lunedì 31 dicembre 2012

Saluto a Rita Levi Montalcini, 103 anni di Scienza


     Nell’ultimo post di quest’anno voglio chiudere con una notizia di poche ore fa che interesserà tutti gli amanti della scienza e, forse, non solo.
     È deceduta ieri, 30 dicembre 2012, a Roma, Rita Levi Montalcini, la neurologa italiana insignita del Premio Nobel per la Medicina nel 1986 per aver scoperto negli anni ’50 del ’900 il cosiddetto NGF (Nerve growth factor), ovvero il fattore di crescita neuronale. Aveva l’invidiabile età di 103 anni.

La consegna del Premio Nobel (assieme a Stanley Cohen)


     Questa curiosa scienziata, spesso scherzosamente associata a Maria Montessori presente sulla banconota da 1000 lire, dal look fortemente ispirato alla belle époque di inizio ’900, con quell’espressione sempre un po’ sorridente e che usava tenersi le tempie con le dita, ci ha fatto dono di una scoperta che ha permesso di identificare una famiglia di molecole che stanno alla base dello sviluppo delle cellule del sistema nervoso. Si tratta di un risultato straordinario non solo per la comprensione di quello che nel mondo animale è il sistema più complesso ed affascinante, ma anche e soprattutto per le implicazioni terapeutiche che ne sono derivate. Esistono infatti molti disturbi del sistema nervoso (come la sclerosi multipla o il morbo di Alzheimer) in cui le cellule nervose non crescono più o vengono lese: i fattori di crescita neuronali sono appunto uno dei più forti punti di indagine per curare questi disturbi.


     Rita Levi Montalcini è stata insignita di un gran numero di onoreficenze, compresa quella di senatrice a vita della Repubblica italiana, nel 2001. È autrice di un enorme numero di saggi a carattere scientifico ed etico e ha fondato delle associazioni di ricerca per il sostegno della scienza e per la tutela dei giovani studenti.
     Ha sempre creduto fortemente nella ricerca e ha fatto della curiosità il suo stile di vita come scienziata e come donna. Ha sostenuto dibattiti su molte tematiche, tra cui il rapporto tra la scienza e la tecnologia, o lo sviluppo e la crescita delle nuove generazioni o la battaglia contro le mine anti-uomo.
     Atea, così fine nei modi e nel parlare, questa donna straordinaria ha visto passare davanti a sé le forti trasformazioni di oltre un secolo di vita, accumulando un’esperienza invidiabile. Ha devoluto parte dei proventi del suo Premio Nobel alla Comunità ebraica di Roma.



     Rita ha scelto di andarsene assieme a questo 2012 così tumultuoso, fatto di rivelazioni sconvolgenti e di crisi economica. Credo che sia stato un bene per una donna che ha dato così tanto congedarsi da un mondo che non le ha reso affatto grazie del merito che ha avuto, un mondo ingrato che lei, nonostante tutto, ha provato in molti modi a migliorare.

     Grazie, Rita!

  
«Ho perso un po’ la vista, molto l’udito. Alle conferenze non vedo le proiezioni e non sento bene. Ma penso più adesso di quando avevo vent’anni. Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente!»

(Rita Levi Montalcini)

giovedì 20 dicembre 2012

Il “Cavaliere” oscuro: il ritorno… ma non è Batman


     Eh, no. Purtroppo non è il Batman di Nolan il “Cavaliere” che ritorna. È l’altro, quello “cattivo”, più subdolo… e anche più basso. Silvio Berlusconi ha nei giorni scorsi annunciato la sua ufficiale ridiscesa in campo. L’annuncio è arrivato dopo una serie di lunatiche e contraddittorie dichiarazioni che cambiavano e ricambiavano all’ordine del giorno: a partire dal 12 novembre 2011, infatti, quando Berlusconi ha “fatto un passo indietro” dando le sue dimissioni affinché la dittatura tecnocratica del governo Monti si prendesse le impopolarità che sarebbero toccate a lui, il Cavaliere ha cambiato più volte idea sull’ipotesi di ricandidarsi in politica, con una volubilità degna nemmeno di una pazza isterica.

     Avrebbe prima dichiarato di doversi “fare da parte per il bene del paese”, poi è scattato il progetto dell’ascesa del suo delfino Alfano, che avrebbe dovuto ereditare il suo trono («È ora di Alfano»), poi arriva la puntuale smentita («Non ho mai detto che Alfano sarà il mio erede»), poi ancora va in TV con il suo messaggio di commiato lo scorso 15 ottobre dove dice che “bisogna fare largo ai giovani” e che non avrebbe ripresentato la sua candidatura (la dichiarazione arrivava poche ore prima della sua condanna in primo grado a 4 anni di reclusione per il processo Mediaset), quindi, alfine, questo vecchietto lunatico che ha fatto il bello e il cattivo tempo anche con Monti, ora attaccandolo, ora appoggiandolo, ha deciso che solo il ricordo (deformato e plagiante) che i vecchi fedeli hanno di lui avrebbe potuto risollevare un po’ il PDL nei sondaggi.

     Ed eccolo, dunque, lanciare l’ordine tassativo dalla villa di Arcore: «Dobbiamo saturare la TV prima che scatti la par condicio». E la par condicio, lo sappiamo, non è mai piaciuta a Berlusconi, lui che non è proprio abituato ad avere una controparte nei dibattiti, lui che ama troppo dominare la scena da solo, senza nessuno che lo possa contraddire.
     E la bulimia catodica (come l’avrebbe chiamata Luttazzi) è già cominciata: una serie di appuntamenti mediatici il cui obiettivo è quello di bombardare senza pietà e senza tregua tutte le reti televisive con la sua massiccia presenza, Mediaset e non. L’atteggiamento tipico di un disperato, un piazzista che raschia ormai il fondo e che ricorre ai (soliti) trucchi che lo lanciarono un tempo pur di arraffare quanti più punti possibili nei sondaggi.

     Proprio a Domenica Live, lo scorso 16 dicembre, Berlusconi è rimasto in video per quasi un’ora e mezza in una farsa vergognosa che di fatto si è ridotta a un indisturbato monologo, una auto-intervista fatta senza il minimo contraddittorio, di fronte a una Barbara D’urso che, non essendo nemmeno una giornalista, l’ha praticamente lasciato parlare senza rivolgergli nemmeno una domanda degna di questo nome, anzi, accondiscendendo alle richieste dell’“intervistato” che chiedeva nei fuori onda «Mi domandi anche...», una vicenda che ha sollevato molto sdegno e tante polemiche per la spudoratezza con cui è stata condotta. Topici i temi trattati in quel giorno, tutti segni ineluttabili del suo declino: la solita lotta alla magistratura, la solita lotta ai comunisti, la solita urgenza di riformare la Costituzione (questa brutta e comunistissima Costituzione), l’apologia del premierato assoluto per dare più poteri al premier che ora non ci sono, le solite promesse per comprare gli elettori («Vi tolgo l’Imu!!!»)… e anche la nuova fidanzata!

     Ma il mangiatutto mediatica non si ferma qui: altri appuntamenti sono a Quinta colonna da quel simpaticone di Paolo Del Debbio che, quando ti lascia parlare, pare ti faccia un favore, e dove ha presentato il nuovo “patto del parlamentare”, con cui promette che i parlamentari, per esempio, non potranno presentare più di due candidature e che verranno ridotti in numero ecc…; a Porta a porta dal fido Bruno Vespa (presso cui in passato ha vantato il famoso “patto con gli italiani”, patto, tra l’altro, firmato da solo e senza manco rispettarlo… devono proprio piacergli i patti!); non dimentichiamo poi la seconda capatina a Mediaset a Pomeriggio cinque, poi s’è presentato a Radio anch’io e mettiamoci anche l’incontro previsto domenica a Domenica In – L’arena di Giletti, e ancora su La7 a In onda, da Talese e Porro… Sono previsti altri incontri, tra cui uno anche con Michele Santoro, a Servizio pubblico, sperando che riesca a mantenere il contegno e a rispondere davvero alle domande, contrariamente a quanto ha fatto in passato, quando pretendeva “garanzie” per poter sottoporsi a un’intervista (traduzione: se mi fate domande scomode non vengo!)…

     La legge prevede che la par condicio scatti 45 giorni prima della data delle elezioni. E la data delle elezioni era stata fissata il 17 febbraio: con queste condizioni Berlusconi avrebbe avuto di tempo solo fino al 4 gennaio per poter invadere le reti televisive senza essere contraddetto. Quindi il colpo da maestro: si fanno pressioni sui vertici ed ecco che, col beneplacito di Napolitano, la data scivola al 24 febbraio… e Silvio guadagna una settimana di tempo per ammaliare gli elettori renitenti a rinnovargli la fiducia.

     Ora, diciamoci una cosa tra di noi. Parlo a coloro che hanno ancora un residuo di buon senso e che non hanno ancora “scelto” di appoggiare quest’uomo in via definitiva: gli sono state date innumerevoli occasioni, negli ultimi vent’anni ha governato quasi sempre lui, nel frattempo sono state rubate alla nostra democrazia importantissime conquiste: le riforme della scuola e dell’università (firmate Moratti e Gelmini) hanno impoverito gli istituti e distrutto la ricerca; la sanità sta diventando sempre più a pagamento e continuando così solo chi è ricco potrà permettersi di farsi curare; il mercato del lavoro è crollato, la disoccupazione dilaga, i giovani non possono progettare una vita propria perché non hanno le imprescindibili certezze su cui rendersi indipendenti; la lotta alla mafia è stata ostacolata e ci sono voluti vent’anni per cominciare il processo sulla trattativa che dovrebbe condannare i politici che cercarono l’aiuto dei mafiosi. Nel frattempo molte leggi sono state cambiate, sono stati depenalizzati molti reati che Berlusconi aveva commesso o sapeva di voler commettere, altri processi sono stati fatti cadere in prescrizione (e, lo ribadisco, la prescrizione è solo la rinuncia al processo, non è una sentenza di innocenza); per non parlare poi delle questioni e degli scandali “minori”, ultimo il processo Ruby dove le accuse sono prostituzione minorile e concussione…

     Faccio appello, nel mio piccolo, alle persone che riescono ancora a fare un ragionamento, che non sono plagiate e che non hanno pregiudizi che impediscono loro di considerare altre vie: vi sembra più probabile che un individuo del genere possa giovare al nostro paese, che sia davvero innocente dal numero enorme di questioni giudiziarie in cui è coinvolto (numero di cui si vanta tra l’altro!), oppure credete che sia più probabile che voglia ricorrere ancora al potere per rendersi immune dalla sorte che la giustizia gli riserverebbe? Parliamo di un uomo che in assoluto più di tutti si è dato alla delinquenza collezionando un numero enorme di reati: falso in bilancio, corruzione giudiziaria, corruzione in atti giudiziari, falsa testimonianza, violazione delle leggi anti-trust, tangenti alla Guardia di Finanza, frode fiscale, appropriazione indebita, abuso d’ufficio, diffamazione, concorso esterno in associazione mafiosa (il suo amico e braccio destro Dell’Utri è stato condannato per lo stesso reato), traffico di droga, concorso in strage (le stragi mafiose del 1992-93) ecc…
     Abbiate il coraggio di cercare l’alternativa. Nuovi movimenti stanno nascendo, prendetevi il disturbo di informarvi e di guardare anche altro; ci sono nuovi volti… Comunque scegliate, non cadete nelle trappole retoriche e nelle forme di propaganda ingannevole, non credete alle promesse di chi ha già mentito, non fatevi ammaliare dai progetti grandiosi e non fatevi comprare in alcun modo. Il nostro paese sta morendo ed è anche colpa nostra. Non dobbiamo ripetere gli stessi sbagli! Non scegliete il non-Berlusconi e non scegliete nemmeno il non-Monti: quando si sceglie, si devono valutare gli interessi che possono essere apportati al paese, ovvero al maggior numero di persone possibili. Bisogna informarsi sui candidati, vedere che passato hanno e valutare se diffidare o no di loro: abbiamo i mezzi per farlo anche da soli, lontani dai TG parziali e dai giornali leccaculo.

lunedì 3 dicembre 2012

Contro la dittatura della finanza. È etico pagare il debito?

     Voglio lasciare una lucida e chiara riflessione di Alex Zanotelli sulle contraddizioni e le bugie legate allo spauracchio del debito pubblico. Si tratta di informazioni forse note a qualcuno, ma di certo i più ignorano le dinamiche qui presentate. Ritengo un sacrosanto dovere morale informarsi su queste cose che ci toccano sempre molto più di quanto siamo disposti a voler capire.


Ho riflettuto a lungo come cristiano e come missionario, nonché come cittadino, sulla crisi economico-finanziaria che stiamo attraversando, e sono riandato alla riflessione che noi missionari avevamo fatto sul debito dei paesi impoveriti del Sud. Per noi i debiti del Sud del mondo erano “odiosi” e “illegittimi” perché contratti da regimi dittatoriali per l’acquisto di armi o per progetti faraonici, non certo a favore della gente. E quindi non si dovevano pagare! «È immorale per noi paesi impoveriti pagare il debito», così affermava Nyerere, il “padre della patria” della Tanzania, in una conferenza che ho ascoltato nel 1989 a Nairobi  (Kenya). «Quel debito», spiegava Nyerere «non lo pagava il governo della Tanzania, ma il popolo tanzaniano con mancanza di scuole e ospedali». La nota economista inglese N. Hertz nel suo studio Pianeta in debito, affermava che buona parte del debito del Sud del mondo era illegittimo e odioso.

Perché abbiamo ora paura di applicare gli stessi parametri al debito della Grecia o dell’Italia? Nel 1980 il debito pubblico italiano era di 114 miliardi di euro, nel 1996 era salito a 1.150 miliardi di euro ed oggi a quasi duemila miliardi di euro. «Dal 1980 ad oggi gli interessi sul debito», afferma F. Gesualdi «hanno richiesto un esborso in interesse pari a 2.141 miliardi di euro!» Lo stesso è avvenuto nel Sud del mondo. Dal 1999 al 2004 i paesi del Sud  hanno rimborsato in media 81 miliardi di dollari in più di quanto non ne  avessero ricevuto sotto forma di nuovi prestiti.

È la finanziarizzazione dell’economia che ha creato quella “bolla finanziaria” dell’attuale crisi. Una crisi scoppiata nel 2007-08 negli USA con il fallimento delle grandi banche, dalla Goldman Sachs alla Lehman Brothers, e poi si è diffusa in Europa attraverso le banche tedesche che ne sono state i veri agenti, imponendola a paesi come l’Irlanda, la Grecia… «Quello che è successo dal 2008 ad oggi», ha scritto l’economista americano James Galbraith «è la più gigantesca truffa della storia».

Purtroppo la colpa di questa truffa delle banche è stata addossata al debito pubblico dei governi allo scopo di imporci politiche di austerità e conseguente svendita del patrimonio pubblico. Queste politiche sono state imposte all’Unione Europea dal “Fiscal Compact” o Patto Fiscale, firmato il 2 marzo 2012 da 25 dei 27 capi di Stato della UE. Con il Fiscal Compact  si rendono permanenti i piani di austerità che mirano a tagliare  salari, stipendi, pensioni, a intaccare il diritto al lavoro, a privatizzare i beni comuni. Per di più impone il pareggio in bilancio negli ordinamenti nazionali. I governi nazionali dovranno così attuare, nelle politiche di bilancio, le decisioni del Consiglio Europeo, della Commissione Europea e soprattutto della Banca Centrale Europea (BCE) che diventa così il vero potere “politico” della UE. Il potere passa così nelle mani delle banche e dei mercati. La democrazia è cancellata. L’ha affermato la stessa Merkel: «La democrazia deve essere in accordo con il mercato». Siamo in piena dittatura delle banche.

È il potere finanziario che ha imposto come presidente della BCE Mario Draghi, già vicepresidente della Goldman Sachs (fallita nel 2008!) e a capo del governo italiano Mario Monti, consulente della Goldman Sachs e Coca-Cola, nonché membro nei consigli di amministrazione di Generali e Fiat (Monti fa parte anche della Trilaterale e del Club Bilderberg). Nel governo Monti poi molti dei ministri siedono nei consigli di amministrazione dei principali gruppi di affari della Penisola: Passera, ministro dello sviluppo economico, è amministratore delegato di Intesa San Paolo; Fornero, ministro del lavoro, è vicepresidente di Intesa San Paolo; F. Profumo, ministro dell’istruzione, è amministratore di Unicredit Private Bank e di Telecom Italia; P. Gnudi, ministro del Turismo, è amministratore di Unicredit Group; Piero Giarda, incaricato dei Rapporti con il Parlamento, è vicedirettore del Banco Popolare e amministratore di Pirelli. Altro che “governo tecnico”: è la dittatura della finanza!

Infatti sotto la spinta di questo governo delle banche, il Parlamento italiano ha votato il “Patto Fiscale”, il Trattato UE che impone di ridurre il debito pubblico al 60% del PIL in vent’anni. Così dal 2013 al 2032, i governi italiani, di destra o sinistra che siano, dovranno fare manovre economiche di 47-48 miliardi di euro all’anno, per ripagare il debito. «Noi italiani siamo polli in una macchina infernale», commenta giustamente F. Gesualdi «messa a punto dall’oligarchia finanziaria per derubarci dei nostri soldi con la complicità della politica». E ancora più incredibile è il fatto che sia stato proprio il Parlamento, massima istituzione della democrazia, a mettere il sigillo «a una interpretazione del tutto errata della crisi finanziaria, ponendola nell’eccesso di spesa dello Stato, soprattutto della spesa sociale», così pensa L. Gallino. «La crisi, nata dalle banche, è stata mascherata da crisi del debito pubblico».

Il problema non è il debito pubblico (anche se bisogna riflettere per capire perché siamo arrivati a tali cifre!), ma il salvataggio delle banche europee che ci è costato almeno 4mila miliardi di dollari, a detta dello stesso presidente della UE, Barroso (sembra che il salvataggio delle “banche americane” fatto da Obama sia costato su 14mila miliardi di dollari!).

È chiaro che non possiamo accettare né il Patto fiscale della UE, né la sua ratifica fatta dal Parlamento italiano, né la modifica costituzionale dell’articolo 81, perché a pagarne le spese sarà il popolo italiano.

C’è in Europa una nazione che ha scelto un’altra strada: l’Islanda. La nostra stampa non ne parla. L’Islanda pittosto che salvare le banche (non avrebbe neanche potuto farlo, dato che i suoi debiti si erano gonfiati fino a dieci volte del suo PIL!), ha garantito i depositi bancari della gente ed ha lasciato il suo sistema bancario fallire, lasciando l’onere ai creditori del settore piuttosto che ai contribuenti. E la tutela del sistema di welfare, come scudo contro la miseria per i disoccupati, ha contribuito a riportare la nazione dal collasso economico verso la guarigione. È vero che l’Islanda è un piccolo paese ma può aiutarci a trovare una strada per tentare di uscire dalla dittatura delle banche.
Per questo suggeriamo alcune piste per una seria riflessione e conseguente azione:
  1. Richiesta di una moratoria per il pagamento del debito pubblico;
  2. Indagine popolare (audit) sulla formazione del nostro debito pubblico allo scopo di annullare la parte illegittima, rifiutando di pagare i debiti “odiosi” o “illegittimi”, come ha fatto l’Ecuador di R. Correa nel 2007;
  3. Sospensione dei piani di austerità che, oltre essere ingiusti, fanno aumentare la crisi;
  4. Divieto di transazioni finanziarie con i paradisi fiscali e lotta alla massiccia evasione fiscale delle grandi imprese e degli straricchi;
  5. Messa al bando dei “pacchetti tossici” e della speculazione finanziaria sul cibo;
  6. Divisione delle banche “troppo grandi per fallire” in entità più controllabili, imponendo una chiara distinzione tra banche commerciali e banche di investimento;
  7. Apertura di banche di credito totalmente pubbliche;
  8. Imposizione di una tassa sulle transazioni finanziarie per la “tracciabilità” dei trasferimenti e un’altra sui grandi patrimoni;
  9. Rifondazione della BCE riportandola sotto controllo politico (democratizzazione), consentendole di effettuare prestiti direttamente ai governi europei a tassi di interesse molto bassi.


Sono solo dei suggerimenti per preparare un piano serio ed efficace per uscire dalla dittatura delle banche.

Per chi è interessato alle campagne in atto per un’altra uscita dal debito, consulti:


Se ci impegniamo, partendo dal basso e mettendoci in rete, a livello italiano ed europeo, il nuovo può fiorire anche nel vecchio Continente.

Da parte mia rifiuto di accettare un Sistema di Apartheid mondiale dove il 20% della popolazione mondiale consuma l’80% delle risorse: un pianeta con un miliardo di obesi tra i ricchi, e un miliardo di affamati tra gli impoveriti, e dove ogni minuto si spendono tre milioni di dollari in armamenti e nello stesso minuto muoiono per fame la morte di quindici bambini.

Il mercato, la dittatura della finanza si trasformano allora «in armi di distruzione di massa», dice giustamente J. Stiglitz, premio Nobel dell’economia. «Il potere economico-finanziario lascia morire», afferma F. Hinkelammert «e il potere politico esegue… Entrambi sono assassini».
Diamoci da fare perché vinca invece la vita!

Alex Zanotelli

Napoli, 18 novembre 2012