Un comizietto da quattro soldi per quattro
gatti su un palco abusivo. Così potremmo riassumere quello di ieri a Roma,
presieduto da un decadentissimo Silvio Berlusconi, teatrino distrattore che
solo menti infime e diseducate al libero pensiero possono sopportare.
Cita la Costituzione Silvio Berlusconi, si
suona l’inno nazionale, si incoraggia l’odio verso le istituzioni, si diseduca
la gente. Si levano cori fascisti inneggianti «Duce! Duce!». Tra gli astanti si
sente dire «Chi è ’sto Peter Gomez? È italiano? Se lo incontro per strada, lui
e Travaglio, gli sputo in faccia e gli mangio il cuore!». È il partito dell’amore.
Il partito che non conosce odio.
Un genere paraletterario vero e proprio
quello di Berlusconi ieri, unico esempio al mondo in cui un condannato
definitivo si prende la libertà di scendere in piazza per parlare contro lo Stato,
attaccando l’indipendenza dei poteri della magistratura (che secondo lui
dovrebbe essere soggiogata al governo, portando indietro il dibattito politico
di più tre secoli) e sbandierando la sua presunta innocenza senza fornire, non
tanto prove, ma almeno motivazioni razionali.
Individui deliranti, privi di giudizio
quegli “italioidi” che gridano e ragliano come bestie, invece che applaudire e
ascoltare civilmente. Spettacolo indegno, svuotato di ogni connotazione civica.
Soggiogamento delle masse, branco di pecore che ripetono a memoria le
dichiarazioni del loro leader senza neanche riflettere su quanto dicono o
pensano. Individui persi, non coscienti di ciò che ascoltano, non badanti a ciò
che dicono.
E lui, lì sul palco, a parlare, parlare
senza dire veramente niente.
Meno male che c’è la satira…
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