sabato 3 agosto 2013

Mediaset: il Pdl chiede la grazia per Berlusconi. Le prossime mosse del Caimano

     All’indomani della sentenza Mediaset, emanata dalla Corte di Cassazione il primo agosto 2013, il Pdl non perde tempo a organizzarsi per cercare di salvare il suo leader. Silvio Berlusconi, condannato a 4 anni di reclusione e a una pena di interdizione da quantificare in autunno dalla Corte di Appello di Milano, non ha perso tempo.

     Prima ha provveduto a mandare in onda, a più riprese, il suo videomessaggio in cui fa l’apologeta di se stesso: un messaggio senza pudore, come quelli precedenti, in cui questo pregiudicato si permette di accusare i magistrati di essere stati faziosi. E dove sarebbero le prove? È ovvio che un condannato voglia essere visto come innocente, ma come si permette quest’individuo di consegnare alla gente un’immagine così sporca dei giudici che per giudicarlo si sono basati su prove documentate? Dove sono le sue prove che i giudici siano in malafede o che abbiano abusato del loro potere? Dimostri, se ne è capace, che le sue affermazioni sono veritiere, fornisca prove anche lui e poi ne riparliamo. Fin quando sbraiterà e accuserà a vanvera, sarà solo un vile diffamatore.

     Il progetto di salvezza continua il giorno dopo la sentenza, cioè ieri 2 agosto. Berlusconi indice un incontro con i membri del suo partito: deputati e senatori tutti riuniti per lui. Lo accolgono con un applauso scrosciante ed egli detta loro la linea da seguire per i prossimi tempi, che è l’aut aut “o riforma della giustizia o voto”. Per la riforma della giustizia pare non debba preoccuparsi: il governo e perfino il Capo dello Stato sono assolutamente in linea con questa sua richiesta. Del resto lui sarebbe il primo beneficiario di una tale riforma e il fatto stesso che la richieda così a gran voce costituisce, agli occhi del buon senso, una prima esplicita prova della sua colpevolezza: chi non ha fatto niente di male, non prova a cambiare la giustizia a suo favore.

     Nel corso della riunione con i suoi, Berlusconi ha avuto la faccia tosta prima di invocare la riforma della giustizia che gli serve per salvarsi, e poi ha ammonito a «non pensare a me, ma al bene del Paese»… che è come dire: “No, grazie non datemi soldi in tasca; fate girare piuttosto denaro nelle banche: ecco il mio conto corrente”. Roba che farebbe venire i capelli bianchi perfino a Zenone, il filosofo dei paradossi.
     Intanto i pidiellini, nelle due persone di Schifani e Brunetta, si fanno rappresentanti delle mosse dei colleghi, che ricattano il Quirinale per ottenere nientemeno che la grazia per il loro leader. Dimissioni alla mano, hanno intenzione di far pressioni su Napolitano affinché conceda l’estinzione della pena al pregiudicato Berlusconi. Ricatto sul Quirinale, quindi: o salvi Berlusconi, o facciamo cadere il governo. E tutti sanno che neanche Napolitano farebbe mai cadere il governo.
     E anche nel richiedere la grazia, il Pdl non rispetta la legge. Recita infatti l’articolo 681 comma 1 del codice di procedura penale:
     La domanda di grazia, diretta al Presidente della Repubblica, è sottoscritta dal condannato o da un suo prossimo congiunto o dal convivente o dal tutore o dal curatore ovvero da un avvocato o procuratore legale ed è presentata al ministro di grazia e giustizia.
     Non si prevede, quindi, che siano i compagni di partito a sollevare questa richiesta. Al massimo, potrebbe essere Napolitano stesso, su sua personale iniziativa, a concedere la grazia al condannato. Una procedura d’ufficio, quindi, prevista anch’essa dall’art. 681 (comma 4). Marco Travaglio si è preoccupato di fornire tuttavia alcune motivazioni per cui Berlusconi non potrebbe ottenere la grazia: le elenchiamo di seguito, citando testualmente…
  1. Il Cavaliere ha altri 5 processi pendenti in varie fasi, di cui due già approdati a condanna di primo grado (Ruby e telefonata Fassino): basterebbe che uno solo giungesse a condanna definitiva per riportarlo nella situazione di condannato-interdetto da cui la grazia lo libererebbe dopo la sentenza Mediaset. Infatti, per Alessandro Sallusti, pluricondannato per diffamazione e tuttora imputato in altri processi, Napolitano non optò per la grazia, ma commutò la pena da detentiva a pecuniaria.
  2. La grazia si concede ai condannati che abbiano già espiato parte della pena, anche perché concederla all’indomani di una sentenza suonerebbe come un’inammissibile sconfessione della decisione dei giudici e una violazione della loro indipendenza. Principio che Napolitano ha già ignorato graziando il colonnello Cia, Joseph Romano, appena condannato in Cassazione per il sequestro di Abu Omar e addirittura latitante.
  3. I poteri di grazia sono stati ulteriormente limitati dalla Corte costituzionale nella sentenza del 3 maggio 2006 sul conflitto Ciampi-Castelli a proposito della grazia a Ovidio Bompressi, condannato anni prima per l’omicidio Calabresi. La grazia è prerogativa del presidente, e il ministro della Giustizia non vi si può opporre, perché è un provvedimento “umanitario” ed “eccezionale” (essendo una deroga al principio di uguaglianza). Non “politico”. Il presidente infatti non è responsabile dei propri atti, che necessitano sempre della controfirma di un membro del governo. Siccome però la grazia è ispirata a una “ratio umanitaria ed equitativa” volta ad “attenuare l’applicazione della legge penale in tutte quelle ipotesi nelle quali essa confligge con il più alto sentimento della giustizia sostanziale”, essa “esula da ogni valutazione di ‘natura politica’”, ed è naturale attribuirla “al capo dello Stato ‘quale organo rappresentante l’unità nazionale’, nonché ‘garante super partes della Costituzione’”.
     Non si riesce ad avere in Italia nemmeno un clima degno di decoro quando si parla di un condannato: in altri paesi Berlusconi a quest’ora sarebbe già definitivamente in galera. Qui in Italia non solo è ancora senatore (anche se la legge Severino sulle liste pulite lo dichiara incandidabile), ma addirittura annuncia la (ri)nascita del partito Forza Italia, dichiarando di voler restare ancora sulla scena. Eppure fu lui stesso a dire, qualche annetto fa, che se un condannato definitivo fosse stato giudicato per reati di frode fiscali avrebbe dovuto farsi da parte.


     Ma del resto, quanto a buon gusto Berlusconi ci ha già dato prova di non averne affatto. E la sua spudoratezza nel mentire è nota a chiunque abbia un minimo di sale in zucca. Da ricordare è ciò che disse Montanelli di lui: «mente così bene che finisce per credere alle sue stesse bugie». Dicesi bugiardo sincero.

     Vale la pena chiudere con una riflessione su quelle che finora sono state le maggiori argomentazioni usate per giustificare la condotta di Berlusconi o almeno per sminuire la sua condanna. È bene ricordarsi come funziona l’argomentazione dialettica nel nostro paese: facendo leva sull’emotività. Non si sollevano argomenti razionali, che la logica e il buon senso possano condividere, ma si butta fumo negli occhi, si mettono sul tavolo motivazioni che nulla o quasi nulla hanno a che fare con l’oggetto della discussione. Si dice infatti di Berlusconi…
  • Non si può condannare perché è parte della storia di questo paese. E allora? Il fatto che abbia una forte rinomanza, che sia famoso da molto tempo, che abbia così fatto parlare di sé può essere motivo valido per non condannarlo? Anche il mostro di Firenze raggiunse gli onori della cronaca, anche Riina è famosissimo tuttora. La fama non è una scusante.
  • Berlusconi ha creato posti di lavoro aiutando l’economia italiana. Intanto creare posti di lavoro era cosa ovvia per un uomo che volesse far andare avanti delle aziende, perché non si può pensare di fare tutto da solo; ma dove sta scritto che pagare delle persone perché ti aiutino a portare avanti un’azienda sia motivo di indulgenza? Anche ammesso che Berlusconi avesse assunto quelle persone spinto da un sincero desiderio di aiutare il paese, è possibilissimo che in seguito abbia deciso coscientemente di delinquere. O forse vogliamo ammettere che l’Italia può funzionare economicamente solo se esiste Berlusconi? E quando Berlusconi sarà morto, allora, come faremo? Tutti i dittatori si circondano di gente che li aiuti, e con una precisa gerarchia. I collaboratori di Berlusconi servivano a Berlusconi. Andatevi a fare inoltre un giro presso i funzionari assunti a tempo determinato a Mediaset e ascoltate cos’hanno da dire: storie di precarietà, quella stessa precarietà che i governi Berlusconi hanno introdotto nel nostro paese quando è cominciata la politica della svalutazione del lavoro.
  • Non si può condannare il politico più votato negli ultimi vent’anni. A questo ripeto ancora una volta l’argomento del comico Luttazzi: che cioè anche Hitler venne eletto democraticamente, per cui non vuol dire un accidente. Essere eletti dal popolo non è garanzia di innocenza.
  • Berlusconi non dovrebbe essere condannato perché paga più tasse di quelle che evade. Intanto, così dicendo, si ammette che Berlusconi abbia evaso e già questo di per sé non può essere accettabile come giustificazione (sarebbe come dire: quell’assassino non dev’essere condannato perché lascia in vita più persone di quante ne uccide); inoltre qui stiamo parlando di un politico: la carica che ricopre dà a Berlusconi un peso in più, una responsabilità in più, ovvero quella di dare il buon esempio, di essere il primo a non evadere neanche un centesimo. Per chiunque rivesta una carica pubblica esiste un decoro da mantenere proprio in virtù del ruolo istituzionale che ricopre; invece Berlusconi pare essere il solo per cui essere politico sia un’attenuante. E poi che significa che paga più di quanto evade? Che può essere condannato solo chi evade più di quanto paga? Quelli di Berlusconi sono un mare di soldi evasi, non importa quanti siano rispetto a ciò che ha pagato: importa che siano milioni e milioni tolti allo Stato, ovvero a noi cittadini, e per ogni evasore che non paga ci sono una miriade di cittadini onesti che devono pagare di più, perché pagano anche quello che gli evasori non versano. Ingroia, nell’ultima campagna elettorale, aveva proposto una legge per andare a recuperare i capitali illegali dei maximiliardari usando gli stessi strumenti che la magistratura usa per scovare i patrimoni dei mafiosi. I media non ne parlarono né alla gente interessò la cosa: erano tutti troppo occupati ad abboccare alla balla della restituzione dell’Imu.


     Molti si chiedono come faccia il Pd a restare alleato con un partito il cui leader è un frodatore dello Stato; si chiedono come questo stesso governo possa esistere ora che è stato ufficializzato che il principale sostenitore di questa sporca alleanza è un ladro. Il Pd dovrebbe prendere le distanze da tutto questo, ma non lo farà, perché gli interessi del Pd sono comuni a quelli del Pdl: le larghe intese, del resto sono questo, un patto per mettersi d’accordo nella spartizione dei poteri, in modo da far avere a ognuno ciò che vuole.
     Comunque andrà a finire, condannato, incarcerato, graziato, ciò che importa è che gli italiani comincino a rendersi conto con questa sentenza che hanno avuto a che fare in questi anni con un individuo che ha fatto leva sul sentimento di pietà e di simpatia della gente per indurla a fidarsi di sé, costruendo un impero economico rubando ed evadendo. È importante che le gente si rieduchi alla ricerca della verità, avendo il coraggio di dire “mi sono fidato della persona sbagliata”, il che non ha niente di male. Alle prossime elezioni, se mai avremo una legge elettorale normale, ricordiamoci per lo meno a chi non dare il nostro voto.



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