sabato 24 agosto 2013

Decadenza Berlusconi: i democratici dicano come voteranno. Firma la petizione

     Sulla decadenza di Silvio Berlusconi da senatore, come sappiamo ormai tutti, occorre che si esprima la Giunta per le autorizzazioni del Senato, in quanto Silvio Berlusconi è un parlamentare. Il Partito Democratico ha finora affermato di voler votare a favore della decadenza, ma non si dimentica che appena sei mesi fa, cento democratici tradirono gli accordi del partito per votare un Presidente della Repubblica diverso da quello che si era deciso di votare.
     Per evitare di ripetere una sgradevole sorpresa come questa, stavolta si chiede ai democratici in giunta di essere trasparenti e dichiarare pubblicamente le loro intenzioni al momento del voto. Lo devono a molti italiani che si sentono traditi dalla recente condotta di questo partito e a tutti quelli che vogliono che sia rispettata una sentenza giudiziaria regolarmente emessa a carico del maggior responsabile del declino morale, civile, economico e culturale di questo meraviglioso paese.
     Ecco il testo della petizione, lanciata da Andrea Ferrari e che potete votare tutti al link in fondo.

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Tra qualche settimana si riunirà la Giunta per le autorizzazioni a procedere per definire la possibile decadenza dagli incarichi parlamentari di Silvio Berlusconi. Una vicenda che rischia ancora una volta di spaccare il Partito Democratico. Il grave rischio è di ripetere il “pasticcio” della vicenda dell’elezione del Presidente della Repubblica quando oltre cento parlamentari, nel segreto dell’urna, votarono un Presidente differente da quello definito all’interno della Assemblea Parlamentare poche ore prima.

La base del PD, quelli che tirano avanti la baracca nei territori, i militanti sono rimasti disorientati.

In molti casi si è arrivati all’occupazione simbolica di alcune federazioni e sezioni del partito.

È nato un movimento, occupy PD, che ha riscosso molto successo tra i giovani del PD.

È stato un ennesimo strappo tra il gruppo dirigente e i militanti che, ancora oggi, discutono con amarezza di quella vicenda.

Oggi rischiamo di ripetere quella storia, di rivedere quel film di “complicità” con il centro-destra che ha radici antiche fin dai tempi della bicamerale.

A parole infatti il PD sembra annunciare che voterà per la decadenza di Silvio Berlusconi, ma nei fatti cosa farà? La decisione è chiaramente politica ma il voto nella Giunta per le autorizzazioni è affidata ad ogni singolo parlamentare che, come recita la Costituzione, è libero e senza vincoli di mandato, ovvero dovrebbe decidere secondo la propria coscienza.

Il PD è rappresentato da Felice Casson, Stefania Pezzopane, Isabella De Monte, Rosanna Filippin, Doris lomoro, Claudio Moscardelli e Giorgio Pagliari.

A loro vogliamo chiedere con chiarezza cosa voteranno in commissione e di spiegare il motivo della loro scelta con estrema chiarezza e senza usare un linguaggio criptico o “politichese”.

Ne abbiamo bisogno per trasparenza e forse per ridare un senso allo stare insieme in un grande partito democratico in cui il processo decisionale è coerente con ciò che viene pubblicamente dichiarato.

Pubblicheremo le vostre risposte ma con altrettanta chiarezza denunceremo ogni non risposta, ogni timidezza a fornire una indicazione interlocutoria o poco chiara.

Andrea Ferrari – PD, LODI
andrea.ferrari.lodi@gmail.com




venerdì 23 agosto 2013

Ecologia su strada: ecco l’autobus col giardino

     Che l’ecologia debba prendere piede sempre di più nelle nostre vite e nelle nostre attività è ormai una verità riconosciuta da tutti, poiché solo delle economie ecosostenibili possono assicurare la sopravvivenza del nostro pianeta. Da quando questi temi sono diventati di dominio pubblico, molte idee sono state sviluppate per rendere il nostro habitat più “verde”.
     Portare il verde in città presenta infatti svariati vantaggi per la qualità della vita e anche per l’economia locale. Per esempio, tempo fa nacque la moda di piantare degli orticelli sui tetti degli edifici: attenzione, non si tratta di una trovata eccentrica per ricconi, tant’è che a Toronto l’installazione di questi “roofgarden” è obbligatoria per ogni nuovo edificio.



     Ma c’è chi ha voluto spingersi oltre e portare il verde non solo in città ma in giro per la città: nasce così il Bus roots, l’autobus col giardino! L’idea venne per prima a Marco Castro Cosio, un ricercatore della New York University, che trattò il tema nella sua tesi di laurea e si aggiudicò il secondo posto alla Designwala Grand Idea Competition. L’idea di questo ricercatore era quella di installare sul tetto degli autobus newyorkesi uno strato di terriccio dove piantare delle pianticelle, per lo più di tipo erboso.
     Tre anni dopo, cioè nel 2013, in Spagna la Phyto Kinetic realizza grazie al designer Marc Granen un prototipo di autobus simile a questo e in circolazione a Girona, vicino Bercellona.

     Ma come funzionano questi autobus verdi? Sul tetto è necessario installare uno strato di terreno che ovviamente non può essere il terreno naturale così come esso si presenta in natura. Il substrato dove crescono le piante è idroponico. La coltura idroponica, detta anche idrocoltura, è un sistema di coltivazione che avviene fuori dal suolo e che permette alle piante coltivabili di crescere anche laddove non potrebbero (per mancanza di terreni adatti o per climi alterati o per scarsità d’acqua) ed è usata anche al di fuori degli autobus.
     Dopo aver steso questo strato, che può essere composto di vari tipi di materiali, vi si piantano i vegetali e si installano in esso dei sistemi di irrigazione. Nel caso dei nostri autobus, l’irrigazione può avvenire ottimizzando l’acqua che proviene dall’impianto di aria condizionata all’interno del veicolo: convogliata sul tetto, l’acqua va a bagnare direttamente il terreno e fa crescere le piantine.
     E se l’autobus non è in circolazione? Si può sempre innaffiare manualmente oppure sfruttando l’acqua piovana. Qualcuno ha però fatto notare che l’installazione di terreno, piante e impianto di irrigazione può far aumentare il peso del veicolo e questo si traduce in un consumo superiore di carburante, il che è contro i principi dell’ecologia che animano questo tipo di progetto. Per risolvere questo problema si è deciso di ridurre il carico usando come strato idroponico una schiuma facilmente malleabile e molto leggera.
     
Ovviamente le piante coltivate non possono essere alte, perché questo altererebbe i parametri dimensionali dei veicoli, che sono progettati con misure apposite in conformità alle gallerie o ai ponti; inoltre, piante troppo massive disturberebbero la guida, modificando l’aerodinamicità del veicolo, spostando il suo baricentro e rendendolo soggetto a una sorta di “effetto vela” in condizioni climatiche di vento. Le piante erbacee, grasse e arbustive basse non presentano invece questo problema. Inoltre la coltivazione di piante basse di tipo erbaceo non è detto che sia casuale: possono infatti essere coltivate specifiche famiglie di piante, magari con proprietà curative o estetiche, come quelle che vengono comunemente sfruttate dalle industrie cosmetiche o dalle erboristerie. E, chissà, forse si riuscirebbe anche a produrre qualcosa di commestibile, il che torna estremamente utile in un pianeta come il nostro in cui le risorse sono un problema costante.


     I vantaggi di un autobus con giardino sono molteplici:
  1. Permettono di restituire spazio verde alle città: tutti sappiamo che la cementificazione sottrae verde all’ambiente e che le piante hanno un ruolo importantissimo nelle nostre vite. Il progetto di Cosio, che prevedeva l’installazione di giardini sugli oltre 4500 autobus di New York, ognuno dei quali poteva ospitare 31 metri quadrati di piante, avrebbe portato in città 14 ettari di verde. E un ettaro vale 10 mila metri quadrati. Per avere un’idea, pensate che 14 ettari equivalgono a quasi 20 campi da calcio internazionali!
  2. Aumentano l’assorbimento dell’anidride carbonica: questo gas esiste in natura in una certa concentrazione ed è anche utile perché grazie all’effetto serra riesce a mantenere caldo il nostro pianeta; ma la sua emissione nell’atmosfera si è enormemente amplificata a causa delle attività umane e questo porta ad un surriscaldamento della Terra. Il protocollo di Kyoto sottoscritto nel 1997 serviva appunto a convincere i governi mondiali a ridurre le emissioni di gas serra: un aumento di verde nelle aree urbane riesce appunto a togliere questo gas tossico dall’aria. Le piante infatti si servono dell’anidride carbonica per espletare le loro funzioni vitali e l’aumento di superficie verde nelle città migliorerebbe la qualità dell’aria.
  3. Riduzione del surriscaldamento urbano: questa è una diretta conseguenza della riduzione dell’anidride carbonica. Le tipiche temperature asfissianti delle grandi città sarebbero un po’ più fresche.
  4. Contenimento dell’acqua piovana: molte volte gli allagamenti in città sono diretta conseguenza di piogge abbondanti, che il sistema fognario non è in grado di supportare: la presenza dei vegetali, che assorbono acqua, aiuta a prevenire gli allagamenti. Dunque, più verde c’è, più acqua si assorbe.
  5. Miglioramento estetico: il verde non ha solo una funzione ecologica, ma anche estetica. Una città più verde è anche più gradevole da vedere, oltre a fungere da maggiore attrazione per il turismo locale.

     Speriamo di vedere presto questo tipo di progresso anche nel nostro paese.
     

giovedì 22 agosto 2013

Berlusconi, hai rotto: rispetta la legge! Elettori Pdl, svegliatevi!

     Ma cosa diavolo pretende Silvio Berlusconi? E cosa diamine vogliono i suoi? Sembra che a loro dire il mondo debba cominciare a girare al contrario pur di garantirgli quello che vuole. E sono talmente bravi a far sentire in colpa quelli che non condividono la loro idea, che sono riusciti a far diventare la condanna di Berlusconi un caso “eccezionale”. Dovremmo cominciare prima di tutto noi cittadini a dare il buon esempio prendendo le distanze sia dai contenuti, dalle tesi di questi pazzi criminali che vogliono fare della legge la loro puttanella di turno, sia dalla forma, che è curata al dettaglio con slogan precisi e una retorica che priva di senso quella che è la normale logica di pensiero della democrazia. Ma andiamo con ordine…

     Il recente incontro di tre ore a Palazzo Chigi tra Letta e Alfano da soli, in cui il segretario del Pdl, nonché Ministro degli Interni, ha provato ad aprire a Silvio Berlusconi l’ultimo spiraglio di salvezza, non è andato a buon fine. Secondo Angelino Alfano il governo è tenuto a intervenire perché è nato con la collaborazione di Berlusconi: se Letta non trova una soluzione, i Ministri Pdl minacciano di dimettersi e di far nascere una crisi di governo. Berlusconi ha dato addirittura un ultimatum: «Avete dieci giorni di tempo!». Questo significa che siamo debitori a quest’uomo? Significa che il governo dovrebbe sdebitarsi, come a ricambiare un favore personale, dandogli in cambio una libertà che per legge non può avere? Significa che il governo delle larghe intese è nato anche per assicurare a Berlusconi, privato cittadino, suoi interessi personali? Il Governo, che piaccia o no, è nato con delle prerogative riguardanti il paese, non Silvio Berlusconi: se Berlusconi è deluso dall’“ingratitudine” dell’esecutivo, è libero di lasciarlo quando vuole. Letta può fare ben poco per l’evasore di Arcore: il governo non ha voce in capitolo, e infatti tuona contro Alfano: le decisioni della Giunta rappresentano il Parlamento, non il Governo. Questi ricatti sono inaccettabili, le due sfere (quella politica dell’intero paese e quella giudiziaria di un singolo individuo) devono restare separate: «chi fa cadere il governo se ne assume le responsabilità».

     Attenzione, gente, non cadete nelle trappole di questi pazzi! C’è un mare di pecore che ogni giorno si dimenticano il cervello sul comodino e inneggiano, senza manco sapere di che parlano, a favore di Berlusconi. È ridicolo e vergognoso il modo con cui Berlusconi sta provando a scappare dal suo destino: prima attacca i magistrati (per vent’anni), li accusa, li chiama faziosi ed eversivi (cosa che oltre a gettare discredito sulle istituzioni è anche una diffamazione: ci vorrebbe una denuncia), fa sorgere una polemica contro il giudice Esposito che era a capo del collegio della Suprema Corte al processo Mediaset: si dice che non è super partes perché avrebbe Berlusconi sullo stomaco. E anche se fosse? Tutti hanno diritto ad avere una loro opinione, e poi perché mai un magistrato dovrebbe amare uno che da vent’anni accusa i magistrati di essere dei criminali? Come minimo, se sei magistrato, uno così ti sta sullo stomaco!
     Poi Berlusconi va a piangere da Napolitano, gli fa capire che gli occorre la grazia, ma la grazia non si può concedere a uno come lui, plurindagato e delinquente, soprattutto non si può concedere per motivi politici. E allora anche Napolitano è un eversivo, uno che non fa gli interessi del paese (cioè i suoi).
     Allora si manda Alfano da Letta, ma Letta non si fa ricattare, quindi questo governo non “collabora”.
     Dunque la votazione della Giunta non si può scampare: a quel punto sta a quelli del Pd prendere in mano il destino del cavaliere, ma i democratici annunciano che voteranno compatti contro Berlusconi, così come prescrive la legge. E allora altre polemiche ed accuse: i democratici vogliono la crisi di governo! È tutta colpa loro! Guardate, sono traditori, rovineranno il paese! E se si arrivasse al voto segreto in Senato, non potrebbe succedere di tutto? Caro Berlusconi, potresti comprare i democratici per farli votare a tuo favore, esattamente come comprasti dei senatori per far cadere il governo Prodi (e lo dice uno stesso senatore comprato da te che ha confessato, accettando processo e condanna, lex senatore De Gregorio).
     Per la Santanché quelli del Pd sono dei carnefici se fanno decadere Berlusconi (ma non avevano giurato e rigiurato che il governo non avrebbe risentito delle vicende giudiziarie del Cavaliere?), e sono anche opportunisti perché prima avrebbero cercato l’alleanza con Berlusconi e poi lo pugnalerebbero alle spalle: ma il governo nasce da un accordo congiunto approvato e voluto da entrambe le parti, non solo dal Pd, per uscire dall’imbarazzo dell’ingovernabilità e se il Pd votasse per la decadenza di Berlusconi non solo non farebbe opportunismo, ma si avvicinerebbe a fare la metà del suo dovere.
     Sempre la Pitonessa, poi, raggiunge gli assurdi livelli di un romanzo fantasy: per Berlusconi non ci sono salvacondotti e quindi la Giunta deve votare per forza la decadenza di Berlusconi? Bene, «e allora, siccome la nostra Costituzione dice che il popolo è sovrano, io voglio che la sentenza su Silvio Berlusconi la emetta il popolo italiano». Qualcuno spieghi prima di tutto il significato della parola sovranità alla Santanché: scoprirebbe che non significa “avere il potere di fare quel cavolo che vuoi”; inoltre i cittadini non possono emanare sentenze perché chi emana sentenze dev’essere terzo estraneo alla vicenda, nonché preparato e istruito in ambito giudiziario, ovvero deve conoscere la legge ed essere super  partes. Voi fareste giudicare l’assassino di vostro figlio da un giudice che è lo zio di quell’assassino? Ovviamente no, perché c’è un forte conflitto di interessi. Per lo stesso motivo gli elettori del Pdl non potrebbero giudicare Berlusconi. È talmente elementare che fa pudore doverlo scrivere, eppure c’è gente che non ci arriva
     I magistrati hanno altre competenze, per questo studiano e devono superare concorsi. E a proposito di concorsi, questo giochino del magistrato che non è democratico perché non è eletto dal popolo ma ha “solo” superato un concorso è un’altra delle assurde paraculate che dovremmo gettare nella pattumiera: i giudici superano dei concorsi sia perché tra essi si scelgano solo i più preparati, sia perché questo è garanzia di indipendenza. Inoltre essere eletti dal popolo non è assolutamente garanzia di democrazia. Il solito esempio: Adolf Hitler, eletto democraticamente ma dittatore scelleratissimo.

     In ultimo, non paghi, questi folli si sono inventati che la legge Severino non va bene: la legge Severino, lo ricordo, è la legge votata l’anno scorso (dallo stesso Pdl!) e che dovrebbe garantire un Parlamento pulito, escludendo dalle Camere quelli che come Berlusconi hanno ricevuto una condanna definitiva superiore a due anni di carcere. Dicono non è applicabile perché sarebbe incostituzionale. Ma come? Prima votano una legge, la discutono, la approvano e poi, dopo appena qualche mese, dicono che è incostituzionale? E guarda caso, lo dicono proprio quando quella legge si applica a Berlusconi! Ma voi, che votate Pdl, siete davvero così idioti da non capire? Avete davvero a tal punto il prosciutto sugli occhi da pensare che sia solo una coincidenza? Se davvero non sapete fare un ragionamento così semplice, allora siete voi il vero pericolo di questo paese!

     E se la legge Severino non verrà “interpretata” a favore di Berlusconi, dicono che vogliono portare la questione davanti la Consulta. Ma Alessandro Pace, costituzionalista che insegna a La Sapienza di Roma, ricorda che la Giunta, che deve votare l’espulsione di Berlusconi dal Senato, non può sollevare davanti la Consulta questioni di legittimità costituzionale della legge Severino, né può farlo il Parlamento perché esso non ha funzioni giurisdizionali. Al massimo il Parlamento può modificare una legge che ritiene ingiusta. E deve farlo con il solito quorum che garantisca la maggioranza, mentre quelli del Pdl che sostengono questa “tesi” sono una minoranza del Parlamento.

     Non fatevi intortare, questi si inventerebbero che il cielo sta sulla terra e la terra in cielo pur di farsi dare ragione. Qui dobbiamo imparare a dire le cose come stanno, a chiamare le cose col loro nome, perché questi delinquenti stanno svuotando le parole del loro significato, sono colpevoli di ribaltare la logica. È un delitto orwelliano a tutti gli effetti! Creano eufemismi per far apparire ciò che è grave come qualcosa di legittimo! E questo cambia il modo di pensare della gente, perché la lingua e il pensiero sono la stessa cosa, lo insegna la psicologia.
     Hanno creato un vero e proprio dizionario ad personam, com’è stato chiamato: vorrebbero un “approfondimento” della legge Severino, per capire se è applicabile… Sveglia! Significa che vogliono trovare un modo per non farla applicare contro Berlusconi! Dicono che il loro leader merita “agibilità politica”: la chiamano agibilità politica... Ma non capite che è solo un modo per farlo rimanere impunito?
     E poi che bravi a coinvolgere gli elettori! Li fanno sentire come se la cosa riguardasse anche loro. «Se Berlusconi viene condannato, allora siamo tutti condannati!», «Questa sentenza è un oltraggio a tutta l’Italia!», «Siamo tutti delle puttane!» (Ferrara), «Siamo tutti evasori!» (Santanché)… e la gente, sentendoselo dire, ci crede! Perché alla gente non piace pensare!
     Il coinvolgimento dell’opinione pubblica che si riconosce in questi slogan da quattro soldi produce effetti simili a quelle incivili reazioni di accusa e offesa tipici degli stadi, quando i tifosi di una squadra insultano e denigrano quelli della squadra avversaria perché «voi siete delle pappemolli» o «c’avete rubato il rigore», anche se non sono loro a stare in campo e quindi non si capisce perché le buone o cattive qualità di una squadra dovrebbero valere anche per i suoi tifosi. Per Berlusconi è lo stesso: fa sentire la gente come lui, gli mette addosso il suo punto di vista così che, se uno insulta Berlusconi, anche un elettore Pdl dovrebbe sentirsi offeso, anche se non ha fatto ciò che ha fatto Berlusconi.
     
     
     È un meccanismo che funziona, plagia, deforma: la gente ha reazioni emotive, non razionali, quindi agisce istintivamente per difendere il proprio ego, credendo di difendere Berlusconi. E non ragiona. E non deve ragionare: perché razionalmente, esaminandola con mente lucida, l’esistenza stessa del Pdl è un assurdo. Un partito nato per difendere gli interessi personali di un uomo che dopo Tangentopoli perse i suoi alleati politici e gli toccò farsi tutto da solo.
     E allora, cari elettori del Pdl, state tranquilli e non vi agitate quando sentite Capezzone o la Santanché! Non siamo tutti condannati, solo Berlusconi lo è; non siamo tutte puttane, ma lo sono quelle che Berlusconi paga ancora oggi perché stiano zitte; non siamo tutti evasori del fisco, bensì lo è il leader in cui avete creduto. Questo stravolgimento del senso delle parole causato dal berlusconismo ha aperto la porta alla retorica antistatista, cosa che si era vista fare finora solo ai brigatisti o ai terroristi o ai mafiosi, che non riconoscono le istituzioni e le denigrano come se niente fosse.

     Ora che stanno cavalcando l’onda della polemica sulla presunta incostituzionalità della legge Severino (che, attenzione, è solo uno dei motivi per cui Berlusconi non dovrebbe più essere parlamentare), voi diffidate! Questo approfondimento che chiedono altro non è che il tentativo di perdere tempo e prolungare la decisione della Giunta in Senato. Prima si dicono fieri di aver votato quella legge, poi dicono che è “frettolosa” e va interpretata! Ma la vedete, la logica rivoltata come un calzino? Non cogliete le contraddizioni e i paradossi? La verità, la volete? Se Berlusconi perde la sua immunità, da quel momento in poi qualunque procura potrà richiedere il suo arresto! 

     Un altro paradosso lo ha vomitato quella “cima” di Brunetta, sempre a proposito della legge Severino. A suo dire «L’ex senatore del Partito democratico, professor Stefano Ceccanti, continua da settimane a spiegarci […] che la legge Severino è chiarissima […] Da qualificato costituzionalista, il professor Ceccanti dovrebbe sapere che il problema non è la presunta chiarezza delle leggi, quanto il loro rispetto di principi superiori codificati nella Costituzione e nelle Carte internazionali dei diritti. E che in uno stato di diritto le leggi non sono valide o invalide perché così le intendevano coloro che le hanno approvate, ma solo quando, al momento dell’applicazione, dimostrano di non suscitare quei dubbi che in tanti, sempre di più, invece in questo caso dimostrano di avere.»
     Ditemi voi…! Secondo Brunetta, se vuoi una legge chiara, prima la fai, la voti, la fai promulgare, e poi, mentre la applichi, se nessuno dice “Secondo me è una cagata”, allora è una legge chiara. Se invece qualcuno si oppone perché “secondo lui” non si capisce, allora va rimessa in discussione. E allora il dibattito in Parlamento a che serve? Che lo facciamo a fare? Brunetta doveva seguire la sua vera vocazione e fare la controfigura di Chucky, la Bambola assassina.

     Non vi fidate di quello che dicono! Non vi fidate quando se ne escono che “Se cade Berlusconi il paese ne risentirà”: neanche questo è vero! Volete la prova? Andate all’estero a chiedere che idea abbiano di Berlusconi, andate in Europa, nei mercati finanziari, e vedete come cresce la diffidenza per l’Italia quando si pronuncia il nome di quest’uomo. O guardate a dichiarazioni come quella del cancelliere austriaco Werner Faymann, che ha incontrato Letta proprio poche ore fa a Vienna e che ha detto senza troppi giri di parole e con un’onestà di linguaggio che in Europa hanno sicuramente più di noi «Ho conosciuto Silvio Berlusconi e non ho mai pensato che fosse un garante della stabilità in Italia». E se qualcuno pensa che all’estero non abbiano diritto di parlare, io dico che invece loro guardano al nostro paese senza la lente deformante di chi è coinvolto come noi, specie se quella lente si chiama berlusconismo. Privi dell’influsso diseducativo, loro sono più obiettivi.
     Inoltre, pensateci. Se a quelli del Pdl sta davvero a cuore il paese non farebbero il ricatto di dimettersi: bisogna tenere separati i due ambiti (pubblica utilità e vicende personali). Va detto una buona volta che chi ricatta la stabilità di un paese per non andare in galera anche se ci sono prove contro di lui è un nemico dello Stato e non gliene frega niente di questo paese! Se l’unico modo con cui i ministri Pdl pensano di salvare B è la minaccia di andarsene, allora non dicano che vogliono fare bene per il paese. Altrimenti resterebbero e lascerebbero che Berlusconi risolva da solo i suoi guai con la giustizia, così come ha detto Violante: «Il problema politico nato con la condanna di Berlusconi deve risolverlo innanzitutto il centrodestra. Non può pretendere che lo facciano altri», aggiungendo anche che «Tra il diritto e la forza, deve prevalere il diritto» e ricordando il caso dell’ex ministro Idem, che si è dimessa per una questione fiscale di appena 3000 euro! Non si capisce perché Berlusconi, uomo colpevole e perfettamente sostituibile, debba essere degno di tante eccezioni alle leggi dello Stato.

     Non fidatevi nemmeno del Tg5, che proprio ieri mandava in onda un vergognosissimo servizio contro la magistratura, dove si dipingevano i magistrati come dei parassiti che prendono troppe ferie e lavorano poco e male. Autore del servizio: Alfredo Vaccarella, figlio di Romano Vaccarella, ex avvocato di Berlusconi. Ve lo fate da soli il collegamento? Insistere (ancora e ancora) con la lotta ai giudici è così vergognoso… E vile, soprattutto: devi portare le prove per dire che i magistrati sono faziosi. Finché non lo fai sei solo un lurido diffamatore. Vale la pena ricordare il parere di Luttazzi che durante un suo monologo affermò che «Berlusconi non è ostacolato dai giudici, Berlusconi è ostacolato dalla legge», perché la legge è uguale per tutti. E ha fatto bene a ribadirlo Epifani, alla festa del Pd a Siena, aggiungendo che «la nostra non è una battaglia contro Berlusconi ma per affermare lo stato di diritto».
     Provate a fare un esercizio di sensibilità civica, provate un pochino a indignarvi di fronte a queste vigliaccate. Diventeremmo persone migliori, prima ancora che cittadini migliori.

     Quando li ascoltate parlare, notate dettagli come questi… Parole fuorvianti, slogan inneggianti all’odio, e perfino il culto della persona, una cosa che esisteva ai tempi del fascismo. Per Michaela Biancofiore, per esempio, presa da un attacco di crisi mistica, Silvio Berlusconi sarebbe l’inizio e la fine. Un po’ come Gesù, quindi, l’Alpha e l’Omega di tutto. Anche queste forme di culto della persona, di adorazione del capo, di totale sottomissione al leader sono espressione di un modo di concepire il dialogo e la libertà di pensiero con un’arretratezza che perfino gli antichi Greci, “vecchi” più di 3000 anni, guarderebbero con disprezzo. Il potere va sempre messo in discussione e così le proprie idee. Questi accettano sempre e comunque che quello che dice, pensa o fa Silvio Berlusconi sia giusto a oltranza e a prescindere. Voi come li chiamereste? Io li chiamo servi.

     E dire che il Pdl potrebbe approfittare di queste circostanze: per Nicola Latorre (Pd) «è paradossale che si debba scegliere tra la tenuta del quadro politico e il rispetto della legalità: un dilemma inaccettabile» […] «Il Pdl non dovrebbe fare un passo indietro, ma in avanti, uscendo dal berlusconismo e non restandone prigioniero».

     Non è giusto che un solo uomo condizioni e rallenti così pesantemente lo sviluppo e il progresso di un intero paese, non è giusto che il vortice della sua condotta deplorevole trascini anche cittadini onesti in una spirale antidemocratica! Noi dobbiamo liberarci del berlusconismo e dei danni che ha fatto, dobbiamo tornare a pronunciare le parole con il loro senso vero, e non con significati eufemistici e paraculi; dobbiamo imparare che un leader politico non va osannato e non va difeso sempre e comunque perché tutti possono sbagliare; dobbiamo imparare l’arte di diffidare e mettere in dubbio quello che ci viene detto misurandolo con ciò che ci appare più probabile e dobbiamo imparare, quando ci occupiamo di politica, a non farci travolgere dall’emotività, perché la politica non è una chiacchiera da taverna, ma costruzione di giustizia e progresso sociale, per il quale serve organizzarsi razionalmente.

     Voglio chiudere con una riflessione su Napolitano, che tanto ha voluto e tanto ha difeso questo governo delle larghe intese. Ci poteva pensare prima, il caro Napolitano, quando creò la “creatura” del governo Letta, mettendo insieme ideologie discordanti ed eterogenee come Pd e Pdl, manco fosse Viktor Frankenstein che nel suo laboratorio cuce insieme pezzi di cadaveri diversi per creare il suo “mostro” shelliano. Napolitano lo sapeva che questo governo sarebbe stato ricattabile, lo sapeva che uno dei suoi fondatori è un uomo che rischia la galera, che è un presuntuoso, che non anteporrebbe mai il bene pubblico ai suoi interessi personali! Lo sapeva, eppure l’ha creato, e l’ha fatto camminare su una fune, in un equilibrio instabile. Ora non si lamentasse se ogni cinque minuti piovono minacce di crisi di governo! Su questo blog l’ho sempre scritto: per il nostro rieletto Presidente della Repubblica avere un cattivo governo è meglio che non avere alcun governo.
     Tra l’altro queste larghe intese somigliano sempre più a quelle coppie infelici il cui rapporto va a rotoli ma che non riescono a lasciarsi e che si accontentano, volta per volta, di trovare compromessi reciprocamente mutilanti: io rinuncio a questo, così tu rinunci a quest’altro, io sopprimo questo di me e tu sopprimi questo di te. Compromessi, contentini, limitazioni da entrambe le parti. Invece di costruire, si gioca a un continuo ribasso dello standard. Del resto è il solo modo per mettere d’accordo parti così diverse e inconciliabili. Cosa pretendevate? Ora vi manca il potere di votare e decidere voi il governo che preferite?

martedì 20 agosto 2013

Overshoot day: oggi la Terra ha esaurito le risorse

     Oggi, 20 agosto 2013, è l’Earth overshoot day, il giorno in cui abbiamo esaurito le risorse rinnovabili per tutto il 2013. Ogni anno la specie umana sulla Terra consuma un certo quantitativo di risorse naturali per le più svariate attività: legna da ardere, petrolio per il riscaldamento e il trasporto, acqua da bere, per cucinare, per far funzionare gli impianti industriali… In cambio la specie umana produce prodotti di rifiuto che la Terra dovrebbe essere in grado di smaltire. Mentre molte delle risorse non sono rinnovabili, alcune di esse possiedono un certo grado di rigenerabilità. Fino a qualche decina di anni fa, il pianeta Terra riusciva a consumare entro ogni anno un quantitativo di risorse naturali che era in grado di rigenerare entro quello stesso anno: questo faceva sì che le risorse che restavano sul pianeta alla fine dell’anno non fossero minori di quelle che c’erano all’inizio dell’anno, in quanto il pianeta le ricreava. Il bilancio era quindi in attivo, come quando si riceve uno stipendio all’inizio del mese, che viene speso in una certa quota, ma di cui resta una parte alla fine del mese.
     Purtroppo, a causa della nostra economia capitalistica, che mira stupidamente a produrre sempre di più, e a causa della spropositata crescita demografica della specie umana e delle scorrette abitudini di consumo dei paesi industrializzati, da ormai quasi trent’anni ci si è resi conto che i ritmi di produzione e di consumo delle risorse naturali della specie umana è superiore alla velocità con cui la Terra le può ricreare. Questo vuol dire che noi non diamo tempo alla Terra di rigenerare le risorse o riuscire a smaltire l’anidride carbonica immessa nell’aria (normalmente, infatti, l’anidride carbonica è presente nell’atmosfera in una certa quantità “naturale”, ma le attività industriali e quelle legate al riscaldamento e ai trasporti ne immettono nell’aria una quantità superiore a quella che la stessa atmosfera riesca ad assorbire); o, se si preferisce, significa che noi consumiamo più risorse di quante la Terra ne produca.

Andamento dell'overshoot day negli
ultimi decenni: la data arriva sempre
prima e sempre più velocemente.
     Anche senza fare calcoli matematici complessi, ciò implica che noi esauriamo le risorse rinnovabili di un intero anno prima che quell’anno finisca, esattamente come uno stipendio che non basta ad arrivare alla fine del mese. Il giorno dell’anno in cui vengono esaurite tutte le risorse che la Terra possa rigenerare entro quello stesso anno è chiamato Earth overshoot day. Se un tale giorno cade prima della fine dell’anno significa che abbiamo esaurito le risorse troppo presto per quell’anno, quindi, a partire da quel giorno fino alla fine dell’anno dobbiamo forzare la produzione di quelle risorse (cosa che comunque non si può fare sempre) artificialmente, immettendo nell’aria più anidride carbonica sfruttando la produzione industriale. L’anidride carbonica è un gas serra ed è tossico, quindi, oltre ad aumentare l’inquinamento atmosferico, contribuisce al surriscaldamento del pianeta, con tutte le conseguenze catastrofiche sull’ambiente: scioglimento dei ghiacciai, innalzamento del livello dei mari, distruzione di paesaggi, scomparsa di specie animali, sconvolgimenti climatici…

     È come quando siamo costretti a chiedere un prestito in banca perché il nostro stipendio non basta… Ogni mese i soldi finiscono prima, ogni mese chiediamo soldi in prestito, quindi ogni mese il nostro debito cresce sempre più e il giorno in cui finiamo i soldi arriva sempre prima (visto che dobbiamo pagare sempre più). Lo stesso avviene per la Terra: ogni anno l’Earth overshoot day arriva con sempre maggiore anticipo, il che significa che ogni anno passiamo sempre più mesi senza risorse rinnovabili. Questo ci costringe in una condizione di povertà di materie prime, che non vengono comunque distribuite equamente tra le popolazioni terrestri, e aumento di rifiuti non smaltiti. Osservando l’andamento di tutti i grafici dedicati a questo fenomeno, si vede sempre la stessa cosa: che ogni anno finiamo le nostre risorse mondiali sempre prima e con sempre crescente velocità. Oggi è il 20 agosto, il che significa che abbiamo terminato le materie prime per il 2013 nei primi 8 mesi del 2013!

Il grafico mostra l'andamento dei consumi mondiali (linea rossa) 
rispetto
alle risorse che la Terra può fornire (linea verde). Come si vede, il rapporto
torna a 
sfavore del pianeta: i consumi aumentano, le risorse no.
     La collaborazione tra più enti no profit sparsi in vari paesi si occupa di conteggiare le risorse disponibili (biocapacità mondiale) e i consumi (consumo ecologico mondiale) del nostro pianeta per calcolare la data dell’anno in cui cominciamo a vivere al di là dei mezzi che la Natura può darci. La più importante di questi enti si chiama Global Footprint Network, secondo cui «durante la maggior parte della storia, l’umanità ha utilizzato le risorse della natura per costruire città e strade, per fornire cibo e creare prodotti, e per assorbire le emissioni di anidride carbonica a un tasso che era ben all’interno del bilancio della Terra. Ma a metà degli anni ’70 abbiamo attraversato una soglia critica: il consumo umano ha iniziato superare ciò che il pianeta poteva riprodurre» […] «la nostra richiesta di risorse rinnovabili ecologiche e dei loro servizi è pari a più di 1,5 volte quelle della Terra». E se adesso, per tornare in bilancio, servirebbe un pianeta Terra e mezzo, entro il 2050 ci occorreranno due pianeti Terra! Poiché questo non è possibile le conseguenze saranno facilmente immaginabili se le politiche mondiali non si adeguano: la povertà crescerà smisuratamente, la poche risorse disponibili saranno appannaggio dei paesi più forti economicamente e militarmente, ci saranno milioni di morti, ci saranno molte più guerre per il controllo di quelle risorse, gente uccisa, paesaggi sterminati. Il pianeta diventerà un inferno.
     Per ora la Cina e gli USA sono i paesi che contribuiscono di più al consumo delle risorse e alla produzione di rifiuti non smaltibili: se si calcolasse il loro personale overshoot day, esso arriverebbe addirittura già da ora nei primi mesi dell’anno! Solo gli USA consumano l’equivalente di più di 4 pianeti Terra, la Russia quasi 3. L’Italia usa fino a 4 volte le risorse che può permettersi. Questo eccesso viene ovviamente tolto ai paesi poveri del mondo, che ovviamente sono sempre più poveri, ma verrà tolto anche ai paesi spreconi quando le risorse mancheranno in assoluto.


Numero di pianeti necessari a coprire il fabbisogno mondiale fino all'anno
scorso. Già nel 2012 servivano un pianeta e mezzo.
     Ancora una volta è da denunciare l’indifferenza dei governi mondiali, capitanati da quelle stesse lobby e quegli stessi “pochi eletti” che giocano a fare i padroni del mondo e che influenzano anche le nostre economie nazionali. Queste persone sono perfettamente coscienti dei danni che stanno causando, danni che sono sotto gli occhi di tutti, anche quelli non informati, ma nonostante ciò si ostinano a mantenere inalterato il regime di produzione delle loro multinazionali, che smembrano il pianeta mettendo a rischio la sopravvivenza della specie umana e di tutte le specie esistenti sul pianeta così come la conosciamo. Anche noi, nel nostro piccolo, contribuiamo a sprecare le risorse in casa nostra e a produrre troppi rifiuti, dando una mano a questo processo. E non è per niente un contributo piccolo, giacché noi siamo miliardi! Anche per questo, quindi, è importante tenersi informati su come usare al meglio le risorse energetiche in casa e su come produrre sempre meno rifiuti. I siti e i libri dedicati al consumo critico, all’ecologia, i video sulla gestione razionale delle risorse casalinghe in rete sono tantissimi. Basta informarsi un po’, la nostra economia deve diventare verde e noi dobbiamo alfabetizzarci a un nuovo modello economico, che sia compatibile con i limiti naturali del mondo… E invece sbuffiamo quasi annoiati da questa “fastidiosa” questione, per poi lagnarci come delle pecore quando arriva il momento in cui è troppo tardi per intervenire. Del resto, non è sempre successo così?


sabato 17 agosto 2013

Latine loquimur, n. 10

     Dopo ere geologiche, dovute a una rigogliosa parentesi politica, il mio blog è lieto di presentarvi il decimo appuntamento della rubrica Latine loquimur, dedicata alle frasi famose e ai proverbi latini in uso ancora oggi.
     Nota: la pronuncia scolastica è quella usata (e insegnata) in Italia; la pronuncia restituita è quella che, secondo le ricostruzioni, veniva realmente usata dai Romani.


gdfabech

Captatio benevolentiae
[pronuncia scolastica: captàzio benevolènzie]
[pronuncia restituita: captàtio benevolèntiae]

     Significa “cattura della benevolenza” e indica tutta quella serie di gesti, di parole, di comportamenti con cui qualcuno cerca di aggraziarsi il favore di qualcun altro. A volte raggiunge gli estremi della ruffianeria, ma non per forza l’espressione ha un’accezione così negativa: per esempio, un attore sul palco potrà inaugurare il suo spettacolo ringraziando «questo bellissimo pubblico», in modo da creare un legame emotivo con esso e apparire più simpatico. Più frequentemente, però, la captatio benevolentiae viene adoperata per scopi meno disinteressati: ecco allora che, per esempio, il politico locale, poco prima delle elezioni, viene a bussare fino a casa sorridendo ed elargendo complimenti, o fa mandare un biglietto di auguri o telefona per sapere come stiamo; oppure ecco l’amico che ci dice «Ah, vai a cena? Del resto sei un ottimo cuoco tu, dev’essere una cena squisita», con la speranza di poter scroccare un invito.


Busillis
[pronuncia scolastica: busìllis]
[pronuncia restituita: busìllis]

     Ci sono due storielle che raccontano l’origine di questo termine. Ecco la prima…
     C’era una volta un professore che in classe dettava a voce il testo latino da far tradurre agli alunni; uno degli alunni, sentendo dire al professore in diebus illis (“in quei giorni”), scrisse erroneamente in die busillis: ora, in die significa “nel giorno”, ma busillis non vuol dire nulla, non esiste. L’alunno rimase comprensibilmente bloccato su questa banalità e il suo professore, vedendolo in difficoltà, lo incoraggiò, ma egli rispose: «Professore, non riesco a trovare sul dizionario busillis».
     Nell’altra cronaca, un monaco amanuense in pieno medioevo, mentre ricopiava una frase del Vangelo che diceva in diebus illis magnis plenae (ovvero “in quei giorni [c’era] un’abbondanza di grandi cose”), sbagliò a staccare le parole (a quei tempi non si scriveva separando le parole con uno spazio come facciamo oggi e la punteggiatura, usata molto meno, aiutava poco) e lesse Indie busillis magnis plenae, che sembrava dire “In India [c’era] un’abbondanza di grandi busillis”. L’amanuense si rivolse a Giovanni di Cornovaglia chiedendogli il significato di questa parola bizzarra.
     Da allora il termine ha finito per significare “problema irrisolvibile”, “questione difficile”, “grattacapo di difficile soluzione” e si usa nelle espressioni «Ecco il busillis!», o anche «Qui sta il busillis!», per dire «Ecco l’inghippo!».


Pro memoria
[pronuncia scolastica: pro memòria]
[pronuncia restituita: pro memòria]


     Noi lo scriviamo in una sola parola, promemoria, perché oggi l’espressione si è trasformata in un sostantivo a tutti gli effetti, ma in origine erano due parole diverse. Pro in latino significa “davanti” e quindi anche “a favore, in difesa di” (perché chi difende qualcosa gli si pone davanti per proteggerla) e memoria è la memoria, il ricordo, la facoltà di ricordare. Quindi vuole dire “a favore della memoria”. Il promemoria è qualunque accorgimento possiamo usare per rammentarci di qualcosa che abbia una certa urgenza o una scadenza a breve termine: un esempio di promemoria è una lista della spesa, oppure gli appunti sulla nostra agenda degli appuntamenti. Oggi si chiamano “post it”, che ha una forza comunicativa molto più debole: sono i fogliettini gialli, anche virtuali, su cui annotiamo numeri, codici, parole chiave che ci servono più o meno nell’immediato.

mercoledì 14 agosto 2013

Grazia a Berlusconi, il parere di Napolitano: manuale del temporeggiatore

     L’hanno chiamata “agibilità politica”, con un eufemismo spudorato che vorrebbe smussare tutta la gravità di quello che è veramente, ovvero un’impunità a tutti gli effetti. Silvio Berlusconi vuole salvarsi a tutti i costi, ma più il tempo passa, più i margini di azione si restringono. E in questi giorni quelli del fu Pdl (a breve ritornerà Forza Italia), hanno bombardato Giorgio Napolitano di richieste di intervento. L’hanno pressato mentre era in vacanza a Castelporziano affinché intervenisse in ogni modo, soprattutto con la grazia, per garantire al proprio leader la tanto agognata agibilità politica, ovvero per farlo rimanere impunito.
     Quello di Castelporziano è stato un assedio vero e proprio, e ieri il Capo dello Stato, dopo una riunione con i suoi giuristi, tra cui Ernesto Lupo, ha finalmente sciolto ogni riserva e si è pronunciato in una nota pubblicata sul sito del Quirinale, nota con cui Napolitano dice finalmente la sua su cosa può e intende fare sul “caso Berlusconi”, condannato definitivo per frode fiscale che dovrebbe già essere in galera sia in virtù della sentenza che lo condanna, sia in virtù della legge Severino del 2012 con cui egli dovrebbe essere automaticamente espulso dal Parlamento in quanto condannato a più di due anni. Ecco dunque i punti in cui possiamo immaginare riassunta la nota del Presidente della Repubblica, rilasciata ieri 13 agosto:
  • È assolutamente vietato mettere a rischio la tenuta del governo Letta: Berlusconi deve quindi smetterla di minacciare continuamente di creare scompiglio o di far cadere crisi sull’esecutivo tanto voluto dallo stesso Napolitano all’indomani della fallimentare esperienza elettorale di febbraio. Niente slogan antistituzionali, quindi, niente accuse alla magistratura, come questo pregiudicato si ostina a fare da anni: non si deve mettere in discussione l’indipendenza dei giudici.
  • Berlusconi deve rassegnarsi a prendere atto della sentenza che, in quanto sentenza definitiva, va rispettata come accade per qualunque altro cittadino. Non sono da sperare scappatoie-salvacondotti, quindi, per il Cavaliere. Si prenda atto di ciò che la Cassazione ha deliberato.
  • Non è detto che Berlusconi debba andare in carcere, perché la legge prevede pene alternative. Napolitano qui consola Berlusconi dall’eventualità forse più umiliante per lui e cita velatamente il precedente storico del caso di Forlani, ex segretario Dc, che scelse per sé i servizi sociali.
  • Napolitano non ha ricevuto alcuna domanda di grazia e quindi non ha al momento nulla da valutare. La legge dice che il Presidente della Repubblica può agire anche di propria iniziativa, ma Napolitano esclude questa eventualità, sia per non sporcare l’immagine della propria persona e della propria carica, sia perché dopo i casi Sofri e Bompressi si è consolidata la prassi di chiedere la grazia espressamente, senza aspettare che il Capo dello Stato intervenga d’ufficio. Se questa dovesse arrivare, il Colle la prenderà in esame, così come previsto dalla legge. In realtà se Silvio Berlusconi chiedesse la grazia, riconoscerebbe come valida la sentenza della Cassazione e ciò equivarrebbe ad ammettere la propria colpevolezza. Non che questo sia un paradosso dal quale non saprebbe uscire, magari con argomentazioni del tipo «anche se innocente, devo dirmi colpevole per il bene del paese».
  • La grazia, anche laddove arrivasse, può cancellare solo la pena principale (la reclusione), ma non inciderebbe sulla pena accessoria (l’interdizione), che comunque verrebbe a gravare su Berlusconi, anche in virtù della legge Severino che impone ai condannati a più di due anni di essere esclusi dal Parlamento (e la grazia non può derogare a una legge dello Stato). Di Pietro ha aggiunto a complemento: «Non ci sono né i presupposti giuridici né quelli morali per chiedere la grazia al Presidente della Repubblica».
  • Le forze politiche devono restare unite e coese e non si ammettono quindi ipotesi di elezioni anticipate: Napolitano ribadisce quanto aveva già detto qualche settimana fa: il governo Letta deve continuare fino al 2015. A ben poco serve quindi la campagna elettorale che Berlusconi sta facendo da qualche tempo ormai.
  • Sta a Berlusconi e al Pdl decidere del sua leadership politica. Il Capo dello Stato non ha poteri di intervento sulle sorti politiche di un leader.

     Questo è in sostanza il contenuto della dichiarazione del Quirinale. Facciamo ora qualche riflessione…

     Innanzitutto Travaglio ricorda che una sentenza della Consulta (200/2006), citata solo a metà da Napolitano, ribadisce che la grazia può essere concessa solo per «eccezionali esigenze di natura umanitaria» e che essa «esula da ogni valutazione di natura politica». Lo ripeto: la grazia si fonda su motivazioni umanitarie, non politiche. Questo vuol dire che alla base della grazia non ci possono essere motivazioni come quelle che vengono addotte in questi giorni, quali «Berlusconi serve alla sopravvivenza del governo».

   Anzi è proprio in motivazioni come questa che si coglie tutta la mala fede del Pdl e di chi sostiene queste larghe intese. Se davvero il Pdl avesse a cuore le sorti del paese come dice e quindi volesse veramente far continuare il governo per le riforme che (non) sta facendo, allora eleggerebbe subito un nuovo leader che, sempre negli interessi del paese, guiderebbe il partito nell’ambito delle larghe intese: è quello che è successo del resto al Pd, che ha nominato Epifani al posto del decaduto (e decadente) Bersani. Berlusconi non è infatti il solo uomo sulla Terra grazie al quale un governo possa esistere, non sta scritto da nessuna parte che solo la sua presenza possa garantire la governabilità del paese! Esistono ed esisteranno sempre politici anche migliori di Berlusconi, che anzi ha mille motivazioni per sfruttare il potere politico a proprio vantaggio piuttosto che usarlo per il bene comune.


     Osserviamo poi come, nella cautela e nella compostezza istituzionale che caratterizzano il tono del messaggio, Napolitano voglia salvare il governo Letta, più che Berlusconi. L’ipotesi della grazia non è stata immediatamente negata, sarebbe stata una dichiarazione troppo forte per uno che, in fin dei conti, è coinvolto in questo pasticciaccio di governo. Napolitano non si espone troppo, quindi, ribadisce solo ciò che prevede la legge: che al massimo può valutare la richiesta di grazia, se presentata. In realtà non ci sono assolutamente i requisiti necessari per graziare uno come Berlusconi: troppi processi ancora in corso, il condannato non si dimostra pentito, i fini non sono umanitari…

     In un’occasione come quella dell’allontanamento di Berlusconi dalla politica italiana, la destra avrebbe l’occasione di riformarsi ed epurarsi da quel cancro antidemocratico che si chiama Silvio Berlusconi. Gli alleati e i collaboratori di gente come lui, che ha passato la vita a imbrogliare, sono infatti sempre precari: i fidati veri sono pochi e i più sono sempre pronti a pugnalarlo alle spalle alla minima occasione. Se Berlusconi va a fondo, saranno in molti a voltargli le spalle, perché la stragrande maggioranza dei suoi appoggi si basano su favori o promesse di favori: caduto il suo potere, Berlusconi diventa inutile alla gente che ha comprato o corrotto.

     I margini di manovra di Berlusconi sono in ogni caso molto stretti: Napolitano gli ha lasciato ben poco spazio per muoversi. Questo Berlusconi lo sapeva già da qualche giorno, perché Letta gliel’aveva anticipato, ma la nota di ieri ha ugualmente seminato un po’ di disappunto nel condannato di Arcore, che si è lasciato andare anche a un po’ di paranoia, ipotizzando che dietro le concessioni che Napolitano pure gli ha rivolto si nasconda una qualche trappola. Il suo legale Piero Longo, intanto, annuncia che prima o poi questa grazia dovrà essere richiesta e che Napolitano, nella sua compostezza e nel suo non voler escludere completamente l’ipotesi della grazia, abbia voluto indicare a Berlusconi la strada che dovrebbe seguire.

     Da notare poi che Napolitano non ha fatto minimamente menzione dell’incandidabilità di Berlusconi, elemento pure strettamente connesso a quello della sentenza e dell’agibilità politica.

     Intanto, mentre tutti cadono nella trappola retorica dell’agibilità politica, si continua a parlare del caso Berlusconi come di un “problema politico”, come se la sua condanna fosse diversa da quella di tutti gli altri. Solo perché il condannato è Silvio Berlusconi e ha fatto il politico (in modo abusivo, dobbiamo dire, in barba alla legge del 1957). Lo trattano e ne parlano come se il suo caso fosse un caso eccezionale, per il quale sono normali delle eccezioni, ne parlano come se la sua presenza in Parlamento fosse la sola a poter garantire la vivibilità politica. Nessuno invece chiama le cose con il loro nome e dice la verità: che cioè Berlusconi è un ladro che ha commesso un reato molto grave ed è attualmente imputato per altri reati altrettanti gravi; che questa condanna lo deve escludere da ogni forma di carica pubblica perché non è consentito a un condannato di avere il potere delle cariche pubbliche; nessuno dice che già solo il fatto che sia stata sollevata una questione così risonante su questa sentenza rende Berlusconi un cittadino diverso dagli altri, violando il principio di uguaglianza. Se uno viene condannato, deve scontare la pena. Punto! Non ci sono “se” e non ci sono “ma”. E se prima faceva il politico non si capisce dove sta la difficoltà: lascia la carica e lo si sostituisce. Non è così difficile da accettare.

     Ci accorgiamo di come in questo modo di intervenire, in questo continuo rimandare, in questa odiosa lentezza e indeterminatezza, le istituzioni in Italia stiano attuando sempre la stessa regola del temporeggiamento. La parola d’ordine è perdere tempo, anche sulle cose che sono ormai chiare. È ormai chiaro, per esempio, che Berlusconi sia condannato e che debba lasciare il Parlamento, ma la giunta in Senato ha volutamente ritardato la votazione con cui si ufficializzerebbe la sua espulsione. Da cosa credono di fuggire facendo così? Forse sperano in un miracolo last minute… Intanto dal Movimento 5 Stelle, il senatore Giarrusso tuona: «Se Napolitano concede la grazia rischia l’impeachment», e si minacciano moti di piazza. E questi sì che sarebbero motivati.



lunedì 5 agosto 2013

Il comizietto del pregiudicato: Berlusconi parla a Roma

     Un comizietto da quattro soldi per quattro gatti su un palco abusivo. Così potremmo riassumere quello di ieri a Roma, presieduto da un decadentissimo Silvio Berlusconi, teatrino distrattore che solo menti infime e diseducate al libero pensiero possono sopportare.
     Cita la Costituzione Silvio Berlusconi, si suona l’inno nazionale, si incoraggia l’odio verso le istituzioni, si diseduca la gente. Si levano cori fascisti inneggianti «Duce! Duce!». Tra gli astanti si sente dire «Chi è ’sto Peter Gomez? È italiano? Se lo incontro per strada, lui e Travaglio, gli sputo in faccia e gli mangio il cuore!». È il partito dell’amore. Il partito che non conosce odio.
     Un genere paraletterario vero e proprio quello di Berlusconi ieri, unico esempio al mondo in cui un condannato definitivo si prende la libertà di scendere in piazza per parlare contro lo Stato, attaccando l’indipendenza dei poteri della magistratura (che secondo lui dovrebbe essere soggiogata al governo, portando indietro il dibattito politico di più tre secoli) e sbandierando la sua presunta innocenza senza fornire, non tanto prove, ma almeno motivazioni razionali.
     Individui deliranti, privi di giudizio quegli “italioidi” che gridano e ragliano come bestie, invece che applaudire e ascoltare civilmente. Spettacolo indegno, svuotato di ogni connotazione civica. Soggiogamento delle masse, branco di pecore che ripetono a memoria le dichiarazioni del loro leader senza neanche riflettere su quanto dicono o pensano. Individui persi, non coscienti di ciò che ascoltano, non badanti a ciò che dicono.
     E lui, lì sul palco, a parlare, parlare senza dire veramente niente.



     Meno male che c’è la satira…




domenica 4 agosto 2013

Pdl in piazza: niente grazia per Berlusconi, ma lo salvano cambiando la legge

     Con l’usuale teatralità che li contraddistingue, gli esponenti del Pdl avevano nelle scorse ore manifestato tutta la loro indignazione per la condanna subita dal loro leader. C’era chi invocava manifestazioni in piazza (la Santanché voleva dirottare 500 pullman di manifestanti a protestare!), chi continuava a ripararsi dietro dichiarazioni stereotipate (“il governo non si tocca”) e chi, come Bondi, se ne esce con “o la grazia o sarà guerra civile”.

     A quel punto Napolitano gli manda un cazziatone: «Irresponsabile!». Il Capo dello Stato tiene molto alla tenuta del governo e fa il possibile per conservare lo status quo. Nulla deve minarne la stabilità: quel governo è una sua creatura. Come fare, allora, per sedare la rabbia dei pidiellini e le pressioni del Caimano pregiudicato?

     La via della grazia a Berlusconi sembra chiusa: procedura lunga, occorrono poi delle condizioni ben precise e soprattutto Napolitano non vorrà metterci la faccia. Graziare Berlusconi poco dopo aver ricevuto una condanna definitiva suonerebbe come un calcio in bocca alla democrazia, sembrerebbe proprio delegittimare l’indipendenza della magistratura. Napolitano è meno spudorato di Berlusconi, è più cauto.  E allora la soluzione che resta è una sola.
     La ricetta è semplice: si prende il condannato, gli si parla, lo si rassicura, gli si dice di non alzare assolutamente i toni, di non fare caciara, di non lanciare minacce, di dare parvenza di stabilità al governo. In cambio gli si promette la tanto agognata riforma della giustizia. E non occorreva nemmeno che si arrivasse a questo: Napolitano spingeva sulla riforma della giustizia già prima che arrivasse la condanna per Berlusconi.

     Esaminiamo la situazione: Berlusconi deve uscire dal parlamento e a dirlo sono non una, ma ben due cose. La prima è la condanna ricevuta che comprende la pena accessoria di interdizione; la seconda è la legge Severino, votata da lui stesso l’anno scorso sotto il governo Monti, la quale dice che un condannato definitivo con pena superiore a due anni è automaticamente incandidabile e, se è già candidato, decade con effetto immediato dalla sua carica. Il Senato deve quindi solo ratificare con voto l’estromissione di Berlusconi, ma non può decidere se rispettare questa condizione, che è stata decisa per legge. Se si rifiuta, commette illecito.
     Con la riforma della giustizia invece, che è parte di quella riforma della Costituzione che il governo Letta vuole fare a tutti i costi e contro la quale gli italiani possono opporsi firmando la petizione online indetta da Il Fatto quotidiano, Berlusconi potrebbe salvarsi perché, per l’ennesima volta, gli cambierebbero la legge a suo favore. In cambio Berlusconi non fa cadere il governo perché i pidiellini restano “fedeli” alla sua linea (in realtà non si dimetterebbero comunque, figuriamoci!).

     Ecco quindi la linea guida definita e pronta per Berlusconi. Per lasciarlo lì dov’è, per farlo continuare. Non importa che una condanna definitiva si sia abbattuta su di lui, non importa che ci siano prove per quello che ha fatto. Assistiamo lo stesso alla propaganda antidemocratica di questi criminali del Pdl che aizzano la gente contro la magistratura come se fossimo davanti a un colpo di stato togato, senza portare la benché minima prova a sostegno delle loro ragioni, se non frasi fatte e basate su nulla come «La libertà è stata soppressa», «Berlusconi è innocente», come se in questo universo fosse escluso dal campo delle possibilità che Berlusconi possa potenzialmente delinquere. Perché mettiamolo in chiaro: Berlusconi può delinquere, come tutti, è una eventualità che esiste, non è che ha un gene che gli impedisce di violare la legge. E invece parlano come se fosse proprio impossibile per lui essere colpevole di qualcosa.
     Ma cosa diamine ne sanno loro se Berlusconi è innocente? Cosa ne sanno Brunetta o la Santanché? Al massimo lo sa Berlusconi! Come possono affermarlo con tutta quella certezza? Vivono costantemente a fianco di Berlusconi loro? O forse hanno svolto indagini parallele a quelle della magistratura? Se sì, che portino le prove, saremo felici di esaminarle. Perché se invece parlano solo spinti da uno spontaneo senso di fiducia incondizionata (fiducia che devono simulare, ovviamente), allora mi dispiace, ma non basta per giustificare la loro condotta, che va vicina a compromettere l’ordine pubblico. Non basta dire “secondo me è innocente” e sentirsi di conseguenza autorizzati a dire e fare certe cose come se innocente lo fosse davvero. L’opinione personale del Pdl non conta un fico secco davanti a quella bella cosa che si chiama Verità, soprattutto se il Pdl vive un ovvio conflitto di interessi nel dirlo perché il leader condannato è il proprio!
     Inoltre occorre anche stare attenti a non cadere nella trappola retorica dell’“abbiamo subìto un’ingiustizia”, “siamo vittima di una dittatura”, “siamo tutti dei perseguitati”. Noi non siamo tutti perseguitati perché, checché ne dicano la Santanché & co., la sentenza ha colpito solo Berlusconi, non tutti i suoi elettori. Non è che la condanna di un leader si estende ai suoi elettori o ai suoi collaboratori come fosse un titolo ereditario. Di conseguenza nessuno è obbligato a sentirsi chiamato in causa, anzi gli elettori Pdl che hanno un po’ di buon senso farebbero bene a mutare opinione, perché ammettere un errore di valutazione non è segno di debolezza, ma di maturità e onestà intellettuale. Quella del Pdl è una vile e vigliacca tecnica retorica che serve solo a spingere la gente a far fronte comune per fare pressioni sulle istituzioni.

     Intanto Travaglio non manca di precisare che in base alla legge Cirielli, gli arresti domiciliari a cui probabilmente Silvio Berlusconi giungerebbe non arrivano automaticamente per coloro che hanno più di 70 anni. Infatti i giudici possono benissimo decidere quale sia il luogo più idoneo in cui scontare la pena basandosi su vari elementi: la presenza di eventuali altri processi in corso (e Berlusconi ha molti giudizi ancora pendenti), il risarcimento del danno (non spontaneo, perché è il tribunale ad aver obbligato Berlusconi a risarcire il danno allo Stato), un eventuale pentimento dell’imputato (che Berlusconi non ha, anzi egli continua a negare addirittura di aver commesso il fatto ed è lui ad accusare i magistrati) e lo stato di salute (famoso il caso di Calisto Tanzi che, anche se ultrasettantenne, fu condannato al carcere, non ai domiciliari, e poi fu costretto agli arresti ospedalieri solo in seguito al peggioramento delle sue condizioni di salute). Insomma, ci sono varie cose da tener presente e se non ricorrono i presupposti, la pena può prevedere anche il carcere. Questo avviene quando il condannato è ritenuto pericoloso, o non si è pentito o dimostra comunque di non poter essere recuperato alla società.

     Ed ecco allora che questa manifestazione del Pdl (a cui Berlusconi parteciperà solo se ci sarà molta affluenza) perde un po’ il vigore con cui voleva presentarsi. Presenti i principali esponenti del Pdl, ma non i ministri, con grande rammarico di Gasparri. Mancano anche alcuni politici vicini alla destra o membri dello stesso Pdl: così, ad esempio la Gelmini non partecipa, e idem dicasi per Storace, che sentenzia: «Io non ci vado, sono dei leccaculo».