giovedì 31 gennaio 2013

Falconi e avvoltoi

di Marco Travaglio

     Conosco Antonio Ingroia da 15 anni e non l’ho mai sentito paragonarsi a Falcone o a Borsellino. Semplicemente gli ho sentito ricordare due dati storici: nel 1988, neomagistrato, fu “uditore” di Falcone; poi nell’89 andò a lavorare alla Procura di Marsala guidata da Borsellino, di cui fu uno degli allievi prediletti. Nemmeno l’altro giorno Ingroia s’è paragonato a Falcone. S’è limitato a ricordare un altro fatto storico: appena Falcone si avvicinò alla politica (e di parecchio), andando a lavorare al ministero della Giustizia retto da Martelli nel governo Andreotti, fu bersagliato da feroci attacchi, anche da parte di colleghi, molto simili a quelli che hanno investito l’Ingroia politico. Dunque non si comprende (se non con l’emozione di un lutto mai rimarginato per la scomparsa di una persona molto cara) l’uscita di Ilda Boccassini che intima addirittura a Ingroia di “vergognarsi” perché avrebbe “paragonato la sua piccola figura di magistrato a quella di Falcone” distante da lui “milioni di anni luce”. Siccome Ingroia non s’è mai paragonato a Falcone, la Boccassini dovrebbe scusarsi con lui per gl’insulti che, oltre a interferire pesantemente nella campagna elettorale, si fondano su un dato falso. Ciascuno è libero di ritenere un magistrato migliore o peggiore di un altro, ma non di raccontare bugie. Specie se indossa la toga. E soprattutto se si rivolge a uno dei tre o quattro magistrati che in questi 20 anni più si sono battuti per scoprire chi uccise Falcone e Borsellino. Roberto Saviano tiene a ricordare che “Falcone non fece mai politica”: ma neppure questo è vero. Roberto è troppo giovane per sapere ciò che, in un’intervista per MicroMega, Maria Falcone mi confermò qualche anno fa: nel ’91 suo fratello decise di usare il dissidio fra Craxi e Martelli per imprimere una svolta alla lotta alla mafia dall’interno del governo Andreotti, pur sapendo benissimo di quale sistema facevano o avevano fatto parte quei politici. Difficile immaginare una scelta più politica di quella. Ora però sarebbe il caso che tutti – politici, magistrati e giornalisti – siglassero una moratoria su Falcone e Borsellino, per evitare di tirarli ancora in ballo in campagna elettorale. Tutti, però: non solo qualcuno. Anche chi, l’estate scorsa, usò i due giudici morti per contrapporli ai vivi: cioè a Ingroia e Di Matteo, rei di avere partecipato alla festa del Fatto, mentre “Falcone e Borsellino parlavano solo con le sentenze”. Plateale menzogna, visto che entrambi furono protagonisti di centinaia di dibattiti pubblici, feste del Msi e dell’Unità, programmi tv, libri, articoli. Queste assurde polemiche dividono e disorientano il fronte della legalità, regalando munizioni a chi non chiede di meglio per sporchi interessi di bottega. Ma vien da domandarsi perché né la Boccassini né la Falcone aprirono bocca due anni fa, quando Alfano, ministro della Giustizia di Berlusconi, si appropriò di Falcone per attribuirgli financo la paternità della controriforma della giustizia. Né mai fiatarono ogni volta che politici collusi o ignavi sfilarono in passerella a Palermo negli anniversari delle stragi, salvo poi tradire la memoria dei due martiri trattando con la mafia, o tacendo sulle trattative, o depistando le indagini sulle trattative. Chissà poi dov’erano le alte e basse toghe che ora si stracciano le vesti per la candidatura di Ingroia quando entrarono in politica Violante, Ayala, Casson, Maritati, Mantovano, Nitto Palma, Cirami, Carrara, Finocchiaro, Carofiglio, Della Monica, Tenaglia, Ferranti, Caliendo, Centaro, Papa, Lo Moro, su su fino a Scalfaro. E dove spariscono quando si tratta di dedicare a Grasso le critiche riservate a Ingroia. Se poi Ingroia deve espiare la colpa di aver indagato su mafia e politica, di aver fatto condannare Contrada, Dell’Utri, Inzerillo, Gorgone e di aver mandato alla sbarra chi trattò con i boss che avevano appena assassinato Falcone e Borsellino, lo dicano. Così almeno è tutto più chiaro.

Da Il fatto quotidiano, 31 gennaio 2013

(Il grassetto è mio)

domenica 27 gennaio 2013

Cosa vuole Rivoluzione civile: ecco il programma elettorale di Ingroia


     Quali sono i criteri con cui voterete i vostri candidati alle prossime elezioni politiche? Pensate di votare qualcuno che avete sempre sostenuto storicamente, indipendentemente da quello che propone? O forse pensate di informarvi sul passato del candidato che intendete votare? Oppure vi atterrete al criterio del “più simpatico”?
     Se c’è qualcuno tra voi che invece sceglierà il nuovo governo degnandosi di giudicare il programma elettorale del partito o della lista che intende sostenere, si sarà sicuramente accorto che in questai giorni l’“offerta politica” risente pesantemente della crisi e degli scandali che sono emersi di recente. Le proposte si diversificano e gli schieramenti promettono cose nuove. Si dà più spazio a cose come la questione morale, le proposte anticorruzione, il taglio delle spese politiche…
     Chi più, chi meno, i candidati provano a promettere cose che potrebbero interessare. Tuttavia anche dal modo di promettere e dalle cose promesse è possibile fare una differenziazione che la dice lunga sugli intenti taciuti dei candidati. Infatti, fermo restando che un politico non è tenuto per legge ad adempiere a tutti gli impegni che ha preso con l’elettorato durante la campagna elettorale, tuttavia, quando si promette, si mette la faccia e si sa che se ci si allontana troppo dalle promesse che si sono fatte si perde credibilità per il futuro.

     In base a questo ragionamento possiamo individuare i candidati meno attendibili anche in base a ciò che non promettono, proprio perché sanno già di non poterlo fare, altrimenti perderebbero credibilità per il futuro. E, effettivamente, alcuni leader si sono ben guardati dal proporre cose che farebbero bene al nostro paese, perché sanno già di non aver intenzione di farlo. E quelli sono secondo me da scartare.
     Spulciando i vari programmi elettorali ci si accorge quindi di certe differenze non da poco. In particolare, leggendo il programma della lista Rivoluzione civile di Antonio Ingroia, ci si può fare secondo me un’idea della validità delle cosiddette alternative politiche. A parte il Movimento 5 Stelle di Grillo, infatti, nuovi partiti stanno nascendo e quello di Ingroia ha delle proposte molto, ma molto interessanti, che tra l’altro vanno espressamente contro le ambizioni di Berlusconi e di Monti.

     Poiché Ingroia non è abituato alla stessa spudoratezza di gente come Berlusconi, che si può permettere di andare da Bruno Vespa, firmare un patto con gli italiani (tra l’altro da solo), non rispettarlo, riandare in tv e sfruttare il fatto che ormai è simpatico a molti per dire che, quel patto, l’ha rispettato, e quindi non perdere la faccia, ritengo che le promesse e le proposte fatte del leader della lista Rivoluzione civile debbano essere prese in considerazione, in quanto l’approccio che anima la sua politica potrebbero davvero aiutare l’Italia. Già in un mio precedente post, poi, ho elencato i motivi validi per cui lo stesso leader possa essere considerato attendibile.

     Volendo citare solo alcuni dei punti programmatici, ecco cosa si propone espressamente di fare Rivoluzione civile. Sono cose che i grandi partiti come il PD, il PDL o il centro di Monti non si proporranno mai di fare:
  • la cancellazione della riforma Fornero sulle pensioni e la reintroduzione dell’articolo 18: la riforma Fornero, come sappiamo, ha fatto sì che il precariato si rafforzasse e che gli anziani fossero ancora più impossibilitati a godere del diritto alla pensione; cancellando l’articolo 18, poi, ha fatto sì che i lavoratori potessero essere licenziati anche senza giusta causa;
  • l’introduzione del reddito minimo per i disoccupati;
  • far pagare l’Imu alla Chiesa e alle banche (visto che sono ricchissimi!);
  • la confisca dei patrimoni illegali degli evasori e dei mafiosi per restituire ai cittadini i beni che i trasgressori e i criminali si sono procurati rubando allo Stato: nessuno dei governi precedenti né degli attuali candidati “grossi” intende tassare i più ricchi, anzi: il governo Monti ha addirittura messo a disposizione proprio di recente 4 miliardi per Monte dei Paschi di Siena, attualmente a rischio fallimento; Ingroia, proprio in virtù della sua esperienza di magistrato antimafia, conosce i metodi di indagine per individuare i patrimoni illegali per poterli confiscare;
  • la contrarietà all’attuale Fiscal Compact, ovvero l’accordo che l’Italia di Berlusconi firmò con l’Europa per impegnarsi a raggiungere il pareggio di bilancio entro un certo numero di anni, privando la gente di soldi e diritti in modo da recuperare soldi per l’Europa quanto più velocemente possibile, una cosa che durerà almeno vent'anni;
  • l’eliminazione di tutte le leggi ad personam che hanno salvato e favorito le aziende di Berlusconi e dei suoi amici e in particolare la reintroduzione del reato di falso in bilancio (cancellato da Berlusconi), reato con cui le aziende possono mentire sul proprio bilancio finanziario spingendo gli investitori a comprare la sue azioni anche se non valgono niente;
  • l’introduzione del reato di scambio politico-mafioso e in generale una vera politica antimafia e anticorruzione (e chi meglio di Ingroia, che ha combattuto la mafia assieme a Falcone e Borsellino, potrebbe fare questo?);
  • la promozione della gestione pubblica di beni come l’acqua, tuttora gestiti da privati quasi ovunque nonostante il referendum dell’anno scorso abbia sancito che la gestione dev’essere pubblica…


     L’offerta di Rivoluzione civile non si ferma qui. Se avete intenzione di conoscere nel dettaglio ma in breve i 10 punti programmatici della lista, visitate pure il sito www.rivoluzionecivile.it, oppure leggete direttamente i punti del suo programma (di cui potete scaricare anche un apposito volantino), che ho lasciato elencati qui di seguito.

gdfabech

1 per l’Europa dei diritti, contro l’Europa delle oligarchie economiche e finanziarie. Vogliamo un’Europa autonoma dai poteri finanziari e una riforma democratica delle sue istituzioni. Siamo contrari al Fiscal Compact che taglia di 47 miliardi l’anno per i prossimi venti anni la spesa, pesando sui lavoratori e sulle fasce deboli, distruggendo ogni diritto sociale, con la conseguenza di accentuare la crisi economica. Il debito pubblico italiano deve essere affrontato con scelte economiche eque e radicali, finalizzate allo sviluppo, partendo dall’abbattimento dell’alto tasso degli interessi pagati. Accanto al Pil deve nascere un indicatore che misuri il benessere sociale e ambientale;


2 per la legalità e una nuova politica antimafia che abbia come obiettivo ultimo non solo il contenimento ma l’eliminazione della mafia, che va colpita nella sua struttura finanziaria e nelle sue relazioni con gli altri poteri, a partire da quello politico. Il totale contrasto alla criminalità organizzata, alla corruzione, il ripristino del falso in bilancio e l’inserimento dei reati contro l’ambiente nel codice penale sono azioni necessarie per liberare lo sviluppo economico;
3 per la laicità e le libertà. Affermiamo la laicità dello Stato e il diritto all’autodeterminazione della persona. Siamo per una cultura che riconosca le differenze. Aborriamo il femminicidio, contrastiamo ogni forma di sessismo e siamo per la democrazia di genere. Contrastiamo l’omofobia e vogliamo il riconoscimento dei diritti civili, degli individui e delle coppie, a prescindere dal genere. Contrastiamo ogni forma di razzismo e siamo per la cittadinanza di tutti i nati in Italia e per politiche migratorie accoglienti;
4 per il lavoro. Non vogliamo più donne e uomini precari. Siamo per il contratto collettivo nazionale, per il ripristino dell’art. 18 e per una legge sulla rappresentanza e la democrazia nei luoghi di lavoro. Vogliamo creare occupazione attraverso investimenti in ricerca e sviluppo, politiche industriali che innovino l’apparato produttivo e la riconversione ecologica dell’economia. Vogliamo introdurre un reddito minimo per le disoccupate e i disoccupati. Vogliamo che le retribuzioni italiane aumentino a partire dal recupero del fiscal drag e dalla detassazione delle tredicesime. Vogliamo difendere la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro;
5 per le piccole e medie imprese, le attività artigianali e agricole. Deve partire un grande processo di rinascita del Paese, liberando le imprese dal vincolo malavitoso, dalla burocrazia soffocante. Vanno premiate fiscalmente le imprese che investono in ricerca, innovazione e creano occupazione a tempo indeterminato. Vanno valorizzate le eccellenze italiane dall’agricoltura, alla moda, al turismo, alla cultura, alla green economy;
6 per l’ambiente. Va cambiato l’attuale modello di sviluppo, responsabile dei cambiamenti climatici, del consumo senza limiti delle risorse, di povertà, squilibri e guerre. Va fermato il consumo del territorio, tutelando il paesaggio, archiviando progetti come la TAV in Val di Susa e il Ponte sullo Stretto di Messina. Va impedita la privatizzazione dei beni comuni, a partire dall’acqua. Va valorizzata l’agricoltura di qualità, libera da ogm, va tutelata la biodiversità e difesi i diritti degli animali. Vanno creati posti di lavoro attraverso un piano per il risparmio energetico, lo sviluppo delle rinnovabili, la messa in sicurezza del territorio, per una mobilità sostenibile che liberi l’aria delle città dallo smog;
7 per l’uguaglianza e i diritti sociali. Vogliamo eliminare l’IMU sulla prima casa, estenderla agli immobili commerciali della chiesa e delle fondazioni bancarie, istituire una patrimoniale sulle grandi ricchezze. Vogliamo colpire l’evasione e alleggerire la pressione fiscale nei confronti dei redditi medio-bassi. Vogliamo rafforzare il sistema sanitario pubblico e universale ed un piano per la non-autosufficienza. Vogliamo il diritto alla casa e il recupero del patrimonio edilizio esistente. Vogliamo un tetto massimo per le pensioni d’oro e il cumulo pensionistico. Vogliamo abrogare la controriforma pensionistica della Fornero, eliminando le gravi ingiustizie generate, a partire dalla questione degli “esodati”;
8 per la conoscenza, la cultura, un’informazione libera. Affermiamo il valore universale della scuola, dell’università e della ricerca pubbliche. Vogliamo garantire a tutte e tutti l’accesso ai saperi, perché solo così è possibile essere cittadine e cittadini liberi e consapevoli, recuperando il valore dell’art.3 della Costituzione, rendendo centrali formazione e ricerca. Vogliamo portare l’obbligo scolastico a 18 anni. Vanno ritirate le riforme Gelmini e il blocco degli organici imposto dalle ultime leggi finanziarie. è necessario accantonare definitivamente qualsiasi progetti di privatizzazione del sistema di istruzione e stabilizzare il personale precario. Vogliamo valorizzare il patrimonio culturale, storico e artistico come afferma l’art. 9 della Costituzione. Vogliamo una riforma democratica dell’informazione e del sistema radiotelevisivo che ne spezzi la subordinazione al potere economico-finanziario. Vogliamo una legge sul conflitto di interessi e che i partiti escano dal consiglio di amministrazione della Rai. Vogliamo il libero accesso a Internet, gratuito per le giovani generazioni e la banda larga diffusa in tutto il Paese;
9 per la pace e il disarmo. Va ricondotta la funzione dell’esercito alla lettera e allo spirito dell’articolo 11 della Costituzione a partire dal ritiro delle truppe italiane impegnate in missioni di guerra. Va promossa la cooperazione internazionale e l’Europa deve svolgere un’azione di pace e disarmo in particolare nell’area mediterranea. Va abrogata la riforma Monti delle Forze Armate, vanno tagliate le spese militari a partire dall’acquisto dei cacciabombardieri F35 e di tutti i nuovi armamenti.
10 per una nuova questione morale ed un’altra politica. Vogliamo l’incandidabilità dei condannati e di chi è rinviato a giudizio per reati gravi, finanziari e contro la pubblica amministrazione. Vogliamo eliminare i privilegi della politica, la diaria per i parlamentari, porre un tetto rigido ai compensi dei consiglieri regionali e introdurre per legge il limite di due mandati per parlamentari e consiglieri regionali. Vogliamo una nuova stagione di democrazia e partecipazione.



sabato 26 gennaio 2013

Cause e meccanismi del successo berlusconiano: un’interpretazione satirica


     Accadeva nel lontano marzo 2010: siamo a Raiperunanotte e il comico Daniele Luttazzi, che si dedica a una delle forme più nobili di arte, ovvero alla satira, fornisce una delle sue interpretazioni del paradossale successo berlusconiano. Col pretesto della risata, vengono forniti un punto di vista e quelle fondamentali informazioni che ogni cittadino dovrebbe conoscere se si tiene informato sui politici che stanno al governo.
     La sua satira irriverente, spregiudicata, che non guarda in faccia a nessuno e senza alcun tabù invita a una riflessione che probabilmente è importante fare ancora oggi a proposito di una certa ala della nostra politica.

     Post scriptum per coloro che si scandalizzano facilmente: se siete eccessivamente puritani, chiusi di mente e vi sentite offesi di fronte a cose come le battute a sfondo sessuale, siete pregati di non guardare questo video. Vorrei evitare di ritrovarmi a rispondere a commenti stupidi.



lunedì 21 gennaio 2013

Piccolo focus su alcuni paradossi dell’economia


     Di questi tempi le questioni economiche sono al centro del dibattito politico. Tutto ruota intorno ai soldi. Concetti come “finanza” o “economia” sono tra le parole più pronunciate e pensate del nostro tempo. Tuttavia se ne parla per lo più a vanvera o comunque senza una sufficiente alfabetizzazione. Del resto gli aspetti di questi temi sono tanti e molto complessi e si preferisce di gran lunga lasciarli agli “esperti”… Tuttavia, poiché nell’economia e nella finanza siamo immersi tutti noi e poiché queste sono cose che hanno delle precise ripercussioni (tra l’altro negative) sulle nostre vite, credo sia utile provare a colmare almeno alcune lacune.
     Premetto che non vi annoierò con dissertazioni sui flussi monetari e roba simile, anche perché non ne ho le competenze necessarie. Renderò la cosa più leggera e piacevole. Vi propongo due video: nel primo il comico italiano Paolo Rossi fa un breve numero di satira elencando la sua visione della finanza e parlando dell’egemonia delle banche, così ci riscaldiamo facendoci anche due risate; nel secondo video, che in realtà è un breve documentario di solo un’oretta, si parla delle contraddizioni dell’economia globalizzata e si propongono delle belle soluzioni che portano una ventata ottimistica, cercando di restituire l’economia e il lavoro ai loro veri significati di “attività umane”.
     Ritengo che sia una bella occasione per farsi un po’ di cultura su questi temi così ostici senza particolare fatica. Buona visione!


La finanza secondo Paolo Rossi





domenica 20 gennaio 2013

Quella questione paraculo del “voto utile”


     Negli ultimi giorni il PD ha sollevato nei confronti della lista Rivoluzione civile di Antonio Ingroia la cosiddetta questione del “voto utile”. Il voto utile in politica è quella scelta elettorale che un elettore dovrebbe fare per favorire una compagine a danno di un’altra sulla quale avrebbe dei dubbi o graverebbero questioni scomode. Per chi non fosse informato, ecco cosa è successo: la lista Rivoluzione civile è in rapida ascesa nei sondaggi e ha superato la soglia minima prevista per accedere alla Camera (la soglia è del 4% e Rivoluzione civile è oltre il 5%). Bersani, leader del PD, che si alleerà con Monti, vorrebbe ottenere la maggioranza sia al Senato che alla Camera e sa che gli elettori di Rivoluzione civile potrebbero portargli via i voti necessari per ottenere questa maggioranza in quattro regioni chiave, che sono la Lombardia, il Veneto, la Campania e la Sicilia (in queste ultime due Rivoluzione civile sarebbe attestata a oltre l’11% e questo potrebbe togliere il premio di maggioranza del 55% al PD). Per questo Bersani si appella all’elettorato per un “voto utile”, ovvero per chiedere di non votare Rivoluzione civile. A Ingroia è arrivata quindi, anche se in maniera mai precisamente esplicita da parte di Bersani, una richiesta di desistenza, ovvero l’invito a non presentare liste in quelle regioni.

     La cosa ha sollevato qualche polemica, soprattutto relativamente alla posizione di Ingroia. Infatti il leader di Rivoluzione civile in principio, quando l’alleanza tra Bersani e Monti non era stata ipotizzata né spudoratamente annunciata come lo è ora, aveva invitato Bersani a instaurare un dialogo (si badi: un dialogo, non un’alleanza politica). Bersani non si degnò nemmeno di rispondere, nemmeno quando l’invito fu rivolto una seconda volta.

     Ingroia si è posto fin dall’inizio come alternativa intransigente alle politiche di Berlusconi e di Monti, quindi, all’inizio, cercò dialogo (ripeto: dialogo, non alleanza) con il partito più lontano da essi, ovvero il PD. Molti lo accusarono di ambiguità, gli chiesero maggiore chiarezza. Ebbene, oggi Ingroia in una dichiarazione fatta in occasione della presentazione delle liste elettorali a Roma ha risposto a questi scettici: chiuso ufficialmente ogni dialogo col PD! E soprattutto: niente desistenza!

     Da quando Bersani si propone di fare un’alleanza con Monti a prescindere, non ha senso che Rivoluzione civile cerchi un dialogo con il PD, in quanto la lista di Ingroia si è proposta contro Monti e contro Berlusconi con la massima intransigenza. E se prima Ingroia rimproverava al PD e alla sinistra solo di non aver fatto sufficiente opposizione alla destra in questi anni e di non aver approfittato degli strumenti che ha avuto per regolarizzare molte falle normative e per combattere il fenomeno berlusconiano, ora la strada al dialogo è chiusa definitivamente: le posizioni, quindi, si assestano, prendono forma, si definiscono.

     Le differenze tra la destra PDL e il governo Monti erano già minime: Monti è stato appoggiato dalla destra berlusconiana per tutto il periodo del suo mandato (checché ne dica Berlusconi, quando afferma che non poteva opporsi per non guastare i rapporti, come se si trattasse di uno scontro sul piano personale e non di riforme da fare per il paese). Le due ideologie si equivalgono. Ora anche Bersani si accoda ufficialmente a questo trenino dell’orrore, che si propone di smembrare pezzo per pezzo quello che rimane dell’Italia.

     Più in generale, la questione del voto utile si pone in queste politiche in tutta la sua pienezza. Si capisce che tener presente il subdolo sistema di alleanze diventa una priorità per l’elettore, che non può permettersi semplicemente di votare “per” qualcuno, ma deve anche e contemporaneamente considerare “contro” chi votare: oggi non ci sono più le ideologie anti-berlusconiane o anti-comuniste: oggi vige l’anti-politica! Oggi c’è diffidenza verso tutti! È quindi strettamente necessario discernere con lucidità. Bisogna capire che destra, sinistra e moderati sono un’unica pericolosa coalizione.



     Il dilemma del voto utile, in sé e per sé, è una questione vera e legittima, poiché è possibile usare il voto per contrastare qualcuno. Come l’ha messa Bersani, tuttavia, è un’emerita paraculaggine: come ha notato lo stesso Ingroia, infatti, Bersani ha chiesto la desistenza ad Ingroia con la scusa di non favorire Berlusconi (e figuriamoci se Ingroia fa qualcosa per favorire Berlusconi: non è mica la sinistra, lui!); Bersani fa leva sullo spauracchio del pericolo Berlusconi per dissuadere gli elettori a votare Rivoluzione civile, esattamente come faceva Berlusconi quando faceva leva sul pericolo dell’ondata comunista per spingere gli elettori a votare per lui.

     Ecco dunque, almeno da parte del leader di Rivoluzione civile, risolta la questione del voto utile e della desistenza. Come ha obiettato Marco Travaglio in un suo articolo de Il fatto quotidiano, ma se il PD vuol continuare a governare con Monti, perché la desistenza non l’ha chiesta a Monti?

     Vediamo di seguito una parte dell’intervento di Ingroia riguardo questa e un altro paio di questioni attraverso questi due video della conferenza di ieri.




sabato 19 gennaio 2013

Vorrei dirvi un paio di cose sulla politica


     La parola “politica” viene dalla dicitura politiké tèchne, dove tèchne vuol dire “arte” e politiké è l’aggettivo di pòlis, la città, e significa quindi “che riguarda la città”. Quindi la dicitura si traduce con “arte di governare la città”. Ma poiché nell’antica Grecia la città era anche uno stato autonomo (le famose città-stato), allora la politica è l’“arte di governare uno stato”, il modo in cui si amministrano gli affari comuni a tutti i cittadini. Checché ne pensiate voi delusi, voi arrabbiati o voi cinici, sappiate che la politica è una delle cose più nobili che la civiltà umana si sia inventata. “Fare politica”, inteso non per forza come “fare il politico”, ma anche come semplicemente interessarsi e informarsi sul modo con cui si gestiscono le questioni che riguardano la collettività, è una cosa che giova a tutti, quindi anche a se stessi.

     Ho sempre incontrato fin da bambino tanta diffidenza nei confronti della politica. Anche oggi mi guardo intorno e vedo un sacco di gente che dalla politica è annoiata. Che noia questa politica! Cose che non suscitano il minimo interesse, questioni astratte e astruse raccontate da gente che parla difficile, veri e propri esperti della non comunicazione, che dicono tutto per non dire niente! C’è chi poi dalla politica è deluso: la politica non è al servizio delle persone, non serve il popolo, è un sistema più grande di noi (inutile quindi anche provare a cambiarlo: si è destinati a perdere!); questa gente è delusa da un’ideale in cui credeva e ora è piena di rabbia e vorrebbe quasi sfogarsi per manifestare la frustrazione che prova. E poi ci sono quelli che della politica semplicemente non si interessano, quelli ai quali, della politica, non glie ne frega proprio niente! Che potrebbero farne a meno benissimo, che addirittura la vivono come un moscerino in un occhio. Infine troviamo coloro che guardano alla politica come a una forma di clientelismo, quel modo di impostare i rapporti umani in cui ci si promette e ci si scambia favori personali in dipendenza da un potente, in cui ogni singolo individuo, isolatamente ed egoisticamente, deve essere bravo a tutelare i propri interessi anche a danno degli altri, se necessario (perché questa vita è una guerra e vale il detto mors tua, vita mea).

     Ebbene, vorrei dirvi due cose sulla politica. Sono cose che dovrebbero far parte dell’alfabetizzazione civica di base di tutti noi, a prescindere dal nostro stato civile, dalla nostra posizione sociale o dal nostro orientamento ideologico o politico. Se avete un minimo di onestà intellettuale, vorrete almeno considerare quest’altro punto di vista.

     Vorrei dire che fare politica è per sua stessa definizione un fenomeno di pluralità: “politica” viene da polis, la città, e polis viene a sua volta da polýs, che vuol dire “molto”, “numeroso”, “plurale”. Nell’idea di politica c’è quindi l’idea di pluralità, perché la società è una pluralità di persone che devono agire in maniera coordinata e reciprocamente rispettosa e non è pensabile perciò applicare modi di vivere che siano invece improntati all’egoismo o alla filosofia del “penso solo al mio orticello”. Questo atteggiamento fa male agli altri attorno a noi, i quali sono legati alla nostra vita, al nostro destino: quindi se affondano gli altri affondiamo tutti.
     Un esempio pratico, afifnché non si pensi che parlo solo di vuoto idealismo: qualche mese fa dalle mie parti un violento acquazzone ha fatto straripare un fiume la cui vasca di contenimento non era funzionante perché lasciata a oltre cinquant’anni di incuria: in pochi minuti durante quella pioggia violentissima un intero quartiere è stato distrutto. L’acqua sporca, piena di letame, immondizia e sporcizia ha straripato dal letto del fiume e si è insinuata ovunque, distruggendo le case, facendo ammalare le persone, rompendo porte, sfasciando gli arredamenti, portando via le auto e lasciando molti cittadini senza neanche un letto dove dormire. Fu indetta una petizione per chiedere alle autorità competenti la messa in sicurezza del fiume per evitare che possa riaccadere. Ebbene, molte persone che non abitavano in quella zona a cui fu chiesto aiuto non compresero per quale motivo dovessero aiutare questa gente sostenendo la loro causa: del resto non riguardava loro! Loro pensavano a se stessi e il problema non li riguardava. Tuttavia, al di là del semplice e spontaneo senso di solidarietà, nessuno di questi scettici ha pensato (per esempio) che l’acqua sporca del fiume si è insinuata anche sui campi coltivati di quella zona, distruggendoli, spazzando via i raccolti e inquinando il terreno. E quel terreno inquinato produce frutti e ortaggi; frutti e ortaggi vengono poi venduti e mangiati e finiscono sulle tavole anche di coloro che non abitano in quella zona e a cui, come dicevamo, poteva non interessare un bel niente di quella piccola tragedia.

     Vivere in comunità, sia essa la comunità di un quartiere, di una città o di un’intera nazione significa, volenti o nolenti, creare dei rapporti di interdipendenza in virtù dei quali se si blocca un elemento viene penalizzato tutto il resto. E quanto più numerosi sono gli elementi compromessi, tanto più gravi e immediate sono le conseguenze negative su tutto l’insieme. In poche parole: veniamo colpiti tutti quando viene colpito qualcuno! Il destino degli altri, anche di quelli che non conosciamo, ci riguarda! Siamo interconnessi, come gli organi di un corpo umano, ognuno dei quali fa qualcosa: se il cuore non funziona, non arriva sangue ai tessuti di tutti gli altri organi, che quindi muoiono; se il fegato non funziona il sangue non si arricchisce delle sostanze nutritive giuste che servono a nutrire i tessuti; se i polmoni non funzionano non c’è ossigeno per bruciare le sostanze nutritive... La natura, quando associa insieme più elementi, fa in modo che ci sia cooperazione e tutela reciproca tra le parti, così da assicurare il mantenimento della totalità, quindi di ogni singola parte.

     Noi siamo privi di questo semplice concetto, siamo abituati (e ci riabituiamo ogni volta da soli) all’esatto opposto e senza saperlo alimentiamo una reazione a catena che aumenta sempre più la gravità dei mali della nostra società, che a loro volta ci mettono ancora più di malumore e ci fanno essere ancora più cinici di prima e così via…
     Guardate il nostro paese in questo momento: il nostro disinteresse per la politica anche a livello nazionale ci ha portato a non informarci sui candidati che si sono presentati alle elezioni in questi ultimi anni, abbiamo dato e ridato il voto alle persone sbagliate che hanno accompagnato il nostro paese alla crisi. Ci siamo fatti distrarre dalle veline, dal Grande Fratello e da quelle cose là, messe lì apposta per non farci riflettere. Ci siamo annoiati e disinteressati e abbiamo lasciato che chi era stato al potere facesse quello che voleva. E non è bastata una sola legislatura: l’abbiamo rifatto più volte. Su scala locale così come su scala nazionale, il concetto sbagliato che abbiamo di politica ci ha portati a diventare un popolo di menefreghisti stupidi, di autolesionisti antidemocratici, di disfattisti qualunquisti che si lamentano ma che non vogliono assumersi quella piccola parte di responsabilità che spetta anche a loro. Non vogliamo investire le energie nella cura dei nostri affari, anche se sono nostri! Non vogliamo impegnarci, non vogliamo vigilare, non vogliamo correggere questa mentalità. Però ce ne lamentiamo… Ah, se ce ne lamentiamo…

     Lo so cosa state pensando: ma perché dovrei farlo solo io? Perché devo essere il fesso della situazione? Io sono onesto, lo farei anche, ma se gli altri non collaborano con me è inutile! Ebbene, sta proprio in questo il problema: che così come può pensarlo uno di voi, pur essendo una persona onesta, ci possono essere milioni di altre persone oneste che, pur essendo oneste, non lo fanno, perché si pongono la stessa domanda! Il risultato è che tutti, pur essendo onesti, si comportano come persone non oneste. Bei fessi! Se tutti, nel nostro intimo e nella nostra personale coscienza (come si farebbe quando si dice una preghiera) applichiamo questo principio indipendentemente da come lo fanno gli altri, allora questo effetto sarà controbilanciato.

     Ci sono molti modi per fare politica, anche nel proprio piccolo: ci si può, come dicevo prima, interessare, raccogliere informazioni e non accontentarsi di quello che dicono certi telegiornali; si può entrare a far parte di un’associazione civica che tutela un diritto (come le associazioni antimafia o le associazioni per la tutela dell’acqua come bene comune); ci si può iscrivere a un partito; si possono firmare petizioni o organizzare raccolte firme per i referendum che vogliono istituire o ripristinare dei diritti; si può partecipare a una manifestazione; si può scegliere di votare lo stesso anche se i candidati non ci piacciono, almeno per ridurre la percentuale di voti mafiosi; si può dare il voto senza fare il favore all’amico ma scegliendo il candidato che potenzialmente secondo noi può giovare al maggior numero di persone possibile…

     In un certo senso, vedete, la politica, più che una scelta, è anche una necessità. È necessario fare politica perché essa si occupa di ciò che riguarda tutti. Se tutti ignorano i propri interessi, allora il potere di intervenire sarà nelle mani di pochi che potranno decidere cosa fare di noi a loro piacimento. Se vogliamo mantenere un certo ordine sociale, una certa organizzazione e quindi una certa efficienza a livello di comunità dobbiamo per forza vigilare e impegnarci, anche nelle piccole cose, nella “politica”, nel suo senso vero e più pulito di “tutela e gestione delle questioni che riguardano tutti”. È una forma di impegno molto nobile, molto utile… e arriva ad essere perfino piacevole.

martedì 15 gennaio 2013

Elezioni politiche 2013: i partiti da NON votare. Piccolo manuale dell’elettore consapevole


     Tra 40 giorni gli italiani saranno chiamati alle urne per le elezioni politiche 2013 in cui si deciderà il nuovo governo che guiderà il paese. Per coloro che ancora sono decisi a votare e non sono caduti nella trappola del qualunquismo si prospetta un periodo di forte e urgente responsabilità civile, legata prima di tutto alla necessità di informarsi seriamente sui candidati.
     In campagna elettorale infatti le promesse fioccano, vengono promessi mari e… Monti, inizia ufficialmente il periodo di paraculaggine e intortamento delle menti degli elettori, attraverso quel calibratissimo sistema di autopropaganda che si manifesta in mille modi: dal vestito da indossare sui manifesti, agli slogan legati al simbolo del partito, alle parole chiave da nominare davanti agli elettori-spettatori (che sentono solo poche parole per volta e si annoiano durante le riflessioni), ai programmi televisivi in cui andare o non andare, la spasmodica e deumanizzata ossessione per i sondaggi degni solo di coloro che, come osservava De Gasperi, sono troppo politici e poco statisti, in quanto «Un uomo politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista alla prossima generazione».

     Ebbene, nel bailamme del Venghino, signori, venghino, nel momento della svendita della propria faccia e del proprio didietro dei membri della Casta, sono in molti gli italiani che non hanno capito cosa intendano fare i propri beniamini. Non parlo solo delle promesse fatte e dichiarate, ma anche degli intenti taciuti, delle mosse non confessate. È molto facile indirizzare l’opinione di gente disperata e arrabbiata, frustrata e impaurita, perché chi si trova in questo stato funziona per eccessi di emotività, non esercita la sua capacità di ragionare e giudicare lucidamente, si perde e si lascia andare nel mare capriccioso dell’impressione del momento.
     Proviamo a fare un piccolo riepilogo, con poche parole spicciole, quasi schematiche, almeno di quei grandi partiti di cui occorre secondo me diffidare assolutamente. Esaminiamoli uno per uno, in parole povere.


Lista civica. Con Monti per l’Italia

     Mario Monti, lo abbiamo visto tutti, è la sanguisuga messa in Italia per inaugurare e incentivare l’ondata della politica dell’austerity, quella del “non me ne frega niente di rilanciare il paese, perché faccio parte di un gruppo bancario molto forte che è fallito e deve far pagare alla gente il suo fallimento con la scusa-truffa-bugia del pagamento del debito pubblico”.
     Il suo breve ma intenso governo si è distinto per l’esplicita volontà di svendere i diritti della democrazia italiana al fine di rendere l’Italia un paese ricattabile sotto l’egida della BCE e della egemonia delle banche. Mario Monti non ha mai avuto l’intenzione di risollevare il paese! Il suo menefreghismo socio-economico, la sfacciataggine (sua e di alcuni suoi ministri) con cui ha deliberatamente voltato lo sguardo dai punti morti del nostro paese si sono manifestati in molti modi. Già in alcune sue dichiarazioni questo è chiaro: «La crisi la pagheranno soprattutto i cittadini più deboli perché hanno poco ma sono in tanti». Raggelante e inquietante! Oppure: «I giovani devono abituarsi all’idea che non avranno un posto fisso per tutta la vita… Del resto, diciamoci la verità, che monotonia il posto fisso!». Io non ci dormo la notte, mi fa paura. Ancora: «Non c’è crisi fin quando i negozi sono aperti». Non vi basta? Eccone un’altra: «Lo stato non ha la disponibilità economica per sostenere tutti gli invalidi, loro devono collaborare come gli altri cittadini». E se frasi del genere non vi dimostrassero che non esiste in quest’uomo la volontà di rendere l’Italia autosufficiente, basta guardare alle mosse reali che hanno contraddistinto il suo operato tecnocratico: grazie a Monti la pressione fiscale è salita, il 2012 si è aperto con la tragica stagione degli imprenditori morti suicidi per il fallimento delle loro aziende, il precariato è stato incentivato e i diritti dei lavoratori sono stati ulteriormente cancellati con l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto del lavoratori ad opera di quella faccia da schiaffi di Elsa “lacrime-di-coccodrillo” Fornero, il potere d’acquisto è calato, il PIL è CROLLATO, il debito pubblico ha superato i 2000 miliardi di euro e nemmeno più avere la casa di proprietà rappresenta oggi una sicurezza perché la tassa sulla casa grava enormemente sulla sicurezza economica anche di coloro che hanno un lavoro stabile.
     Come se non bastasse Monti è l’uomo del gruppo Bilderberg e della Goldman Sachs, gruppi che detengono il potere monetario in tutta Europa, che decidono a tavolino cosa fare nei governi prima che i governi si formino e che vogliono assoggettare e mettere sotto ricatto i paesi dell’Eurozona per creare la loro egemonia finanziaria. Una truffa smascherata in tutto il mondo ma che sembra non interessare alla gente!
     Ecco perché in Europa vogliono ancora Monti. E in Italia ci sono interessi per farlo tornare! Ora finge il teatrino-battibecco con Berlusconi, che lo ha appoggiato in toto in tutti questi mesi! Mario Monti non ha la credibilità per governare questo paese! Non ha il curriculum giusto nemmeno per presentarsi alle elezioni! Come ha osservato Daniel Estulin, Monti andrebbe addirittura arrestato!




Partito Democratico

     C’era una volta in Italia la Sinistra, c’erano una volta la tutela dei lavoratori, le lotte sindacali e quelle per la giustizia sociale. C’era… La sinistra impersonificata dal Partito Democratico di Pierluigi Bersani è una delle forme di tradimento più mortificanti che un’ideologia politica abbia mai vissuto. La disinvoltura con cui il candidato premier del centro-sinistra si sta dimostrando in questi giorni (ma anche negli ultimi mesi) disposto ad assecondare le linee del metodo Monti hanno dell’incredibile! Ammette praticamente alla luce del sole che si dice disposto ad allearsi con Monti, qualora non si avesse la maggioranza assoluta in Parlamento (e ce lo propineranno con la solita ricetta del “lo facciamo per il bene del paese: è necessario!”), ha dichiarato di essere d’accordo sull’abolizione dell’articolo 18 voluta dal governo Monti (quello che, tanto per ricordarlo, consentiva a un lavoratore licenziato ingiustamente di essere reintegrato sul posto di lavoro) e che non è disposto a tornare sull’argomento. Si era detto perfino disposto ad accogliere nel suo governo gente come la Fornero, e poi non si degna nemmeno di rispondere agli inviti di “incontro” e “confronto” sollevati da gente come Ingroia.
     Bersani rappresenta una fallimentare politica rimasta non solo totalmente incapace in questi anni di fare opposizione alla “moda” politica berlusconiana (mai una proposta di una cavolo di legge sul conflitto di interessi), ma addirittura resasi complice della destra berlusconiana che ha accompagnato in questi anni l’Italia verso la crisi.
     Recentemente, in un’intervista al Washington Post, ha dichiarato, con un paradosso che avrebbe fatto venire i capelli bianchi perfino al filosofo Zenone, che il suo gruppo intende confermare le politiche di austerità… ma accompagnandole a politiche di crescita! Che è come dire “vorrei tanto mettermi a dieta: ho deciso di mangiare meno pasta… quindi mangerò più Nutella!”. Accompagnare la politica di austerità con politiche di crescita è una contraddizione logica! Anzi: è un’emerita stronzata! La politica di austerità implica per sua stessa natura la negazione delle politiche di crescita! Sono due cose che si escludono a vicenda: e invece il signor Bersani lo propina al pubblico e perfino alla stampa con una naturalezza e una faccia da bronzo che manco se lo si prendesse a schiaffi ci si calmerebbe!
     Il piano di Bersani, qualora vincesse le elezioni, è allearsi con Monti, continuare il progetto di distruzione democratica dei diritti dei lavoratori e di svendita dell’economia italiana al potere delle banche europee. L’ha detto, l’ha dichiarato, lo ha ammesso! Sapete a cosa andate incontro se lo votate!



Il popolo della Libertà

     Sintetizzare sul partito di Berlusconi è davvero difficile, sia perché in quasi venti anni di governo ne sono state fatte davvero tante, sia perché anche volendo scegliere solo poche questioni le magagne e gli imbrogli non si contano. Parliamo dell’uomo più imbarazzante della nostra storia, un imprenditore colluso con la mafia che ha praticamente destituito la democrazia delle sue forme più limpide: le numerose leggi ad personam fatte per agevolare le sue aziende e per cancellare i suoi reati (specie quelli finanziari), le pericolosissime riforme della scuola, firmate Moratti e Gelmini, che hanno dato il primo dolorosissimo affondo al futuro dei giovani nel nostro paese; i suoi capi di imputazione numerosissimi che toccano tutti i temi penali più gravi: la prostituzione, la corruzione, i reati di mafia... Attualmente è condannato in primo grado per frode fiscale. La sua sfacciataggine lo porta addirittura a vantarsi di questi reati: dice che è incredibile che ci si sia accaniti contro di lui in un modo così ossessivo, laddove chiunque dotato di senno, vedendo che un uomo ha tutti quei processi a carico, penserebbe che dev’essere un poco di buono.
     Per anni ha provato a farla franca mandando i suoi processi in prescrizione, sollevando ridicole e imbarazzantissime obiezioni all’azione della Magistratura, si è creato ad hoc dei miti sui suoi avversari per apparire come una vittima e come un martire. Ha usufruito dello scudo fiscale di Tremonti e ha accolto nel suo governo e nelle sue alleanze il peggio del peggio: dai fascisti come La Russa, ai condannati per mafia come Dell’Utri, alle ballerine-letterine svendi-fiche come la Minetti.
     Come se non bastasse ha diseducato completamente la mentalità del popolo italiano imbottendolo delle più futili banalità con le sue reti televisive, che da una parte hanno l’esplicito compito di non far pensare alla gente, con armi di “distrazione” di massa quali Maria De Filippi, Barbara D’Urso, Alfonso Signorini ecc…; dall’altra al momento buono devono fargli propaganda politica, una propaganda spudorata e sleale, fatta senza il minimo contraddittorio, senza nessuno che lo interrompa. Decide lui le domande, decide lui cosa devono chiedergli, decide lui a chi dare spazio e come denigrare gli altri.
     Il suo modo di fare, la sua condotta indecorosa, la sua buffoneria non sono state risparmiate neanche all’estero: è l’uomo che fece la battuta sull’abbronzato ai danni di Obama, che ha fatto le corna nelle foto con i capi esteri stranieri, l’uomo che fece letteralmente impallidire l’intero Parlamento europeo con il teatrino fatto ai danni del deputato Schulz (vedere video sotto).
     Berlusconi è l’uomo che entra in politica per sostituirsi ai politici che gli avevano fatto favori fino a quel momento e che furono destituiti, incarcerati e condannati dallo scandalo Tangentopoli. È l’uomo di cui perfino sua moglie ha detto «Quell’uomo ha problemi: dev’essere aiutato». È l’uomo che, come si legge in sentenze definitive in magistratura, ha avuto collaborazioni con l’ambiente mafioso e rapporti con Riina. È l’uomo che ha fatto parte della loggia P2, ed è soprattutto l’uomo che ha provato a portare a termine il piano di Licio Gelli (esperto in regimi totalitari), che prevedevano l’assoggettamento delle istituzioni statali al capo del premier. A questo proposito non si può non citare la sua aspirazione a realizzare il cosiddetto premierato assoluto, ovvero l’attriubuzione di super funzioni al premier che gli consentano di aggirare tutte le strade di dibattito messe espressamente a garanzia della democrazia dalla nostra Costituzione. Proprio pochi giorni fa si è ripetuto su questo argomento ospite a Servizio pubblico: «L’Italia è un paese ingovernabile!», va ripetendo in giro: secondo lui il premier non ha abbastanza poteri per salvare il pease, è necessario che la Costituzione sia cambiata (ovviamente secondo i suoi comodi) per permettergli di decidere senza obiezioni, senza dover fare i conti con la legge, quella legge che per fortuna pone dei limiti allo strapotere di un solo uomo a capo di un intero paese. Una chimera mostruosa, metà buffone, metà dittatore.
      Questo essere presuntuoso, pieno di sé, che nega l’evidenza e non ammette mai di sbagliare, che ha costruito su di sé un vero e proprio culto della persona degna solo di quella che abbiamo avuto durante il fascismo è inscusabile e ingiustificabile sotto il profilo politico e anche umano. Lo scrittore e giornalista Roberto Saviano, in un articolo del novembre 2011, riassunse molto bene con una parola ciò che i governi Berlusconi hanno rappresentato in questi anni per l’Italia: immobilismo.
     Votarlo significa mettere l’Italia nelle mani dell’uomo che ha volontariamente e deliberatamente ignorato i segnali di allarme della crisi economica che l’intera economia gli ha lanciato dal 2008 in poi. È lui che ha preparato il terreno al nostro paese per farsi inghiottire dalla crisi e non rinuncerà mai alla protezione che la politica gli dà, altrimenti sa che finisce in galera.




     Nuove forze fortunatamente stanno nascendo e alcune di esse sono all’altezza di rappresentare un’alternativa valida. Ci sono gruppi che danno spazio alla società civile, alle persone impegnate, gruppi che sostengono l’esigenza di cambiare e rottamare (come si dice oggi) l’attuale classe politica, sempre la stessa da anni. Ci sono gruppi che avanzano proposte nuove sempre taciute dai grandi partiti “storici”. Dovremmo conservare la capacità di guardare oltre quello che ci viene proposto. Se la politica del nostro paese non viene messa in mano a gente diversa da quella che ha rubato e spadroneggiato per tutti questi anni, i primi colpevoli del declino del nostro paese saremo noi! E i tempi che verranno saranno davvero neri!

venerdì 11 gennaio 2013

Saluto a Mariangela Melato, la “Signora del Teatro”


     È deceduta oggi 11 gennaio 2013 a Roma la grande attrice Mariangela Melato, la “Signora del Teatro”.


Grazie, Mariangela!


Mariangela Melato
(Milano, 19 settembre 1941  Roma11 gennaio 2013)


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mercoledì 9 gennaio 2013

Scripta manent, n. 16 – Prima il volere, poi il piacere


     In tempi come questi, in cui la gente si abbandona a se stessa e si lascia marcire nellapatia del disinteresse sociale e culturale, fa sempre bene rispolverare e riscoprire autori come Erich Fromm. E io ve lo voglio appunto riproporre qui, attraverso un piccolo accenno della riflessione che egli fa nella prefazione di Avere o essere?, dove esamina i vari pregiudizi legati alla cosiddetta “Grande Promessa”, ovvero alla presunzione dell’uomo nata dopo la grande rivoluzione industriale di poter creare una società piena di benefici per tutti senza limiti. Questo sistema, dice Fromm, ha promesso una cosa non solo irrealizzabile, ma addirittura dannosa, perché spinge la gente ad amare valori e comportamenti che invece danneggiano la natura umana, creando una società di individui depressi, tristi, arrabbiati e non in contatti con se stessi e con gli altri. Fromm passa attraverso l’esame di punti morti del sistema economico contemporaneo, aiutandoci a capire, prima ancora di cosa fare, cosa non fare, cosa non desiderare e ciò a cui non aspirare per poter essere felici. Una vera e propria guida spirituale, le cui riflessioni dovrebbero rappresentare l’ABC della vita interiore di ognuno di noi per imparare a prenderci cura di noi stessi in un modo meno malato.


     La Grande Promessa di Progresso Illimitato – vale a dire la promessa del dominio sulla natura, di abbondanza materiale, della massima felicità per il massimo numero di persone e di illimitata libertà personale – ha sorretto le speranze e la fede delle generazioni che si sono succedute a partire dall’inizio dell’era industriale. Indubbiamente, la nostra civiltà ha avuto esordio quando la specie umana ha cominciato a esercitare attivamente il controllo sulla natura; ma tale controllo è rimasto limitato fino all’avvento definitivo dell’era industriale stessa. Grazie al progresso industriale, cioè al processo che ha portato alla sostituzione dell’energia animale e umana con l’energia dapprima meccanica e quindi nucleare e alla sostituzione della mente umana con il calcolatore elettronico, abbiamo potuto credere di essere sulla strada che porta a una produzione illimitata e quindi a illimitati consumi; che la tecnica ci avesse resi onnipotenti e la scienza onniscienti; che fossimo insomma sul punto di diventare dei, superuomini capaci di creare un mondo “secondo”, servendoci del mondo naturale soltanto come di una serie di elementi di costruzione per edificarne uno nuovo.

[…]

     L’imponenza della Grande Promessa, le stupende realizzazioni materiali e intellettuali dell’era industriale devono essere tenute ben presenti se si vuole capire l’entità del trauma che oggi è prodotto dalla constatazione del suo fallimento. È infatti innegabile che l’era industriale non sia riuscita a esaudire la Grande Promessa, e un numero sempre crescente di persone sta oggi rendendosi conto di quanto segue:

  • La soddisfazione illimitata di tutti i desideri non comporta il vivere bene, né è la strada per raggiungere la felicità o anche soltanto il massimo piacere.
  • Il sogno di essere padroni assoluti delle nostre esistenze ha avuto fine quando abbiamo cominciato ad aprire gli occhi e a renderci conto che siamo tutti divenuti ingranaggi della macchina burocratica, e che i nostri pensieri, i nostri sentimenti e i nostri gusti sono manipolati dai governi, dall’industria e dai mezzi di comunicazione di massa controllati dagli uni e dall’altra.
  • ll progresso economico è rimasto limitato ai paesi ricchi, e il divario tra nazioni ricche e nazioni povere si è più che mai ampliato.
  • Lo stesso progresso tecnico ha avuto come conseguenza il manifestarsi di pericoli per l’ambiente e di rischi di conflitti nucleari, e sia gli uni sia gli altri, agendo isolatamente o insieme, possono mettere fine all’intera civiltà e forse anche a ogni forma di vita.

[…]

     Il fallimento della Grande Promessa, a parte le contraddizioni economiche di fondo dell’industrializzazione, è intimamente connesso al sistema industriale in ragione dei due principali presupposti psicologici della Grande Promessa stessa: 1. che lo scopo della vità sia la felicità, vale a dire il massimo piacere, inteso quale soddisfazione di ogni desiderio o bisogno soggettivo che una persona possa avere (edonismo radicale); 2. che l’egotismo, l’egoismo e l’avidità, che il sistema non può fare a meno di  generare per poter funzionare, conducono all’armonia e alla pace.

[…]
     Nessuno degli altri grandi Maestri ha insegnato che l’esistenza effettiva di un desiderio costituisce una norma etica. Il loro interesse andava al modo ottimale di “vivere bene” per l’umanità, e il nucleo essenziale del loro pensiero va ricercato nella distinzione tra quei bisogni (desideri) che sono avvertiti solo soggettivamente e la cui soddisfazione comporta un piacere momentaneo, e quei bisogni che sono radicati nella natura umana e la cui soddisfazione comporta uno sviluppo dell’Uomo  e ha per effetto l’eudaimonia, vale a dire appunto il “vivere bene”. In altre parole, i grandi Maestri avevano di mira la distinzione tra bisogni avvertiti come puramente soggettivi e bisogni oggettivamente validi, considerando i primi almeno in parte dannosi allo sviluppo umano e i secondi invece in accordo con le esigenze della natura umana.

Erich Fromm, Avere o essere?, Prefazione