giovedì 12 febbraio 2015

Quale destino per la Grecia di Tsipras? Un’analisi dei possibili sviluppi

Alexis Tsipras
      Atene non va lasciata sola. Appoggiare la Grecia avrebbe più di una conseguenza: la prima, più ovvia, sarebbe di aiutare un paese palesemente in difficoltà e vittima di un trattamento disumano; la seconda è che si creerebbe un precedente in cui a livello internazionale più forze collaborano per opporsi alle politiche di austerità dell'Europa finanziaria. Questo gioverebbe a tutti, Italia compresa.
     La situazione della Grecia è delicatissima: Syriza, il partito di Tsipras, dovrebbe mirare ad ammorbidire l’effetto delle catene della Bce sull'economia nazionale, ma in Europa si ha interesse affinché la Grecia non abbia laiuto che le occorre. Se Tsipras non riuscisse ad ottenere quello che vuole, alla Grecia resterebbero due possibilità: obbedire o uscire dalleuro. Ma Beppe Grillo fa capolino con una proposta che, almeno su carta, pare interessante...

     Esaminiamo prima la situazione: Marcello Foa ci spiega perché la Grecia non ha molte speranze di ricevere il trattamento di cui ha bisogno in un articolo intitolato Grecia e Bce: avete capito o no chi governa davvero?.

Non chiamatele pressioni, sono ricatti. Non parlate di separazione di poteri, al vertice dell’Unione Europea non esistono. Sto parlando, ovviamente, del trattamento che “l’Europa” sta riservando alla Grecia. Quando la Banca centrale europea annuncia che non accetterà più i titoli pubblici greci a garanzia dei prestiti bancari, compie un gesto politico, dalla forza dirompente, paragonabile a un atto militare. Di fatto priva le banche di liquidità, ed è come se si riducesse l’ossigeno a un paziente reduce da una lunga malattia. Gli spin doctor della Bce hanno presentato la decisione alla stregua di “pressioni” sul governo greco; in realtà è una forma di ricatto, che dimostra, ancora una volta, come in questa Europa la democrazia sia più formale che sostanziale e come la volontà popolare non abbia possibilità di affermazione non appena contrasta con gli interessi e i piani delle élite europee. Fuor di metafora: Draghi ha messo Tsipras con le spalle al muro: se persiste sulla strada della rinegoziazione del debito, le banche greche, nel giro di poche settimane o forse di pochi giorni, si troveranno senza fondi, alcune chiuderanno, la gente assalirà, inutilmente, bancomat e sportelli, l’economia si fermerà.

A quel punto Tsipras avrà di fronte a sé due alternative: rompere definitivamente e uscire dall’euro o chinare la testa. Secondo voi come finirà? L’effetto, se questo scenario dovesse realizzarsi, sarebbe disastroso per la nostra democrazia: dimostrerebbe Draghi che i vari Syriza, Podemos, eccetera non hanno alcuna possibilità di realizzare le proprie promesse elettorali e che ai popoli europei non resta in realtà che una scelta: applicare i diktat della Troika con un premier di centrosinistra o applicare i diktat della Troika con un premier di centrodestra. Cambia l’etichetta, non la sostanza. Nell’Europa di oggi, chi controlla la moneta, ovvero l’euro, di fatto rappresenta il potere più forte, condizionante in quanto ostativo, di tutte le istituzioni nazionali ed europee. Un potere che è assoluto. A chi risponde la Bce? A nessuno. Qual è il contropotere della Bce? Non esiste. Chi può giudicare la Bce? Nessun tribunale, la Banca centrale beneficia di fatto di un’immunità assoluta. Ma, vien da pensare, concetti che pensavamo sacri come la tripartizione dei poteri, la sovranità popolare? Spariti in un colpo.

Non contano più, perché con la pretesa di proteggere la banca dalle interferenze dei politici, si è di fatto creato un feudo senza precedenti che ha potere di vita, di sofferenza (tanta sofferenza) e di morte su tutti i cittadini europei. Con la consueta dose di ipocrisia: all’indomani del voto in Grecia il presidente della Bce Mario Draghi, della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, del Consiglio Donald Tusk e dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem si sono riuniti per esaminare la situazione e coordinare la risposta. Scusate, sarò un po’ tonto: ma se la Banca centrale europea deve essere immune dall’influenza dei politici, perché deve coordinarsi con istituzioni politiche? Draghi non dovrebbe immischiarsi di questioni politiche e men che meno partecipare a decisioni che, in una vera democrazia, spetterebbero ai rappresentanti del popolo. E invece l’indipendenza vale solo verso i politici nazionali, non ai vertici dell’Unione Europea e non solo perché essi non hanno piena legittimità popolare. I leader politici, economici, monetari dell’Unione Europea condividono un disegno, un progetto, un metodo di gestione del potere. A quei livelli le barriere non contano. Bisogna mantenere la rotta. E dimostrare a tutti i cittadini europei che il destino è segnato.


     Bill Mitchell, economista australiano, è ancora più duro con Syriza, sebbene a malincuore, e in un suo intervento sulla Grecia illustra i limiti delle richieste di Tsipras (traduzione di Domenico Rontoni)

[...] non credo all’idea che Syriza sia un partito radicale. I suoi discorsi pubblici e i propositi con cui guiderà il popolo greco non sono per niente radicali e lo vedranno operare in accordo alle regole mainstream (neoliberiste) che sono decise e difese da Bruxelles. Syriza non sta proponendo un ritorno alla sovranità valutaria. Piuttosto sta proponendo che Bruxelles sia morbida con la Grecia per un po’ e fissa una parte delle attività pubbliche come parte di un alleggerimento concordato delle condizioni di rimborso. Ciò non è radicale. Ciò assicura che la Grecia rimanga nell’Eurozona, le cui dinamiche sono dominate dalla Germania, che ha un’economia non confrontabile con l’economia greca e la rende un partner “impossibile” con cui stare in una unione valutaria comune.
[...]
La realtà è che la Grecia ha bisogno di uno stimolo pubblico che è ben al di là di qualsiasi cosa sia ammessa con le regole attuali. Mantenendo una posizione di sostegno all’obiettivo del pareggio di bilancio non si fornisce una risposta a Tsipras un simile tema. Ma i greci possono risolverlo in una singola decisione – lasciare l’Eurozona e ripristinare la sovranità monetaria. Le affermazioni di Dragasakis [vice primo ministro del governo Tsipras] precludono questa alternativa.

La sola ragionevole conclusione è che gli obiettivi espressi da Syriza non sono reciprocamente coerenti. Non possono raggiungere le originarie aspirazioni di maggior crescita e aumento dei redditi ed equità mentre permettono a Bruxelles di dominare la quantità dei loro deficit fiscali. Non possono raggiungere i loro obiettivi con un tasso di cambio fisso (o tasso di cambio non indipendente) con la Germania come partner nell’unione monetaria. Le loro promesse politiche si amplificano con la popolazione sofferente. Ma la realtà è che la popolazione non viene informata da forze progressiste sul danno auto-inflitto che comporta il mantenere l’euro come valuta. Non ritengo Syriza la soluzione, dato che tendono verso il centro (che in realtà è la destra). Ma sarei molto contento di scoprire che mi sbaglio!


     Ora, in un clima del genere c’è da perdere la speranza. E infatti la Grecia, nel caso in cui la Germania la snobbasse, ha pronto un piano B: ottenere il supporto finanziario necessario da altre fonti (USA, Russia o Cina...). Ma ecco che Grillo pubblica sul suo blog un’ideuzza che, proprio perché la situazione è tanto disperata, pare un bel punto su cui partire: costituire un fronte anti-austerità a livello internazionale. L’appello si è limitato a chiamare in causa M5S, Syriza e Podemos, ovvero le principali forze antieuropeiste dell’Europa mediterranea. Ora, pensate se questo si realizzasse, se si coordinassero davvero le azioni di più forze insieme; pensate se questo portasse perfino ad imitare l’esempio in altre zone dell'Europa. Magari non si caccerebbero via a calci i padroni del mondo dell’Europa finanziaria, ma le possibilità di costruire una risposta crescerebbero molto di più!
     Si legge sul suo blog «Sarebbe opportuna una conferenza delle forze che in Europa si battono per la ristrutturazione del debito, magari indetta insieme da Siryza, M5S, Podemos ed alla quale invitare tutti, con la sola eccezione dei nazisti di Alba dorata o di Jobbik, che sporcherebbero inutilmente l’iniziativa. Ed è necessario anche chiamare la gente in piazza a sostegno della Grecia, che ne pensano Sel, M5S, Fiom, Cgil, le minoranze Pd? O anche la Lega? Ciascuno a suo modo e con i propri appuntamenti, ma occorre muoversi ed ora».


Beppe Grillo, Pablo Iglesias e Alexis Tsipras, i leader di Movimento5Stelle, Podemos e Syriza, protagonisti
del possibile fronte 
anti-austerità contro la politica finanziaria dell'Unione europea.

mercoledì 11 febbraio 2015

Scripta manent, n. 22 – La “Nostalgia” di Ungaretti

     28 settembre 1916, Locvizza, sul Carso. Giuseppe Ungaretti è rintanato nelle trincee del primo conflitto mondiale a fare il soldato. Il campo di battaglia che puzza di polvere da sparo, freddo e cadavere è l’aria che normalmente respira. Da quel luogo, privo di ogni forma di Bellezza, chiunque vorrebbe fuggire, figuriamoci un poeta. Ma, mentre tutti gli altri sono costretti a restare, Ungaretti riesce per un momento a scappare e lo fa nel modo in cui solo un poeta può riuscire: creando Bellezza dall’orrore.

     Ungaretti ricorda. E ricordando vola via. Ritorna con la memoria a Parigi, dove era giunto giovanissimo (aveva solo 24 anni) per ragioni di studio. Ritorna a una lontana notte di febbraio, apparentemente anonima, ma che per qualche ragione gli si è fissata nella mente e che ora riprende vita davanti ai suoi occhi graffiati dall’orrore; in quella notte si trova a Montparnasse, poco prima dell’alba. Davanti a lui un ponte, sotto il ponte le acque della Senna scorrono lente e buie sotto un cielo cupo, un vero e proprio «oscuro colore di pianto». Sul ponte, ferma e silenziosa a contemplare il fiume, una ragazza, Marthe Roux, 16 anni appena: la sua immagine, così «tenue», rimane nella mente del poeta per tutti quegli anni. Un «fiore d’Alpe», così la chiama in un verso poi cancellato dalla stesura finale, che se ne sta lì immobile, «in un canto di ponte», a vivere il suo malessere. Un malessere in cui Giuseppe si riconosce ora, tanto che gli pare che i loro stati d’animo siano in realtà uno solo: «le nostre / malattie / si fondono».

     La giovane Marthe è la cosa più malinconica e bella che riesce a pensare in mezzo a tutta quella morte. Nel 1918, dal fronte, le scriverà: «la nostra relazione è stata assolutamente pura, ma io volevo avervi totalmente». E molti anni dopo ancora la ricorda: «Che illusione meravigliosa è stata per me».


Quando
la notte è a svanire
poco prima di primavera
e di rado
qualcuno passa

Su Parigi s’addensa
un oscuro colore
di pianto

In un canto
di ponte
contemplo
l’illimitato silenzio
di una ragazza
tenue

Le nostre
malattie
si fondono

E come portati via
si rimane.

Giuseppe Ungaretti, Nostalgia