mercoledì 29 maggio 2013

Saluto a Franca Rame, attrice impegnata

     Muore oggi una delle donne più ammirevoli dell’arte italiana: Franca Rame, l’attrice moglie del premio Nobel per la Letteratura Dario Fo.
     Franca Rame, figlia d’arte, oltre a svolgere la carriera di attrice al fianco del suo compagno di vita, si è distinta per la carriera di attivista e politica. Donna impegnata, ha sostenuto il ’68 e il movimento femminista. Le sue posizioni le costarono un rapimento e uno stupro da parte di alcuni esponenti di estrema destra nel 1973.
     Ha servito lo Stato militando come parlamentare nell’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro, ma nel 2008, delusa dall’impostazione politica di allora, scrive una lettera aperta al presidente del Senato Marini in cui rassegna le sue dimissioni spiegandone i motivi.
     Fino all’ultimo ha continuato la sua attività di attrice in teatro, facendo di satira politica e sensibilizzando l’opinione pubblica su temi delicati quali il sesso e la violenza sessuale, ma le sue condizioni l’hanno portata a un ictus nel 2012. Ci ha lasciati ieri all’età di 84 anni.


venerdì 24 maggio 2013

Saluto a Don Gallo, il prete degli ultimi

     Lo chiamavano il prete degli ultimi. E gli ultimi erano i drogati, i carcerati, gli emarginati e i poveri di cui si è occupato nella sua vita, sia con le proprie mani sia impegnandosi attivamente e sostenendo leggi e manifestazioni a loro favore. Don Andrea Gallo è morto ieri 23 maggio 2013 in seguito a complicazioni cardiache e polmonari che da tempo lo affliggevano e nonostante le quali si ostinava a voler continuare il suo operato alla comunità di San Benedetto al Porto. Aveva quasi 85 anni. Di lui Loris Mazzetti scrisse: «Peccato che Don sia un prete. Se fosse un politico avremmo trovato il nostro leader».




giovedì 23 maggio 2013

5 Stelle all’attacco: Carlo Sibilia denuncia in parlamento il signoraggio, il MES e il Bilderberg

     Sta impazzando in rete il video che riprende il graffiante intervento di ieri in parlamento del deputato M5S Carlo Sibilia, che ha rivolto dure critiche e una forte provocazione al premier Enrico Letta, in partenza per il Parlamento Europeo a Bruxelles. Sibilia ha denunciato pubblicamente l’appartenenza di Letta al club Bilderberg, il signoraggio bancario presente anche nel nostro paese e i paradossi del MES (meccanismo europeo di stabilità). Ecco l’intervento:



mercoledì 15 maggio 2013

Tutte le tappe del processo Mediaset


Mediaset, 10 anni di indagini e due processi infiniti

Le tappe principali a partire dal 2003. Dall'inizio del processo, le richieste di ricusazione, gli slittamenti e i legittimi impedimenti. Il percorso a ostacoli che ha portato alla sentenza di secondo grado.

Quasi 10 anni di indagine. Un'udienza preliminare convocata e continuamente aggiornata di mese in mese fino ai rinvii a giudizio nel 2006. Per il primo grado quasi 6 anni di processo 'a singhiozzo' tra richieste di ricusazione avanzate dai legali e l'istanza di astensione presentata dal giudice. E ancora slittamenti dovuti al Lodo Alfano e al conseguente ricorso alla Consulta, richiesta di trasferimento del procedimento a Brescia, legittimi impedimenti di Silvio Berlusconi, cambi di capi d'imputazione. Simile la situazione per l'appello 'tormentato' da legittimi impedimenti per malattia dell'ex premier, per la campagna elettorale, per l'elezione del Capo dello Stato e la nomina del Governo. Il tutto per altri 5 mesi fino alla sentenza di appello dell'8 maggio.

13 Giugno 2003. Su alcuni quotidiani esce l'indiscrezione di un'inchiesta aperta dalla procura di Milano nei confronti di Silvio Berlusconi nata da un'altra indagine, quella sul comparto estero di Fininvest. I Pm Fabio De Pasquale e Alfredo Robledo "Non confermano né smentiscono". Nei giorni seguenti si avrà la conferma che l'indagine c'è e che già nel maggio era stata richiesta una rogatoria urgente negli Usa. La rogatoria sarà poi bloccata dal ministro della giustizia Roberto Castelli.

7 luglio 2004. Anche Marina e Piersilvio Berlusconi risultano indagati fra gli altri col padre Silvio, il presidente Mediaset Fedele Confalonieri, l'ex responsabile del settore estero Fininvest Giorgio Vanoni e ancora l'ex responsabile di Fininvest Service in Svizzera Candia Camaggi e il presidente di Arner Bank Paolo Del Bue.

13 luglio 2004. I militari del Nucleo Provinciale della Gdf di Milano perquisiscono gli uffici Mediaset.

30 luglio 2004. Il Gip Maurizio Grigo concede la proroga delle indagini.

24 maggio 2005. L'inizio dell'udienza preliminare viene fissato per il 28 ottobre.

26 ottobre 2005. I legali Mediaset chiedono il trasferimento a Brescia. A Milano ci sono "64 magistrati possessori di azioni Mediaset che potrebbero figurare come parti offese".

28 ottobre 2005. l'udienza preliminare per 14 indagati viene subito rinviata perché i Pm hanno depositato documentazione oltre il termine previsto. Diventa pubblico nel frattempo che le indagini sono state aperte nel 2001 e che i reati ipotizzati partono dal 1988.

7 novembre 2005. Inizia l'udienza preliminare.

11 novembre 2005. Il Gup Paparella respinge la richiesta di trasferimento a Brescia.

12 maggio 2006. Dopo altri tre aggiornamenti dell'udienza preliminare, il Pm De Pasquale chiede il rinvio a giudizio di Silvio Berlusconi e altre 11 persone. Chiede anche di affrettare i tempi "per il pericolo prescrizione. Non è colpa nostra se le indagini sono durate 4 anni".

29 maggio 2006. Il legale di Silvio Berlusconi Nicolò Ghedini chiede di non processare il proprio assistito: "Si è dimesso il 26 gennaio 2004 dalle sue cariche in Mediaset e non ci sono testimonianze o documenti che comprovano le accuse".

7 luglio 2006. Il Gup Paparella rinvia a giudizio Silvio Berlusconi per falso in bilancio, appropriazione indebita e frode fiscale. A giudizio altri 12 fra i quali Confalonieri.

21 novembre 2006. Inizia il processo.

30 novembre 2006. Il Gup dispone l'archiviazione per Marina e Pier Silvio Berlusconi.

15 gennaio 2007: Vengono dichiarati prescritti i reati fino al 1999.

26 gennaio 2007. Il processo resta a Milano. Lo decidono i giudici della prima sezione penale respingendo la richiesta di trasferimento a Brescia.

19 novembre 2007. Scatta per Berlusconi la prescrizione per il falso in bilancio resta quella di aver evaso il fisco.

26 settembre 2008. Processo sospeso. I giudici accolgono l'eccezione di costituzionalità del Lodo Alfano e inviano gli atti alla Consulta.

26 ottobre 2009. Viene fissata al 3 novembre la riapertura del processo sospeso in seguito all'approvazione del Lodo Alfano poi dichiarato incostituzionale dalla Consulta.

16 novembre 2009. Si riapre il processo e viene subito rinviato per 'legittimo impedimento' del Cavaliere.

12 aprile 2010. Il Pm De Pasquale chiede di andare avanti col processo il sabato e la domenica per evitare gli 'impedimenti' del premier.

19 aprile 2010. Nuova richiesta dei giudici alla Consulta sulla costituzionalità delle legge sul legittimo impedimento.

28 febbraio 2011. il processo riprende e viene rinviato ad aprile. La difese chiede udienze solo il lunedì.
Berlusconi, che non si è mai presentato in aula viene dichiarato 'contumace'.

11 aprile 2011. Berlusconi si presenta in aula e a De Pasquale dice "lei è il Pm cattivo". 

5 ottobre 2011. La Corte Costituzionale giudica "ammissibile" il conflitto di attribuzioni sollevato da Berlusconi nei confronti dei giudici.

18 giugno 2012. Il Pm chiede la condanna di Silvio Berlusconi a 3 anni e 8 mesi. "Sui soldi dei fondi neri - dice in aula De Pasquale - ci sono le sue impronte digitali". Dieci le condanne chieste complessivamente, la più alta, 6 anni, per il banchiere e fondatore della Arner Bank, Paolo Del Bue.

24 settembre 2012. I legali chiedono l'assoluzione "perchè il fatto non sussiste".

26 ottobre 2012. La sentenza di primo grado condanna Silvio Berlusconi a 4 anni (ma 3 condonati grazie all'indulto) con l'interdizione per 5 anni dai pubblici uffici e, con altri al pagamento di 10 milioni all'agenzia delle entrate e assolve Fedele Confalonieri; condanna condonata per Frank Agrama che era stato condannato a 3 anni. I giudici hanno riconosciuto Berlusconi "dominus indiscusso" del gruppo che "gestiva" anche dopo la sua "discesa in campo" nella politica. Complessivamente i giudici hanno stabilito 4 condanne, tre assoluzioni e 4 "non doversi procedere". L'ex presidente del consiglio parla di "accanimento giudiziario" e "uso politico della giustizia".

18 gennaio 2013. Inizia il processo d'appello. La difesa Berlusconi chiede il rinvio a dopo le elezioni ma i giudici respingono.

25 gennaio 2013. E' prevista la requisitoria del Pg Laura Bertolè Viale ma la difesa chiede ancora la sospensione del processo per la campagna elettorale. I giudici dicono no a sospensiva ma accordano il legittimo impedimento per una tiunione dei candidati Pdl.

1 febbraio 2013. Nuova richiesta legittimo impedimento, respinta. Gli avvocati abbandonano l'aula e si rinvia l'udienza 

8 febbraio 2013. accolto legittimo impedimento, processo viene aggiornato a dopo le elezioni

1 marzo 2013. Dichiarazioni spontanee di Silvio Berlusconi: "Mai occupato di diritti Tv". Il Pg chiede invece la conferma delle condanne: 4 anni per Berlusconi, 3 anni e 3 mesi per Fedele Confalonieri, 3 anni per Frank Agrama.

9 marzo 2013. Berlusconi assente perchè malato di 'uveite bilaterale'. Il Tribunale chiede la visita fiscale al San Raffaele e si decide che non c'è impedimento.

16 marzo 2013. Si al legittimo impedimento.

23 marzo 2013. ancora un legittimo impedimento. Si rinvia al 20 aprile.

20 aprile 2013. legittimo impedimento per l'elezione del Presidente della Repubblica. Si rinvia all'8 maggio.


sabato 11 maggio 2013

Processo Mediaset. Berlusconi condannato anche in appello: ha rubato allo Stato


     Alla fine di ottobre 2012 Silvio Berlusconi veniva condannato in primo grado a 4 anni di carcere, 5 anni di interdizione dai pubblici uffici e 10 milioni di risarcimento all’Agenzia delle Entrate perché dichiarato colpevole del reato di frode fiscale riguardo i diritti dei film delle sue case televisive. Sei mesi dopo, la conferma definitiva della colpevolezza del Cavaliere arriva con la sentenza della Corte d’Appello di Milano: Berlusconi ha effettivamente truffato lo Stato.

     Lo hanno stabilito, tramite prove, i giudici della seconda sezione penale della Corte d’Appello lo scorso 8 maggio 2013, confermando quanto emerso nel processo di primo grado. E quando anche la Corte d’Appello conferma il capo di imputazione attribuito a un imputato vuol dire che i fatti contestati in primo grado sono stati dichiarati veri e provati. Per cui, anche se ora Berlusconi ricorrerà in Cassazione per sollevare i soliti dubbi sui vizi di forma della sentenza, tuttavia resta stabilito che l’evasione fiscale fatta ai danni dello Stato (cioè a noi) è un fatto effettivamente avvenuto.

     Questa è la prima volta che l’ex premier viene condannato anche in appello: in tutti questi anni infatti ha fatto tutto quanto era in suo potere per schivare le condanne, attraverso lodi e scudi, leggi ad personam e riduzione dei tempi della prescrizione. Stavolta i giudici hanno avuto meno dubbi: la sentenza d’appello conferma gli elementi più importanti della vicenda, che si possono così riassumere:
  1. Berlusconi ha ideato in prima persona un sistema di evasione fiscale sfruttando la compravendita dei diritti tv dei film trasmessi da Mediaset;
  2. L’evasione e la frode si sono protratte nel tempo ed sono state effettuate grazie all’aiuto di società e individui con funzione di prestanome (come il produttore Frank Agramo, anche lui condannato) che facevano gonfiare apposta i prezzi dei film, tramite una serie di passaggi di vendita finti ad intermediari, le società off shore all’estero e i privati, appunto. La consapevolezza del reato, l’uso di complici e la reiterazione nel tempo hanno impedito che i giudici concedessero le attenuanti generiche.
  3. L’evasione si è accompagnata all’accumulo di un capitale nero privato per Berlusconi, che ha così aumentato ancora di più i suoi mezzi economici «all’estero, ai danni non solo dello Stato, ma anche di Mediaset e, in termini di concorrenza sleale, delle altre società del settore», come cita la sentenza.


     È bene ricordare che quando partirono le indagini i reati contestati a Berlusconi erano ben tre: frode fiscale, falso in bilancio e appropriazione indebita. Poi questi ultimi due sono caduti in prescrizione (ancora una volta quindi la magistratura non ha avuto modo di appurare fino in fondo la natura dei reati) durante i ben 6 anni di processo di primo grado.

     I giudici hanno rilevato che Berlusconi non era solo semplice beneficiario di questa complessa e contorta strategia di evasione e frode fiscale, bensì era proprio l’ideatore del meccanismo. Si legge nella sentenza di appello: «Bisogna considerare il ruolo di Berlusconi, di direzione e di ideatore, fin dai primordi del gruppo, di una attività delittuosa tesa ad una scientifica e sistematica evasione di portata eccezionale. Va poi considerata la particolare capacità a delinquere dimostrata nell’esecuzione del disegno consistito nell’architettare un complesso meccanismo fraudolento ramificato in infiniti paradisi fiscali. Dalla suddetta attività è conseguita per l’imputato una immensa disponibilità economica all’estero» (il grassetto è mio).

     Ora Berlusconi spera non tanto nella Cassazione, ma nell’uso della Cassazione per arrivare alla prescrizione anche di quest’altro reato: tale prescrizione arriverà nell’estate 2014. Fino ad allora occorrerà chiudere questa faccenda. Nel caso in cui Berlusconi non riuscisse nel suo intento dovrebbe scontare un anno di carcere (3 dei 4 previsti dalla sentenza sarebbero indultati), dovrebbe risarcire lo Stato con 10 milioni di euro assieme agli altri coimputati, sarebbe interdetto da qualunque carica societaria per 3 anni e, cosa molto più importante, non potrebbe candidarsi ad alcuna carica istituzionale per ben 5 anni.

Esponenti del Pdl che inneggiano all'odio verso i magistrati.
  Intanto arrivano direttive ben precise agli esponenti del Pdl: Berlusconi impartisce ordini, dà istruzioni, distribuisce frasi fatte da esibire alla stampa. La parola d’ordine è “non mettere in mezzo il governo”. Già, perché il Cavaliere fraudolento, reduce da ben cinque condanne, si sarebbe pure potuto permettere il lusso di minacciare la “stabilità” del governo che abbiamo ora e che non ci siamo scelti. Inoltre, giusto perché nel Pdl sono coerenti, Berlusconi ha dato il via all’ennesima, ridicola manifestazione di protesta dei pidiellini davanti al Tribunale di Milano, capitanati da Alfano (che in questo momento ricopre tra laltro le cariche di ministro degli Interni e vicepremier: alla faccia dell’imparzialità e della professionalità istituzionale!). Perché ai pidiellini non stanno bene le decisioni dei giudici… anche se sono emanate a fronte di prove. È davvero tristissimo assistere ancora una volta a questi patetici tentativi di mobilitare l’opinione pubblica, soprattutto in un contesto in cui Napolitano (che ha creato un brutto governo piuttosto che restare senza governo per qualche giorno in più) e Letta ci imbottiscono con quella stronzata del “non divisismo” e della “pacificazione”, ovvero quella ridicola pretesa che, almeno in questa fase “transitoria” (?), le forze politiche abbiano la capacità di appianare i loro contrasti e le loro differenze in nome di un più alto e nobile spirito di coesione e fratellanza per il bene del paese. Anche bevendoci questa insulta minestra per tonti, Berlusconi non è riuscito nemmeno in questo: eccolo lì infatti a muovere i fili del dissenso, a spargere odio e sfiducia nei confronti dell’istituzione della magistratura. Ancora più vile, quindi: non solo Berlusconi non accetta di pagare per i reati che ha commesso, non solo si ritrova ad avere mezzi economici e potere guadagnati violando la legge con cui gestisce la vita politica del nostro paese e incrementa il suo potere personale a nostre spese, non solo ha fatto pressioni su Napolitano affinché desse ai suoi uomini i posti chiave nell’esecutivo, non solo prova a plagiare la gente raccontando la sua versione senza contraddittorio, ma addirittura sfrutta i suoi guai giudiziari per incolpare i giudici di una cosa che sta facendo lui, ovvero dividere la gente e disgregare le forze politiche.

     Ora, per fine mese, è prevista anche l’emanazione della sentenza di primo grado per il processo Ruby, quello che lo vede imputato per prostituzione minorile e concussione. A tal proposito il porco di Arcore ha già provveduto a organizzare sulle sue reti un documentario sul caso, ovviamente raccontato a modo suo, per apparire l’angioletto casto e puro che ha fornito migliaia di mezzi a ragazzine invitate alle sue feste solo per evitare che si prostituissero. La vaccata andrà in onda domani.
     Intanto, tra i mille matti e le pecore indottrinate, ci sono anche molti che sperano che questo losco individuo paghi il suo conto alla giustizia, magari senza dimenticarsi di certi altri oneri che potrebbe lasciare in sospeso…



giovedì 9 maggio 2013

Ode a Peppino Impastato





dalla mamma Felicia

Chistu unn’è me figghiu.
Chisti un su li so manu
chista unn’è la so facci.
Sti quattro pizzudda di carni
un li fici iu.

Me figghiu era la vuci
chi gridava ’nta chiazza
eru lu rasolu ammulatu
di lo so paroli
era la rabbia
era l’amuri
chi vulia nasciri
chi vulia crisciri.

Chistu era me figghiu
quannu era vivu,
quannu luttava cu tutti:
mafiusi, fascisti,
omini di panza
ca un vannu mancu un suordu
patri senza figghi
lupi senza pietà.

Parru cu iddu vivu
un sacciu parrari
cu li morti.
L’aspettu iornu e notti,
ora si grapi la porta
trasi, m’abbrazza,
lu chiamu, è nna so stanza
chi studìa, ora nesci,
ora torna, la facci
niura come la notti,
ma si ridi è lu suli
chi spunta pi la prima vota,
lu suli picciriddu.

Chistu unn’è me figghiu.
Stu tabbutu chinu
di pizzudda di carni
unn’è di Pippinu.

Cca dintra ci sunnu
tutti li figghi
chi un puottiru nasciri
di n’autra Sicilia.

(1979)



Traduzione

Questo non è mio figlio.
Queste non sono le sue mani
questa non è la sua faccia.
Questi quattro pezzi di carne
non li ho fatti io.

Mio figlio era la voce
che gridava in piazza
era il rasoio affilato
delle sue parole
era la rabbia
era l'amore
che voleva nascere 
che voleva crescere.

Questo era mio figlio
quando era vivo
quando lottava con tutti:
mafiosi, fascisti,
uomini di pancia
che non valgono nemmeno un soldo
padri senza figli 
lupi senza pietà.

Parlo con lui da vivo
non so parlare
con i morti. 
L'aspetto giorno e notte,
adesso si apre la porta
entra, mi abbraccia,
lo chiamo, è nella sua stanza
che studia, adesso esce, 
adesso torna, la faccia
nera come la notte,
ma se ride è il sole
che spunta per la prima volta,
il sole piccolino.

Questo non è mio figlio.
Questa bara piena
di pezzi di carni
non è Peppino.

Qui dentro ci sono
tutti i figli
che non sono potuti nascere 
di un'altra Sicilia.



lunedì 6 maggio 2013

Morto Giulio Andreotti: il Divo colpevole di reati di mafia si spegne oggi nella sua casa a Roma

Giulio Andreotti.

     Oggi 6 maggio 2013 muore Giulio Andreotti. Alla venerandissima età di 94 anni, dopo aver visto praticamente la nascita (e la decadenza) della Repubblica italiana, uno degli uomini più controversi della nostra storia passa a miglior vita, lasciandosi dietro una foschia di dubbi e sentenze di reati mafiosi che ne rendono impossibile anche la damnatio memoriae, la dannazione del ricordo che gli storici latini dedicavano agli imperatori peggiori.
     Giulio Andreotti, il “divo” Andreotti, ha ricoperto per più volte una miriade di cariche politiche: esponente di spicco della DC, ha avuto la Presidenza del Consiglio, il Ministero degli Esteri, il Ministero della Difesa, dell’Economia, dell’Interno e ancora altro… Ha fatto parte perfino dell’Assemblea costituente che ha redatto la nostra Costituzione! Praticamente da quando esiste l’Italia repubblicana, lui c’è sempre stato. Era lì, era presente, fino alla sopravvenuta morte in qualità di senatore a vita.
     Ai giornalisti che gli ricordavano le sue numerose accuse per reati di mafia disse una volta: «A parte per le guerre puniche, mi hanno accusato di tutto». In effetti sono molto gravi i reati contestati a questo personaggio. E giacché fra poco in tv partirà tutto il tour pubblicitario per smacchiare un po’ l’immagine del divo dallo sporco dell’illecito al fine di riconsegnarlo (soprattutto alle nuove generazioni) come una persona limpida e immacolata, come un politico eccelso e ammirevole, vale la pena ricordare uno dei fatti più significativi della vita di quest’uomo.

     Nel maggio 2003 Giulio Andreotti viene dichiarato colpevole del reato di concorso esterno in associazione mafiosa a causa dei suoi contatti e delle sue collaborazioni con esponenti di Cosa nostra, reato SICURAMENTE commesso fino al 1980 (per i contatti con Cosa nostra avvenuti dal 1980 in poi - che pure sono avvenuti - i giudici hanno dichiarato le prove non sufficienti a emanare una sentenza di condanna).

     Giulio Andreotti non ha scontato un solo giorno di carcere nonostante sia stato dichiarato colpevole di reati di mafia perché la sentenza è arrivata dopo la caduta in prescrizione del processo.