lunedì 30 dicembre 2013

Scripta manent, n. 18 – «Ciascuno cresce solo se è sognato»

     Mi piace chiudere il 2013 con un pensiero di Danilo Dolci, uno di quei pochi artisti che hanno unito alla loro contemplazione “teorica” anche l’azione concreta, impegnandosi in prima persona nelle attività da lui descritte. Famoso attivista e propagatore della non-violenza, sensibile ai temi della malavita organizzata, Dolci ha lasciato un bellissimo retaggio nella sua concezione dell’insegnamento e dell’educazione. Propongo qui dei versi in cui esemplifica questa concezione, poiché li annovero tra le cose di cui la nostra cultura ha più bisogno per depurarsi dalle contraddizioni e dalle resistenze interne al miglioramento che caratterizzano di più il modo di pensare “all’italiana”.


C’è chi insegna
guidando gli altri come cavalli
passo per passo:
forse c’è chi si sente soddisfatto
così guidato.

C’è chi insegna lodando
quanto trova di buono e divertendo:
c’è pure chi si sente soddisfatto
essendo incoraggiato. 

C’è pure chi educa, senza nascondere
l’assurdo ch’è nel mondo, aperto ad ogni
sviluppo ma cercando
d’essere franco all'altro come a sé,
sognando gli altri come ora non sono:
ciascuno cresce solo se sognato.


Danilo Dolci, Ciascuno cresce solo se sognato




sabato 14 dicembre 2013

Governo, ora tutti i figli sono uguali: passa il decreto sulla filiazione. Ecco cosa cambia

     Ieri il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto che in sostanza riforma la filiazione, eliminando tutte le differenze di inquadramento e trattamento giuridico nei confronti dei figli, indipendentemente se essi siano legittimi (cioè nati nel matrimonio), naturali (nati fuori dal matrimonio) o adottati.

     Il tema ha avuto una considerevole evoluzione nel tempo. La legge in principio dava rilevanza solamente ai figli legittimi, poiché il solo tipo di famiglia riconosciuto era quella nata con il matrimonio (religioso o civile) e lo Stato riconosceva solo ai suoi membri la tutela dei diritti; anzi, fino a qualche decennio fa essere genitore di un figlio senza che uno o entrambi i coniugi non fossero sposati era considerato nel nostro paese un fattore di disonore e di onta: non a caso tali figli venivano chiamati “bastardi” o “illegittimi”.
     Col tempo invece, e grazie anche all’introduzione del divorzio nel nostro paese (1970), il vincolo della sacralità della famiglia ha cominciato a essere un po’ meno rilevante nei costumi: prima del divorzio chi si sposava sapeva di dover accettare il matrimonio tutta la vita, nel bene o nel male e ci pensava un bel po’ prima di fare il passo; oggi invece le coppie prendono la scelta di sposarsi con un po’ più di leggerezza e infatti il numero di separazioni e divorzi è enormemente aumentato, intasando gli studi dei matrimonialisti. In particolare, si è sviluppata la cosiddetta coppia di fatto, ovvero una coppia che condivide uno stesso tetto e che si comporta more uxorio, senza però aver suggellato la comunanza di vita con l’istituto matrimoniale: oggi non sorprende più che in un contesto del genere possano nascere anche dei figli e, naturalmente, la sensibilità attuale e una maggiore apertura dei valori culturali tipici del nostro tempo non potrebbero permettere che queste “categorie” di figli restino non tutelate solo perché sono state messe al mondo fuori dal matrimonio. Dicasi lo stesso per i figli adulterini, nati da tradimenti o anche accidentalmente da coppie che non abbiano poi ricorso a matrimoni riparatori. In tutti questi casi è comunque necessario che l’ordinamento offra garanzie e difenda i diritti di questi nuovi esseri umani: ecco perché da qualche anno molte correnti della dottrina giurisprudenziale hanno fatto pressioni per indirizzare l’operato del Parlamento affinché adattasse le norme giuridiche ai diversi costumi in vigore nella nostra società: il risultato è stato un progressivo riconoscimento dei diritti per quei soggetti che hanno una comunanza di vita e di affetti pur non essendo sposati e i figli rappresentano una parte importantissima di questa nuova categoria sociale.

     Fino a qualche mese fa nei codici permanevano gli ultimi strascichi dell’antico modo di guardare ai figli, tant’è che si leggevano distinzioni tra figli “legittimi” e figli “naturali”. Quest’estate il premier Letta aveva preannunciato la prossima approvazione di un decreto che modificasse questo modo di vedere la filiazione e la “aggiornasse”, eliminando ogni discriminazione tra le tipologie suddette, garantendo gli stessi identici diritti a tutti i figli, indipendentemente da come sia nato il loro rapporto di filiazionei. In particolare, il 12 luglio scorso era stato approvato lo schema del decreto che aspettava di essere confermato.

     Il decreto che riforma la filiazione è stato approvato ieri e reca alcune novità. Vediamo quali sono le principali, oltre quella già citata dell’equiparazione sul piano giuridico tra tutte le categorie di figli (principio dell’unicità dello status di figlio).
  • Introduzione del concetto di responsabilità genitoriale: è una nuova dicitura, con carattere più ampio, che sostituisce e completa la vecchia “potestà genitoriale”, ovvero il potere di esercitare i doveri nei confronti dei propri figli;
  • Equiparazione dell’adozione per i minorenni: se un figlio minorenne viene adottato pienamente, esso è riconosciuto dall’ordinamento italiano come facente parte della famiglia come se fosse nato all’interno del matrimonio. Questo riconoscimento non vale se il figlio adottato ha già acquisito la maggiore età al momento dell’adozione.
  • Ascolto del minore nei processi che lo riguardano: nell’interesse del minore, la giurisprudenza dovrà ora tenere conto anche dei pensieri e dei sentimenti dello stesso nei procedimenti giudiziari che lo riguardano, a patto però che il minore dimostri capacità di discernimento. L’ascolto del minore era già previsto dalla legge nel caso di giudizi di separazione o divorzio.
  • Nuova prescrizione per il disconoscimento della paternità: disconoscere la paternità significa rinunciare a riconoscere un figlio come proprio, liberandosi quindi da tutti i doveri genitoriali nei suoi confronti, se dovesse essere provato che non esiste tra il figlio e il padre alcun rapporto di parentela (per esempio se ad un uomo viene fatto credere di essere il padre di un figlio che la donna ha invece concepito in modo adulterino). Questo istituto tutela il coniuge raggirato: ora chi volesse disconoscere la paternità di un figlio deve farlo non oltre 5 anni dalla nascita di quest’ultimo.
  • Diritti di successione: i figli nati fuori dal matrimonio hanno un termine di prescrizione di 10 anni per accettare l’eredità che spetterebbe loro.
  • Legittimazione degli ascendenti: i nonni ora hanno il diritto di mantenere rapporti significativi con i figli, un diritto prima riservato esclusivamente ai genitori nei casi in cui la famiglia fosse stata divisa da sentenza di separazione o di divorzio.
  • Abbandono: con l’introduzione della nozione di abbandono, i Tribunali dei minori hanno il dovere di segnalare ai Comuni i casi di maggiore indigenza dei nuclei familiari più a rischio.

     
Il premier Enrico Letta in Consiglio dei Ministri annuncia
l'imminente approvazione del decreto sulla riforma della
filiazione.
La Commissione istituita dal CdM è stata presieduta da Cesare Massimo Bianca; la norma implica diverse novità per la vita delle persone. In particolare, la figura del minore riceverà una attenzione maggiore, essendo la parte più “debole” del nucleo familiare, specie di quello che si disfa per crisi coniugale. Si annovera quindi la riforma della filiazione nell’ambito della Riforma del diritto di famiglia operata nel 1975. Il decreto si iscrive anche nell’ambito più generale della riforma operata dalla legge n. 219 del 10 dicembre 2012 (Disposizioni in materia di riconoscimento di figli naturali), che all’articolo 2 delegava espressamente il Governo ad adottare per decreto dei provvedimenti entro un anno dalla sua entrata in vigore che rispettassero i principi di riforma della filiazione naturale.


mercoledì 4 dicembre 2013

Addio Porcellum: la Consulta dichiara incostituzionale la “porcata” di Calderoli

Roberto Calderoli (Lega), 
autore
del Porcellum.
     Più di un tentativo, più di un ricorso era stato fatto in passato, ma mai si era riusciti a mettere il timbro di “incostituzionale” sul Porcellum, nome con cui è nota la legge elettorale 270 del 2006 pensata da Roberto Calderoli (Lega Nord), allora Ministro delle Riforme sotto il governo Berlusconi III. Lo stesso Calderoli ha definito in un’intervista quella legge «una porcata»: questo obbrobrio legislativo fu infatti fortemente voluto da Silvio Berlusconi, che tutt’ora la difende strenuamente, nonostante sia ormai riconosciuta da tutti (anche dai suoi alleati ed ex alleati) la sua natura deplorevole. Oggi, però, la Corte costituzionale si è finalmente pronunciata al riguardo:
La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme della legge n. 270/2005 che prevedono l’assegnazione di un premio di maggioranza – sia per la Camera dei Deputati che per il Senato della Repubblica – alla lista o alla coalizione di liste che abbiano ottenuto il maggior numero di voti e che non abbiano conseguito, almeno, alla Camera, 340 seggi e, al Senato, il 55% dei seggi assegnati a ciascuna Regione.
La Corte ha altresì dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme che stabiliscono la presentazione di liste elettorali “bloccate”, nella parte in cui non consentono all’elettore di esprimere una preferenza.
Le motivazioni saranno rese note con la pubblicazione della sentenza, che avrà luogo nelle prossime settimane e dalla quale dipende la decorrenza dei relativi effetti giuridici. Resta fermo che il Parlamento può sempre approvare nuove leggi elettorali, secondo le proprie scelte politiche, nel rispetto dei principi costituzionali.
     Il ricorso di incostituzionalità, sollevato per la prima volta dall’avvocato Aldo Bozzi nel 2009, che reclamò in tribunale di essere stato leso nel suo diritto di voto nelle elezioni successive all’entrata in vigore, è finalmente approdato alla Consulta, che è l’organo che decide se una legge è conforme o meno alla legge fondamentale dello Stato, ovvero alla Costituzione. In particolare si “accusavano” le parti di quella legge che descrivono le modalità di fissazione del premio di maggioranza (ovvero un insieme di seggi parlamentari assegnati al partito che ottiene una certa percentuale di voti, che nel Porcellum è decisamente abnorme) e delle liste bloccate (ovvero dell’impossibilità degli elettori di eleggere i propri rappresentanti, lasciando questa decisione ai partiti).

     La Corte costituzionale renderà note le motivazioni della sentenza tra qualche settimana: da quel momento la sentenza sarà vigente. Fino ad allora, come precisato dal comunicato citato sopra, il Parlamento avrebbe la possibilità di correggere le parti dichiarate incostituzionali. Oppure di presentare un nuovo testo di legge. Il Parlamento è infatti il solo organo che può legiferare.

     Cosa accadrà fino al momento in cui l’attesa scadrà? La Consulta ha lasciato chiaramente intendere alle Camere di dover intervenire in maniera diretta, ma secondo altri, se non ci saranno interventi, si ritornerebbe immediatamente alla legge elettorale precedente al Porcellum, il cosiddetto Mattarellum. E proprio con il Mattarellum – meglio di niente! – Beppe Grillo spera di andare a votare ora che questi «figli illegittimi della Repubblica» non hanno più alibi. Infatti tutti i parlamentari eletti dal 2006, compreso il Presidente della Repubblica – eletto da quei parlamentari – sono illegittimi, abusivi, contro la legge. Non dovrebbero stare lì perché la legge con cui sono stati eletti non era valida. Anche questo è un altro bel paradosso tutto italiano.
     Una terza ipotesi è che si passi automaticamente al Mattarellum, ma solo per cominciare a lavorare su un testo di legge nuovo: infatti non può esistere un vuoto legislativo, una legge deve esserci, per quanto brutta sia.

     Vale la pena di ricordare che la riforma della legge elettorale era uno dei tanti provvedimenti urgentissimi e improrogabili che Napolitano aveva imposto come condicio sine qua non al governo Letta quando nacquero le larghe intese: era una cosa da farsi subito, magari in estate, ma non sono bastati otto anni di rinvii e mancanza di volontà e accordi tra le forze politiche. Anche Letta si è accodato a questa abitudine infarcita di volontaria strafottenza, senza che la questione Porcellum fosse mai nemmeno portata in aula.
     Ora però il premier sarà costretto ad affrontare la cosa: e in questo grande rilevanza avranno le primarie del Pd, perché Letta si troverà a dover collaborare con il futuro segretario dei democratici al fine di avere i numeri per far passare una riforma elettorale. E poiché il candidato che più piace agli italiani è Matteo Renzi (che già spinge per una legge elettorale che gli assicuri una solida posizione), è molto probabile che i due stiano già mettendosi d’accordo, anche se formalmente Letta smentisce perché dice di voler attendere l’elezione del segretario Pd. Il tema della legge elettorale è un bocconcino troppo gustoso per le campagne elettorali e Renzi non se lo lascerebbe mai scappare.

     Tutto è comunque ancora da definire: bisognerà vedere cosa deciderà il Parlamento, con chi si accorderà Letta e quando potremo andare a votare di nuovo. Per ora l’importante è che sia scritto nero su bianco che il Porcellum deve essere abolito. Un piccolo passo, che suona come gran cosa nel nostro povero e disgraziato paese.

Intervista di Calderoli dopo la pronuncia della Corte costituzionale



Intervento di Grillo sul suo blog in seguito alla pronuncia