalisi molto chiara e diretta di questo problema, fornendo anche la più intelligente delle soluzioni.



     Quando iniziai a interessarmi, da un punto di vista analitico, dei talent show compresi subito, quasi folgorato sulla via di Amici, gli obiettivi che quella industria di fenomeni stagionali, di cantanti usa e getta, sarebbe andata perseguendo: 1) fare in modo che il mercato discografico non sfornasse più artisti in grado di durare nel tempo; 2) far sì che nessun cantante fosse mai più autore della propria musica, limitandosi a essere interprete di musica altrui; 3) far sì che gli autori venissero relegati dietro le quinte, mandando avanti solo ed esclusivamente interpreti il più delle volte mediocri.

     Perché tutto questo? Principalmente per una serie di motivi che definirli agghiaccianti è dir poco: 1) giungere al più totale controllo della vita e della carriera degli artisti “sfornati”; 2) silenziare le ingombranti personalità dei grandi autori e l’eventuale dissenso; 3) non consentire più alla musica di veicolare messaggi indesiderati, di formare, promuovere e sviluppare un pensiero critico. Un disegno preciso insomma che inizia oggi a ricevere più di qualche pubblica denuncia da parte di chi nel settore naviga da tempo immemore: “I talent distruggono la musica, i talent creano il karaoke, creano dei prodotti televisivi ma distruggono la musica” recitava poco tempo fa Red Ronnie ospite su Rai1, ribadendo e approfondendo poi il concetto in luogo di un’intervista concessa a Fanpage: “Lo stesso Mogol mi ha detto che Mogol e Battisti oggi non sarebbero usciti (…) succede che i veri artisti li fanno sloggiare e prendono chi ha una bella voce. Ma dove va una che ha – e, aggiungo io, solo – una bella voce?”.

     Esatto, i veri artisti, coloro i quali scrivono la propria musica, esprimono il proprio pensiero, veicolano dei messaggi non vengono minimamente presi in considerazione, ragion per cui tutto il nuovo cantautorato italiano, tutti i giovani cantautori nostrani restano praticamente relegati nella sfera della musica indipendente, tagliati fuori dal mainstream. Gli odierni Battiato, Guccini, De André, De Gregori, Dalla e compagnia bella non ricevono spazio, scalzati da una nuova industria che, sfruttando giovani e ingenue leve, promuove e porta avanti solo ed esclusivamente se stessa: “Perché si tira a fare l’artista usa e getta? Perché – prosegue Red Ronnie – non gli devi dare l’opportunità di crescere, perché se cresce rompe i coglioni. Perché Jimi Hendrix che fa l’inno americano con le bombe sul palco di Woodstock, o Bono degli U2 che va a chiedere di cancellare il debito rompono le palle. E allora cosa hanno fatto? Hanno sostituito gli idoli. Oggi gli idoli che creano sono idoli vuoti, lo dico sempre”.

     Vuotezza di contenuti, vacuità allo stato puro, assenza di messaggi sono i fini che persegue la diabolica industria del talent, fagocitando sogni (quelli dei giovani usa e getta) e orizzonti mentali (quelli del pubblico che inconsapevolmente si nutre di vuoto versato nel nulla). A far propria la denuncia contro i talent è anche Raf, che in una recente intervista concessa al Messaggero.it dichiara: “Nei talent è il criterio ad essere sbagliato: si premia solo il bravo interprete, il talento di chi ha una bella voce, ma questo è solo un aspetto dell’essere un bravo artista. C’è anche altro”, molto altro, diremmo noi. A mancare completamente è infatti il concetto di autorialità, concetto che porta con sé e sposa in pieno l’esercizio del pensiero critico: non esiste autore al mondo incapace di esercitare coscientemente il proprio pensiero, ma questo, evidentemente, non va più bene.

     Non esisteranno più i Piero Pelù che dal palco di San Giovanni lanciano le proprie invettive contro il governo, i Celentano che denunciano la speculazione edilizia a Milano, i Battiato che dalla poltrona di Bruxelles definiscono “troie” i parlamentari italiani (uomini e donne, NdA) che per intascare una mazzetta venderebbero anche i propri familiari: quando personaggi di questo calibro si saranno definitivamente estinti non vi sarà più nessuno con lo stesso peso mediatico, coadiuvato da una più o meno ampia capacità critica, in grado di svegliare le coscienze, animare i dibattiti, opporsi al potere.

     Dove sono finiti, giusto per citarne alcuni, i Matteo Becucci, I Moderni, Antonio Maggio, Ruggero Pasquarelli, Marco Carta, Tony Maiello e tutti gli altri ragazzi le cui carriere, lanciate dai talent, possono essere paragonate a un magnifico fuoco d’artificio, sorprendente ma completamente effimero? L’unica vera soluzione è quella di fermare l’ingranaggio, di mandare a casa i talent. Come? Non guardateli più.

sabato 30 luglio 2016

Saluto ad Anna Marchesini, regina “cecata” del Trio

     Anna Marchesini era un prodigio ben prima di salire sul palcoscenico. Da piccola terminò addirittura gli studi prima del tempo e, dopo gli anni del liceo, si laureò in Psicologia a soli 22 anni: il buongiorno si vede dal mattino!
     E infatti l’ascesa di questa attrice straordinaria ha continuato negli anni a venire, sia all’interno del Trio (assieme a Massimo Lopez e Tullio Solenghi), sia come solista.



     Attrice versatile Anna Marchesini, vero vulcano di personaggi: la signora Carlo («siccome che sono cecata»), la cameriera, la sessuologa sono tutte icone e maschere entrati nella cultura teatrale e televisiva del nostro paese. Attrice tecnica Anna Marchesini, con quel suo uso pulito della voce, affinato negli anni dell'accademia d'arte drammatica. Attrice colta Anna Marchesini, sia in virtù dei suoi studi, sia per le innumerevoli parodie che assieme a Lopez e a Solenghi ci ha regalato delle opere letterarie più svariate. E artista completa, dal momento che, oltre ad essere attrice è stata anche doppiatrice e scrittrice.


     Anna se n’è andata all’età di 63 anni: era malata di artrite reumatoide. La nostra memoria si è arricchita della sua ironia e del suo grande talento. E a ricordarla si riesce a vivere un momento cupo come la morte col coraggio di un sincero sorriso.



giovedì 30 giugno 2016

Alberto Angela, ‘solo’ un (bravissimo) divulgatore scientifico? No. Una bomba sexy e un’icona gay che i giovani adorano

     Se sei il figlio di Piero Angela, e nella vita decidi di fare il divulgatore scientifico in tv, o sei un pazzo incosciente o sai il fatto tuo. Per sua (e nostra) fortuna, Alberto Angela appartiene alla seconda categoria. Il che non era affatto scontato, ovviamente, soprattutto perché in televisione il confine tra “giovane che sa il fatto suo” e “figlio di papà raccomandato” è sottile sottile. Ma Alberto Angela non è stato catapultato in tv dal padre da un giorno all’altro: si è laureato in Scienze Naturali alla Sapienza con il massimo dei voti, ha seguito corsi di specializzazione in paleontologia e paleoantropologia ad Harvard, alla Columbia University e alla UCLA. E poi tante spedizioni internazionali alla ricerca delle origini dell’uomo, dall’Etiopia alla Mongolia, dallo Zaire all’Oman. Il background c’è, dunque, ovviamente impreziosito da cotanto padre, il David Attenborough italiano, enorme professionista e signore d’altri tempi. Alberto Angela si avvicina alla tv prendendola decisamente da lontano: l’esordio in video vero e proprio, infatti, è targato Televisione Svizzera Italiana (1990), e piano piano cominciano anche le collaborazioni come autore ai programmi del padre. Da lì è un crescendo: prima qualche spazio all’interno di SuperQuark, poi Passaggio a Nord Ovest e, dal 2000, il longevo e seguitissimo Ulisse – Il piacere della scoperta su RaiTre.

     Ma che Alberto Angela sia il tipico “grande professionista” è cosa arcinota (la genetica ci avrà messo lo zampino). Quello che è più curioso e interessante, invece, è la trasformazione del divulgatore scientifico in personaggio cult, amato dai più giovani, persino icona gay. Una parte del merito è di Neri Marcorè che ne L’ottavo nano, era il 2001, ne aveva regalato una esilarante parodia. E si era divertito lo stesso Angela, visto che aveva acconsentito a duettare mostrando una certa dose di autoironia. L’omaggio di Marcorè, però, spiega solo la trasformazione di Alberto Angela in personaggio noto al grande pubblico. Quello che non spiega è la seconda primavera nell’immagine del conduttore di Ulisse, quella sbocciata sui social network, a suon di gif  e fan club scatenati, ma anche e soprattutto di apprezzamenti tra il serio e il faceto di una larga fetta del pubblico gay e femminile che si divide tra tv e twitter.

     Alberto Angela icona gay e oggetto del desiderio? Sissignore, e il fenomeno è in incredibile ascesa. Mercoledì sera, ad esempio, è andato in onda su Rai1 “Stanotte al Museo Egizio”, l’ennesimo gioiello cultural-televisivo del bell’Alberto, e su Twitter è stato un tripudio di battute, meme, gif. Complimenti professionali, certo, ma anche e soprattutto dichiarazioni d’amore, perché per una volta è un uomo a essere considerato un oggetto televisivo da osservare e su cui fare apprezzamenti anche volgarotti sui social. Ormoni a parte, che con l’estate appena cominciata impazzano anche in rete, il fenomeno Alberto Angela è interessante davvero.

     In un periodo in cui i giovani non guardano neppure i programmi ideati e realizzati per loro, Ulisse riesce a pescare anche in quel target. Un dato che non è passato inosservato, visto che negli ultimi giorni è stato ricordato più volte da Daria Bignardi, direttore di Rai3, nel presentare i palinsesti della prossima stagione. Cosa avrai mai, Alberto Angela, tanto da piacere anche ai giovani? È colloquiale, è semplice, all’apparenza persino monocorde, a volte, ma in realtà solo molto asciutto, senza fronzoli. Non si dà arie, non vuole marcare l’evidente differenza di cultura con il pubblico. Gioca per sottrazione, non è primadonna. O almeno, non volontariamente. Ricordate Alessandro Cecchi Paone all’epoca della Macchina del Tempo? Ecco, esattamente il contrario. Alberto Angela è il narratore discreto di un racconto storico, scientifico e culturale che è accurato ma mai troppo complicato. È divulgazione all’inglese, scuola Bbc, perché non è roba per ragazzini di quinta elementare, ma è spiegata così linearmente, senza onanistiche prove da secchione, che la capirebbero anche loro.

     Professionalmente e televisivamente, dunque, il valore è indiscutibile. La faccenda “bomba sexy e icona gay”, invece, è molto divertente, aiuta a creare il personaggio, a popolarizzarlo ancora di più, a renderlo virale (più necessario di questi tempi). E forse segna anche la rivincita dell’uomo bello ma non sbruffone, colto ma non arrogante, sui modelli dominanti degli ultimi anni, anche e soprattutto in televisione. In fondo, il buon Alberto ha 54 anni suonati (portati bene assai), è tutto fuorché mondano, poco incline al gossip. È figlio di un signore d’altri tempi come Piero Angela, e per fortuna dal padre ha ereditato anche questo. È perfetto, Alberto Angela. Tanto che il rischio è che l’ammirazione si trasformi in motivata e feroce invidia.

di Domenico Naso

domenica 12 giugno 2016

Alberto Angela racconta Firenze e le sue bellezze artistiche (Rivedi la puntata)

     Torna a stupire Alberto Angela con la sua puntata speciale sulle bellezze artistiche di Firenze andata in onda giovedì scorso 9 giugno, Stanotte a Firenze. E si riconferma un bravo divulgatore in una TV che ormai sembra avere spazio solo per tette siliconate e labbra gonfiate sulla bocca di presunti VIP (che nessuno conosce) da cui fuoriescono turpiloqui insopportabili e volgarissimi; una TV del gossip fine a se stesso, delle faccine di Barbara D’Urso e dei TG di parte che (dis)informano.
     Torna a stupire con la sua solita professionalità e il suo garbo espositivo, con la sua voce suadente, con la composta trasparenza con cui ci lascia intravedere l’amore sincero per il lavoro che fa. La puntata è stata condotta con l’ausilio di una voce narrante di eccellenza, quella di Giancarlo Giannini, vero titano del nostro cinema, e con la partecipazione di ospiti speciali, come Andrea Bocelli e Oliviero Toscani, che pure non hanno bisogno di presentazioni.
     Il risultato è una narrazione gradevolissima, a tratti commovente, con bellissimi giochi di luci e ombre, con musiche ben pensate e con una qualità video – il 4K – superiore a quello delle sale cinematografiche.
     Lo spettatore viene portato a spasso per la notturna Firenze, attraverso le pitture e le statue che tutto il mondo ci invidia, con storie che ne narrano il significato, la nascita e anche curiosi aneddoti poco noti. Michelangelo, Brunelleschi, Cellini... i maggiori artisti del Rinascimento sono gli attori di questo straordinario palcoscenico che è Firenze.

     Per chi si fosse perso quest’altro bellissimo pezzo di resistenza culturale e volesse rivedere le perle degli Uffizi, il David teso con lo sguardo di sfida, gli schizzi lasciati da Michelangelo in un rifugio (con tanto di impronta della sua mano su una parete), per chi volesse fare questo stupefacente viaggio nel tempo e lasciarsi investire da questa tempesta di bellezza, ecco la puntata direttamente dal sito ufficiale della RAI.



     E ora un piccolo extra: se siete bulimici di arte e non ne avete abbastanza, vi lascio anche la puntata dell’anno scorso, dedicata alle meraviglie del Museo egizio di Torino, primo museo del mondo sulla cultura egizia, dopo quello del Cairo.
     Quanto mi volete bene?




venerdì 25 dicembre 2015

Scavi di Pompei, riaprono 6 nuovi edifici appena restaurati

     Sei nuovi edifici tutti da riscoprire che tornano alla luce e agli occhi del pubblico, arricchendo così ancora di più l’offerta culturale del sito archeologico dell’età romana più prezioso del mondo, gli scavi di Pompei. È l’ultima tappa, appena conclusasi, del Grande Progetto Pompei, iniziato nel 2012 e sovvenzionato da sovrintendenza italiana e fondi europei per un totale di 105 milioni di euro e che si propone di rivalorizzare il sito, dopo la triste stagione dei crolli e della prolungata incuria che ha visto la vera e propria “morte” di alcuni pezzi del sito archeologico.

     Dopo la riapertura della Casa degli amorini dorati nel 2013, questo 2015 era cominciato con il restauro della famosissima Villa dei Misteri: a fine anno, poco prima di natale, si chiude in bellezza con la ripresentazione di un gruppo di edifici.

Una delle vasche della fullonica.
     Il primo è una lavanderia-tintoria, la fullonica di Stephanus (presunto proprietario). Una fullonica era la bottega di un fullo, un lavandario-tintore appunto, ovvero un luogo dove i capi venivano lavati e colorati. L’edificio era in origine un’abitazione e successivamente fu trasformato per essere adibito alla lavorazione delle stoffe: al piano inferiore l’impluvium (la vaschetta che raccoglieva l’acqua piovana) fu adibita a vasca per il lavaggio e la tintura (per le quali si usavano soluzioni con acqua, soda e perfino urina, molto usata per il lavaggio nel mondo romano), al piano superiore c’era invece la parte abitativa e vi si asciugava i panni. Nel fondo del giardino erano presenti altre vasche intercomunicanti dove degli operai (quasi tutti schiavi) pestavano coi piedi i tessuti nelle soluzioni colorate dove avveniva la fase di tintura.

Interno del criptoportico.
     Gli altri cinque edifici sono abitazioni private, come la sontuosa domus detta del criptoportico, cioè del portico nascosto al di sotto del giardino, che è appunto il pezzo forte dell’abitazione, molto sontuosa e grande. Il criptoportico corre su tre lati del giardino, è fenestrato e presenta un soggiorno (oecus) e degli ambienti termali. Al suo interno si possono ammirare delle pitture con episodi tratti dall’Iliade realizzati col II stile. La domus è stata più volte ampliata ed era in fase di ristrutturazione al momento dell’eruzione del 79 d.C. e infatti durante il suo ritrovamento furono rinvenuti numerosi intonaci affrescati. Per non parlare del suo impianto termale, vero e proprio lusso all’epoca (nel mondo romano ci si lavava praticamente solo alle terme, perché non esisteva il bagno in casa e delle terme private erano un vero e proprio status symbol). L’opera di restauro è stata divisa in tre fasi e ha compreso la ricostruzione di numerose strutture in legno di ciò che i bombardamenti del 1943 hanno distrutto.

     Seguono la casa del Sacerdos Amandus. Secondo le ricostruzioni e come indica la scritta sulla parete esterna, la casa sarebbe appartenuta a un certo Amandus, che di professione faceva appunto il sacerdos, ovvero il sacerdote. Al momento del primo scavo, risalente al 1924, furono rinvenuti degli scheletri di adulti e bambini vicini alla porta di ingresso: quasi certamente provarono a scappare prima del crollo. La casa si contraddistingue per le numerosissime scene mitologiche che abitano le sue pareti.


Triclinium estivo nel giardino della domus dell'efebo.
     Altra abitazione a essere stata restaurata è la domus detta dell’efebo. L’efebo è nell’antica Grecia il nome dato al ragazzo che si trovava nell’età dell’ephebìa, cioè tra i 18 e i 20 anni, e si può quindi tradurre con giovane adolescente. Nell’arte greca l’efebo è un tipo di statua che rappresenta appunto un giovane. La domus pompeiana prende questo nome da una piccola statuetta in bronzo rappresentante un efebo che aveva la funzione di portalampada per illuminare la mensa del giardino: si tratta di una copia di un originale greco risalente alla metà del V secolo a.C. e si trova attualmente nel museo archeologico nazionale di Napoli.
     La domus dell’efebo è la tipica casa dell’esponente del ceto mercantile che si è arricchito con la sua attività. In realtà si tratta di un complesso abitativo formato da più case comunicanti ed è particolarmente fastosa, infatti presenta ben tre ingressi. Al suo interno sono state rinvenute anche statuette di placentari, cioè venditori di placentae (una sorta di focaccia o pizza), usate come portatori di ciotole per salse usati durante i banchetti e anch’essi attualmente ospitati al museo archeologico nazionale di Napoli.

     I visitatori potranno ammirare anche la domus di Paquius Proculus, un candidato duumviro della città di Pompei poi effettivamente eletto (i duumviri erano a capo dell’amministrazione e possono essere paragonati ai moderni sindaci). La casa conserva questo nome perché sulle mura esterna c’era una scritta elettorale con il nome di Proculo, realizzata durante una campagna elettorale. In realtà la scritta non indica il proprietario, che era invece tale Terentius Neo, un panettiere di probabili origini sannitiche che è riuscito ad arricchirsi e ad acquistare lo status di cives (cittadino) e di cui è stata ritrovata in casa una pittura raffigurante egli e sua moglie (in principio si pensò che i soggetti del dipinto fossero Proculo e la consorte), oggi conservata al museo archeologico di Napoli.

     La casa possiede al suo interno un bellissimo pavimento a mosaico, che accoglie all’ingresso i visitatori con la figura di un cane da guardia legato a un battente di una porta e che prosegue nell’atrio con vari riquadri che fanno da cornice a diversi animali. Nell’esedra della domus furono ritrovati degli scheletri di fanciulli.




     Ultima perla di questo pacchetto è la domus di Fabius Amandius, una piccola casa del ceto medio.
Domus di Fabius Amandius, interno.

     La fine dei lavori e la riapertura sono stati celebrati con un’inaugurazione il 23 dicembre 2015. Molte le autorità presenti: dal premier Renzi, al ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini, al sindaco di Pompei Ferdinando Uliano, al soprintendente Massimo Osanna, al direttore del Grande Progetto Pompei il generale dei carabinieri Giovanni Nistri, al presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca. Alla cerimonia inaugurale ha partecipato anche il regista Pappi Corsicato, che ha diretto il cortometraggio voluto dalla regione Campania e dalla Scabec e proiettato nell’Auditorium degli Scavi, intitolato Pompei, eternal emotion.

     La regione Campania ha però pensato anche ad altro: grazie alla Scabec (Società Campania beni culturali), una società di capitali creata nel 2003 al fine di valorizzare il sistema dei beni e delle attività culturali quale fattore dello sviluppo della Regione Campania, e grazie a Campania>Artecard sono stati creati due percorsi guidati che intendono far conoscere nel dettaglio le domus appena restaurate, portando i visitatori in aree normalmente non accessibili. I percorsi sono attivi dal 26 dicembre 2015 al 10 gennaio 2016 (escluso il 1° gennaio), sono compresi nel prezzo del biglietto di ingresso ma necessitano di prenotazione.
     Il primo percorso si chiama Di domus in domus (visite dalle ore 10:00 alle 15:00 – biglietteria di Piazza Esedra) e porterà i visitatori a scoprire nel dettaglio le domus sopra descritte; il secondo è Memorie e suggestioni – Viaggio dal 79 d.C. ad oggi (visite alle ore 11.00, 13.00, 15.00 – biglietteria di Porta Anfiteatro) e guiderà il pubblico nella palestra grande (usata un tempo per allenarsi in attività ginniche e ricca di affreschi della Villa di Moregine), nell’Anfiteatro e alla Piramide di legno che è stata progettata da Francesco Venezia e costruita nell’arena dell’Anfiteatro, al cui interno sono esposti i calchi delle vittime dell’eruzione.

Per informazioni e prenotazioni 800 600 601 cellulari ed estero +39 06 39967650,
oppure visitate il sito www.campaniartecard.it.

domenica 1 marzo 2015

Scavi di Pompei, dopo il restauro riapre la Villa dei misteri

     Gli scavi di Pompei riaprono le porte a quella che è probabilmente la maggior attrattiva dell’intero sito archeologico: la celeberrima Villa dei misteri, dopo un intenso lavoro di restauro, sarà di nuovo visitabile a partire dal prossimo 22 marzo 2015.

     La villa, edificata nel II secolo a.C., prende il nome da una bellissima pittura muraria, oggetto del restauro, raffigurante i riti dei culti misterici in onore del dio Bacco. Subì nel corso del tempo una serie di ampliamenti e numerosi restauri, l’ultimo dei quali proprio al momento in cui l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. la seppellì, e raggiunse il suo massimo splendore nell'età di Augusto. In origine la villa offriva un meraviglioso panorama giacché affacciava sul golfo di Napoli e ciò era una logica conseguenza della funzione iniziale per cui era stata concepita: nacque infatti come villa di otium, il genere di villa “da vacanza” tipica dei patrizi romani che amavano trascorrere periodi di riposo o di attività ricreativa in Campania, lungo le coste del golfo partenopeo. Non si trattava quindi di una struttura dedicata ad attività lavorative.

     Ma nel 62 d.C. un violento terremoto la danneggiò e quando fu riparata la sua funzione mutò, diventando una villa rustica, ovvero una casa di campagna che, pur continuando a ospitare nobili cittadini (in una zona detta pars urbana), fungeva anche da fattoria o piccola azienda agricola: furono quindi aggiunti locali adibiti alle attività di produzione (pars rustica) o adatti a contenere attrezzi da lavoro. Nella villa dei misteri si produceva e si vendeva vino, prodotto gettonatissimo in questa parte del territorio campano. Le terre di questa parte del sud Italia erano infatti famose in tutto l'impero per la loro incommensurabile fertilità. Si trattava in generale di una caratteristica comune a molti luoghi della regione, al punto che i romani parlavano di Campania felix (Campania felice).

    
     Si pensa che al momento dell'eruzione la villa fosse in ristrutturazione: infatti un’intera sua area è stata ritrovata priva di suppellettili. Il primo scavo risale al 1909, ma una seconda operazione fu eseguita nel 1929 e tutt’oggi esiste una parte dell’edificio che non è stata ancora riportata alla luce e che secondo gli esperti aggiungerebbe poco a ciò che già sappiamo.

      Molte sono le pitture, in diversi stili, che sono state rinvenute, tuttavia è la serie di affreschi della sala del triclinio ciò che più caratterizza il sito e lo rende la domus patrizia più famosa di tutta l’area archeologica. Le pareti raffigurano, come si diceva, un rituale che vede probabilmente una iniziata che deve diventare sposa del dio Bacco. Le figure sono state realizzate a grandezza naturale e l’autore le raffigurò con una tecnica chiamata per questo megalografia (raffigurazione di grandi dimensioni). Satiri, dei, vergini, amorini sono i protagonisti di queste bellissime scene, che si ispirano in parte alla pittura greca e sono dotati di una morbidezza che ingentilisce lo sguardo; corrono tutt’attorno alle pareti e lo spettatore ha davvero l’impressione di trovarsi fisicamente in mezzo al rituale, con figure raffigurate senza scala che paiono venire fuori dalle pareti e abitare il pavimento di piastrelle in palombino. Le figure sono aggraziate ma decise, ora aeree ora reali e fisicamente presenti e raccontano di una scena sul cui significato gli studiosi si interrogano ancora oggi: la “lettura” delle pareti si effettuerebbe da sinistra e si notano alcuni momenti tipici dei rituali in onore del dio Bacco: vediamo infatti un satiro che degusta del vino (Bacco era il dio del vino), oppure una baccante che scopre il fallo del dio, simbolo di fertilità, così come anche un’altra baccante che danza vigorosamente in preda all’estasi, un momento molto importante nei rituali dedicati a Bacco. Non mancano figure più composte, come una donna che effettua la toilette o una matrona ferma e assorta, come in pausa.



     I lavori di restauro sono iniziati nel 2003, con fondi della sovrintendenza pari a circa un milione di euro, e sono stati estesi a tutta l’abitazione (con l’eccezione del peristilio, oggetto di restauri a parte a causa del crollo di una trave); ai lavori hanno collaborato numerosi atenei, sia italiani sia stranieri, a testimonianza della grande risonanza di questo sito nel mondo. Il direttore del restauro, Stefano Vanacone, ha dichiarato che sono stati rimossi vari strati di una miscela di cera e benzina che sarebbe servita a conservare meglio le pitture nel corso del ’900 ma che, a causa dell’ossidazione, si era scurita, alterando il tono dei colori.

     Le pitture che si sono succedute nel tempo variano a seconda dell’epoca e del gusto dei proprietari: ci sono pitture che si rifanno a uno stile egiziano, di gusto esotico, e affreschi del secondo stile; non mancano un criptoportico, adibito alle passeggiate al fresco e il tipico impluvium dell’ingresso. Nei 2500 metri quadrati di questa villa i visitatori possono ammirare anche dei calchi di vittime e perfino una copia di un torchio vinario.

     I lavori dovevano terminare il 20 febbraio, ma le avverse condizioni atmosferiche e la necessità di ultimare alcuni dettagli hanno richiesto un altro po’ di tempo. La Sovrintendenza ha quindi deciso di rinviare l’apertura al pubblico il prossimo 22 marzo. Si legge infatti sul sito: «Si informa che la riapertura al pubblico della Villa dei Misteri è stata posticipata al 22 marzo, per consentire l’ultimazione degli interventi di restauro degli apparati decorativi, che hanno subito ritardi a causa di condizioni meteorologiche e climatiche eccezionalmente avverse».

     Una bellissima occasione per rientrare in contatto con l’arte e la cultura, un evento imperdibile a cui è moralmente obbligatorio partecipare.

     Vale la pena ricordare che da pochi mesi è uscito un bellissimo libro, scritto da Alberto Angela, che racconta proprio la scomparsa di Pompei ad opera dell’eruzione del 79 d.C. Lo trovate in libreria col titolo I tre giorni di Pompei, edito Rizzoli.

Nota: Alberto Angela e Rizzoli devolveranno una parte del ricavato derivante dalle vendite del libro al restauro di un altro importante affresco di Pompei, lAdone ferito, nella casa omonima. Una bellissima decisione che aggiunge un ulteriore contributo al mantenimento in vita di questo sito straordinario il cui valore e la cui preziosità non sono eguagliate da nessun altro sito archeologico in tutto il mondo.

Alberto Angela posa assieme all'Adone ferito, l'affresco che verrà
restaurato acquistando il suo libro I tre giorni di Pompei: la foto è
stata scattata lo scorso 8 gennaio, poco prima della presentazione
del libro nell'Auditorium degli Scavi di Pompei.

domenica 9 novembre 2014

“Ulisse”: Alberto Angela vi racconta la morte di Pompei ed Ercolano

     Se ieri sera avete scelto di passare una piacevole e rilassante serata a casa, spero che abbiate guardato la puntata di Ulisse – Il piacere della scoperta, programma condotto da Alberto Angela, uno dei più preziosi divulgatori scientifici che il nostro paese possa vantare. Si è trattato di una puntata meravigliosa, condotta in maniera eccellente, esaustiva e particolareggiata, che al sottoscritto è piaciuta tantissimo, al punto che Sapere audeo non poteva non citarla.
     L’argomento, frutto di anni di studio, ricerche e approfondimenti, è stato uno degli episodi più famosi del mondo: la distruzione di Pompei ed Ercolano dopo l’apocalittica eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Alberto Angela, preciso e chiarissimo, non ha solo ricostruito fedelmente la “dinamica” di quella tragedia, ma ha anche sfatato falsi miti su quell’evento così celebre da richiamare turisti da ogni parte del mondo.

     Recandosi sul posto, Angela ci mostra le case di queste società scomparse, il legno ancora conservato, le suppellettili e le pitture, ci descrive nel dettaglio come ha eruttato il Vesuvio e come sono morte le persone, cos’hanno visto e come hanno sofferto mentre morivano; ci mostra i cadaveri di quegli uomini nel momento in cui hanno esalato l’ultimo respiro, ci parla del paesaggio dell’epoca e dei segni che preannunciavano la tragedia.

     Sulla sua pagina di Facebook Angela ha anche preannunciato l’uscita di un nuovo libro relativo all’argomento.

     Il consiglio è di guardare questa puntata: il titolo è Vivere e morire a Pompei. Anche le altre sono belle, ma questa si è davvero particolarmente distinta per la sua forza didascalica e per il pathos che ha saputo trasmettere, oltre che per la sua fedeltà ai fatti storici. Seguite quindi il link sotto appena avete un paio d’ore libere: mi ringrazierete!



     Se vi interessano le altre puntate, potete trovarle sul sito ufficiale di Ulisse – Il piacere della scoperta.



     E a proposito degli scavi di Pompei, vi ricordo che siete ancora in tempo per sottoscrivere gratuitamente la petizione che può salvare il recupero del sito archeologico: per sapere come basta leggere qui.


venerdì 31 ottobre 2014

Salvare Pompei, 105 milioni a rischio: “Riparte il futuro” propone la petizione

     Tutti, anche i sassi, conoscono gli scavi di Pompei: sono il sito archeologico dell’epoca romana più famoso e meglio conservato al mondo. Quest’area, riportata alla luce nel XVIII secolo e mappata interamente a fine ’800, è il punto di riferimento più importante per gli archeologi dell’età antica, nonché una grande fonte di pubblicità per il nostro paese, poiché richiama un numero impressionante di turisti ogni anno (il Ministero dei Beni Culturali fa sapere che nel 2013 il guadagno ha superato i 20 milioni di euro!). Si tratta di un bene talmente importante che l’UNESCO lo dichiara patrimonio dell’umanità.



    
Tuttavia negli ultimi anni il sito è stato lasciato a se stesso: lo stato ha smesso di occuparsene, sono stati registrati numerosi furti e soprattutto si sono verificati troppi, troppi crolli e danneggiamenti di strutture, che andrebbero messe in sicurezza e restaurate per evitare che l’incuria e l’indifferenza delle istituzioni provochi quello che duemila anni non sono riusciti a fare: distruggere il sito.
     Nel 2010 c’è il crollo della Domus dei Gladiatori, a marzo 2014 ben tre crolli vengono registrati in meno di 24 ore e a giugno altri due cedimenti strutturali. La situazione è chiara: Pompei è abbandonata.

     Il Grande Progetto Pompei, presentato da Mario Monti nel 2012, è uno stanziamento di fondi, in parte italiani in parte europei, per un totale di ben 105 milioni di euro, che si propone di restaurare, mettere in sicurezza e valorizzare il sito. Naturalmente, però, in casi simili c’è il rischio che i fondi stanziati vengano dirottati dalla corruzione e dalla malavita organizzata, che inevitabilmente prova ad insinuarsi nelle gare d’appalto. Nelle intenzioni iniziali, doveva esistere un protocollo che sorvegliasse la trasparenza delle operazioni e che controllasse gli episodi di corruzione: per questo, a sorveglianza dell’operazione è stato posto il Generale dei Carabinieri Giovanni Nistri, che in questo periodo ha steso una relazione in cui denuncia i pericoli di infiltrazione malavitosa e di corruzione. Già a febbraio 2013, infatti, la Guardia di Finanza denuncia alcuni soggetti coinvolti nelle operazioni per corruzione, abuso d’ufficio, frode e truffa.

     Riparte il Futuro, da sempre attivo in questi casi, ha lanciato una petizione, che chiediamo di firmare gratuitamente, con cui si chiede alla Camera un’audizione del generale Nistri affinché la sua relazione sia resa nota. Ricordiamo infatti che il generale ha anche proposto una procedura per ampliare la partecipazione dell’opinione pubblica alla questione e rendere noti tutti i passaggi delle procedure, improntando la cosa alla massima trasparenza possibile. Quando la gente partecipa, infatti, è molto più difficile che si verifichino episodi di corruzione.

     Firmiamo dunque, e facciamo firmare, questa necessaria petizione, permettiamo a Pompei di rialzarsi in tutto il suo splendore, perché è perfettamente possibile! Ci sono 105 milioni di euro già pronti!







lunedì 18 agosto 2014

I luoghi del cuore 2014: vota il tuo monumento preferito

     Avete un monumento preferito? Un palazzo, un teatro antico, un castello che amate e che vorreste fosse tutelato? Potete aiutarlo gratuitamente “votandolo”: il FAI (Fondo Ambiente Italiano) presenta, in collaborazione con Intesa San Paolo, la settima edizione de I luoghi del cuore, un vero e proprio censimento con cui si raccolgono le firme dei cittadini per segnalare in modo gratuito i luoghi più belli del nostro patrimonio. I luoghi più votati entro novembre 2014 saranno oggetto di interventi di recupero e valorizzazione da parte della fondazione.
     Siamo il paese che ha il più bel patrimonio artistico al mondo, siamo la patria del Rinascimento e dell’impero romano, sarebbe barbaro restare indifferenti di fronte a una cosa del genere. Vi lascio due righe dove saprete come fare per aiutare il vostro luogo del cuore senza spendere nemmeno un euro! Votate!

1   Cliccare sul sito iluoghidelcuore.it.
2   Leggere, se vi va, il regolamento (scaricabile in pdf da questo link), che contiene tutte le informazioni necessarie (sono poco più di tre paginette). In particolare vi segnalo che:
- possono votare sia minorenni che maggiorenni;
- possono votare sia cittadini italiani che stranieri;
- si può votare per un solo bene culturale.
3  Segnalare con una semplice firma on line la vostra preferenza dalla pagina del voto, compilando i campi correttamente e gratuitamente.

Fatelo e aiuterete il nostro patrimonio artistico, che è il più bello del mondo!



domenica 12 gennaio 2014

Saluto ad Arnoldo Foà

Quando muore un grande, oltre il lutto, scende su tutti una strana pioggia catartica. La sua morte ha un valore celebrativo per chi grande non è. Strano a dirsi: ci sentiamo più alti a sapere che abbiamo avuto tra noi un grande.

Arnoldo Foà era un grandissimo. Un massimo. E sapere di averlo avuto tra noi, italiano come noi, ci nobilita fortemente. Così almeno mi sento io.

Va via un altro exemplum dell’eccellenza artistica italiana e il suo retaggio, tutte le sue numerosissime pellicole, le opere teatrali, le poesie recitate, quello tocca a noi ricordarlo e valorizzarlo per imparare a riconoscere e a difendere il Bello, affinché possiamo essere “belli” anche noi.

Ricorderò sempre quest’attore straordinario, con quella voce unica, profonda e caldissima, sempre con una pipa in bocca negli ultimi anni della sua vita, che vanta una produzione sconfinata, quest’uomo riuscito a raggiungere i suoi livelli di eccellenza nonostante abbia attraversato il dramma della persecuzione fascista (sebbene fosse ateo, la sua famiglia era ebrea).

Questo straordinario maestro del teatro, destreggiatosi nei campi più disparati (televisione, cinema, poesia, doppiaggio e persino scultura…) ha fatto sì che con la sua opera noi oggi possiamo desiderare di essere più di quello che certi “massimi sistemi” vogliano farci sentire.



Una scena del film Il domestico (con Lando Buzzanca)



La voce di Arnoldo Foà che recita il primo canto dell’Inferno di Dante



Grazie, Arnoldo!

Arnoldo Foà
(24 gennaio 1916 – 11 gennaio 2014)






sabato 22 giugno 2013

Scavi di Pompei: riapre la Casa degli Amorini Dorati

     Una buona notizia per gli amanti dell’arte e dell’archeologia viene dagli scavi di Pompei, il sito archeologico dell’età romana più famoso al mondo. Risale a ieri, 21 giugno 2013, la riapertura della cosiddetta Casa degli Amorini Dorati, un’abitazione risalente al III secolo a.C., così chiamata a causa del ritrovamento al suo interno di un’incisione raffigurante un amorino su una foglia d’oro, facente parte di alcuni dischi di vetro che decoravano la camera da letto matrimoniale di quello che fu il proprietario, tale Cneus Poppaeus Habitus.
Casa degli Amorini Dorati: il peristilio col giardino.

Scena di triade egiziana con Arpocrate, Iside, Serapide e il dio Anubi.
     La casa, un'abitazione patrizia di un quartiere “in” della Pompei antica, è divenuta famosa per il gran numero di affreschi parietali in “terzo stile” raffiguranti scene per lo più tratte dalla mitologia greca e piene di influssi esotici, per i mosaici pavimentali raffinati e il bel peristilio con giardino; essa è in realtà il frutto di una composizione edilizia, una fusione di due piccole case appartenenti al III e II secolo a.C., riunite, appunto, nel I secolo in un’unica, grande domus, ed è situata nella regione VI (lato nord-ovest degli scavi), nell’insula XVI (le insulae erano gli equivalenti dei nostri condomini). Nel 62 d.C. un terremoto danneggiò alcuni affreschi, ma il proprietario li fece prontamente restaurare “in stile”. L’intero lavoro di ripulitura e restituzione all’antico splendore ha richiesto più di un anno di tempo, ma finalmente ora la casa è visibile ed è già un bagno di folla per i turisti che si sono immediatamente precipitati ad ammirare i tesori artistici che questa costruzione conserva.
     I lavori sono stati eseguiti con fondi della Soprintendenza speciale ai Beni archeologici di Napoli e di Pompei e facevano parte di ordinaria manutenzione: questo significa che il restauro di questa bellissima domus non rientra nel progetto Grande Pompei. La riapertura è stata presentata dalla direttrice degli scavi, Greta Stafani, e dalla direttrice tecnica dei lavori, Carmela Mazza, che, in fase di presentazione, ha annunciato altri due lavori di restauro, riguardanti rispettivamente la Casa dell'Ancora e la Casa dell'Efebo, entrambi parimenti condotti con i fondi della Soprintendenza di Napoli e Pompei.
Scena di Achille tra Patroclo e Briseide.
     Finalmente, dopo le polemiche relative ai crolli e allo stato di semiabbandono di alcune strutture (famoso il caso della Domus dei gladiatori), Pompei si riappropria di un pezzo importante del suo sito: i lavori sono consistiti prima di tutto nel recupero delle pitture murarie che rischiavano di staccarsi e nella loro pulitura dagli agenti corrosivi (in particolare l’umidità); sono inoltre state rifatte le coperture e consolidate le cornici in stucco; non di meno, il restauro ha interessato anche il giardino al centro del peristilio più un secondo giardino minore all’interno della domus.
     È questa una grande occasione per questo straordinario sito archeologico di rilanciarsi e farsi un po’ di pubblicità, dopo un lungo periodo di incuria manutentiva. I turisti che affluiscono quotidianamente agli scavi di Pompei vengono dalle più svariate parti della Terra, a testimonianza dell’imparagonabile valore culturale e artistico di questo posto, che tutto il mondo invidia.
     Per chi volesse dare uno sguardo ad alcuni scatti della Casa degli amorini (prima del restauro), segnalo questa pagina web che raccoglie scatti di architettura e archeologia. Coloro che invece volessero approfittare per fare una capatina da vicino al sito (dove c’è molto altro da vedere), ecco il link del sito degli scavi con gli orari di ingresso e le tariffe dei biglietti.