venerdì 28 gennaio 2011

Scripta manent, n. 3 - Pasolini contro la televisione

Quello che vi propongo questa volta è il classico brano profetico, di quelli che, a leggerli, si esclama: «Però! Che lungimiranza!» o «Una grande lezione! Oggi come allora!»… il classico brano “sempre attuale”, insomma. Ma forse vi convinco ancora di più se vi dico che le parole che state per leggere sono di Pier Paolo Pasolini.
Correva l’anno 1973: l’Italia attraversa ormai la parabola del boom economico, estrema reazione alla povertà patita durante la guerra. Si sta sperimentando, e sta attecchendo, la mentalità capitalistica. Di più: quella consumistica, sfociata in quello che Pasolini definisce qui “edonismo di massa”, ovvero quel modo di vivere secondo cui l’uomo debba essere plasmato dal potere (il “Centro”) a immagine e somiglianza di un cieco e nevrotico consumatore che trovi la sua soddisfazione nel solo appagamento dei suoi desideri con i beni di consumo proposti da quello stesso potere che gli insegna a consumare. In questa bella pagina Pasolini parla appunto di questa trasformazione avvenuta nel modus vivendi dei neo-Italiani, freschi di una Costituzione che vorrebbe ridare dignità a un popolo la cui identità nazionale è tutt’oggi dubbia; parla, soprattutto, del ruolo che la televisione ha avuto in tutto ciò. Ma non ne parla come mezzo di informazione, bensì come strumento usato dal potere per diseducare gli uomini, per spogliarli di ogni umanità e dignità. Ne parla, anzi, come forma di potere essa stessa, ormai divenuto autonomo: un potere la cui opera di indottrinamento ha superato perfino quello dell’ideologia fascista.
Una pagina importantissima di un fine pensatore, dove viene denunciato molto che è presente ancora oggi, e oggi più che allora. Un invito a scrutare la televisione, più che guardarla.


gdfabech

Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei consumi. Il fascismo proponeva un modello, reazionario e monumentale, che però restava lettera morta. Le varie culture particolari (contadine, sottoproletarie, operaie) continuavano imperturbabili a uniformarsi ai loro antichi modelli: la repressione si limitava ad ottenere la loro adesione a parole. Oggi, al contrario, l’adesione ai modelli imposti dal Centro, è tale e incondizionata. I modelli culturali reali sono rinnegati. L’abiura è compiuta. Si può dunque affermare che la “tolleranza” della ideologia edonistica voluta dal nuovo potere, è la peggiore delle repressioni della storia umana. Come si è potuta esercitare tale repressione? Attraverso due rivoluzioni, interne all’organizzazione borghese: la rivoluzione delle infrastrutture e la rivoluzione del sistema d’informazioni. Le strade, la motorizzazione ecc. hanno oramai strettamente unito la periferia al Centro, abolendo ogni distanza materiale. Ma la rivoluzione del sistema d’informazioni è stata ancora più radicale e decisiva. Per mezzo della televisione, il Centro ha assimilato a sé l'intero paese che era così storicamente differenziato e ricco di culture originali. Ha cominciato un’opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità e concretezza. Ha imposto cioè – come dicevo – i suoi modelli: che sono i modelli voluti dalla nuova industrializzazione, la quale non si accontenta più di un “uomo che consuma”, ma pretende che non siano concepibili altre ideologie che quella del consumo. Un edonismo neo-laico, ciecamente dimentico di ogni valore umanistico e ciecamente estraneo alle scienze umane. L’antecedente ideologia voluta e imposta dal potere era, come si sa, la religione: e il cattolicesimo, infatti, era formalmente l’unico fenomeno culturale che “omologava” gli italiani. Ora esso è diventato concorrente di quel nuovo fenomeno culturale “omologatore” che è l’edonismo di massa: e, come concorrente, il nuovo potere già da qualche anno ha cominciato a liquidarlo. Non c’è infatti niente di religioso nel modello del Giovane Uomo e della Giovane Donna proposti e imposti dalla televisione. Essi sono due persone che avvalorano la vita solo attraverso i suoi Beni di consumo (e, s’intende, vanno ancora a messa la domenica: in macchina). Gli italiani hanno accettato con entusiasmo questo nuovo modello che la televisione impone loro secondo le norme della Produzione creatrice di benessere (o, meglio, di salvezza dalla miseria). Lo hanno accettato: ma sono davvero in grado di realizzarlo?
No. O lo realizzano materialmente solo in parte, diventandone la caricatura, o non riescono a realizzarlo che in misura così minima da diventarne vittime. Frustrazione o addirittura ansia nevrotica sono ormai stati d’animo collettivi. Per esempio, i sottoproletari, fino a pochi anni fa, rispettavano la cultura e non si vergognavano della propria ignoranza. Anzi, erano fieri del proprio modello popolare di analfabeti in possesso però del mistero della realtà. Guardavano con un certo disprezzo spavaldo i “figli di papà”, i piccoli borghesi, da cui si dissociavano, anche quando erano costretti a servirli. Adesso, al contrario, essi cominciano a vergognarsi della propria ignoranza: hanno abiurato dal proprio modello culturale (i giovanissimi non lo ricordano neanche più, l’hanno completamente perduto), e il nuovo modello che cercano di imitare non prevede l'analfabetismo e la rozzezza. I ragazzi sottoproletari – umiliati – cancellano nella loro carta d’identità il termine del loro mestiere, per sostituirlo con la qualifica di “studente”. Naturalmente, da quando hanno cominciato a vergognarsi della loro ignoranza, hanno cominciato anche a disprezzare la cultura (caratteristica piccolo borghese, che essi hanno subito acquisito per mimesi). Nel tempo stesso, il ragazzo piccolo borghese, nell’adeguarsi al modello “televisivo” – che, essendo la sua stessa classe a creare e a volere, gli è sostanzialmente naturale – diviene stranamente rozzo e infelice. Se i sottoproletari si sono imborghesiti, i borghesi si sono sottoproletarizzati. La cultura che essi producono, essendo di carattere tecnologico e strettamente pragmatico, impedisce al vecchio “uomo” che è ancora in loro di svilupparsi. Da ciò deriva in essi una specie di rattrappimento delle facoltà intellettuali e morali. La responsabilità della televisione, in tutto questo, è enorme. Non certo in quanto “mezzo tecnico”, ma in quanto strumento del potere e potere essa stessa. Essa non è soltanto un luogo attraverso cui passano i messaggi, ma è un centro elaboratore di messaggi. È il luogo dove si concreta una mentalità che altrimenti non si saprebbe dove collocare. È attraverso lo spirito della televisione che si manifesta in concreto lo spirito del nuovo potere. Non c’è dubbio (lo si vede dai risultati) che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo. Il giornale fascista e le scritte sui cascinali di slogans mussoliniani fanno ridere: come (con dolore) l’aratro rispetto a un trattore. Il fascismo, voglio ripeterlo, non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l’anima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appunto, la televisione), non solo l’ha scalfita, ma l’ha lacerata, violata, bruttata per sempre.

Pier Paolo Pasolini, Corriere della Sera del 9 dicembre 1973


martedì 25 gennaio 2011

Tanto gentile e tanto onesta gl’è

     Io, che sono un amante del Sommo Poeta, non potevo non postare un video come questo. In genere si trovano sempre video celebrativi su Dante, pieni di gente che si atteggia a leggere in tono epico, pomposo, molto forzato e sempre poco spontaneo, video che si compiacciono di gettare su quel poeta troppa austerità, spesso allontanandosi dall’uomo Dante.
     Qui invece un bravissimo (come al solito) Gigi Proietti, assieme a una Beatrice che ha le fattezze di Eleonora Brigliadori, “profana” l’icona dell’Alighieri con una bella parodia giocando sui versi del celeberrimo sonetto Tanto gentile e tanto onesta pare… con licenza poetica, s’intende!


domenica 23 gennaio 2011

La risposta del PDL al caso Ruby: «Abbasseremo il limite della maggiore età a 16 anni»

La vicenda del caso Ruby si avvia verso una conclusione che ha dell’incredibile. Il processo che vedrebbe imputato il premier per prostituzione minorile ai danni di una ragazza minorenne non è certo il primo della sua carriera. Ogni volta il nostro Cavaliere è riuscito infatti a sgusciare fuori dal pasticcio grazie alle trovate dei suoi legali che hanno saputo fare appello a interpretazioni discutibili di questo o quel comma, oppure sfruttando i matusalemmiani tempi dei processi per invocare il sacro potere della prescrizione. Ora che invece le prove a suo carico sono veramente schiaccianti come liberarsi di questo scandalo?
     Ebbene, la trovata partorita dagli uffici del PDL arriva e sbalordisce con la potenza di un tornado sulla faccia: abbassare il limite della maggiore età a 16 anni. Sì, avete capito bene. La genialata viene da quella cima di mente che risponde al nome di Gaetano Pecorella, deputato del PDL, ex avvocato penalista di Berlusconi (che strana coincidenza), ora legale di Emilio Fede, anch’esso indagato per lo stesso caso Ruby (che coincidenza ancora più strana). Ma esaminiamo con calma la cosa…
     Berlusconi in questo momento è indagato per un reato che vede coinvolta una ragazza che, all’epoca dei fatti, era minorenne (aveva 17 anni): è questo che renderebbe Berlusconi colpevole di prostituzione minorile. La legge infatti stabilisce che non si può indurre una minorenne a prostituirsi o a compiere qualsiasi tipo di prestazione erotico-sessuale in cambio di denaro, favori, o regali di altro genere. Queste sono le regole del gioco. Ebbene, il grande Pecorella, sfruttando i suoi dignitosissimi 12 punti di quoziente intellettivo, ha pensato non di vincere la partita, ma di cambiare proprio le regole… durante la partita stessa! Infatti, se questa legge dovesse passare, e se avesse un effetto retroattivo (cioè se fosse applicabile anche a reati avvenuti prima della sua entrata in vigore), allora Ruby non sarebbe considerata più minorenne all’epoca dei fatti e, come per magia, il reato di prostituzione minorile non esisterebbe più. Le accuse cadrebbero, il fatto non costituirebbe reato. Berlusconi non solo non sarebbe condannato, ma non sarebbe condannabile. È come se, durante una partita di calcio, il capitano della squadra che perde alzasse la mano e dicesse: «Alt! Fermi tutti… così non ci siamo… Allora prendete nota, voi della FIFA: da oggi la squadra che perde ha diritto a tirare 10 rigori prima dello scadere del tempo». Una logica aberrante, che conferma ancora una volta la viltà dei nostri protagonisti, come uomini prima ancora che come politici.
     Se questa proposta di legge fosse arrivata con qualche mese di ritardo, quando la gente si fosse dimenticata del caso Ruby, magari avremmo avuto il solito schema della legge ad personam applicato con “discrezione”. Ma questa volta l’insulto all’intelligenza degli italiani è veramente soverchiante: «No, per favore, anche il Lodo Ruby no! Abbassare l’età maggiorenne nel pieno dello scandalo che ha travolto il premier sarebbe una vera porcata. Ci risparmino quest’ennesima legge ad personam, ultima offesa alla Repubblica» (Antonio Borghesi, Italia dei Valori). Ma a Pecorella e a quelli del suo parere la cosa appare sensatissima. Dichiara infatti l’avvocato dal cognome meritatissimo: «Sono dell’idea che oggi l’età per diventare maggiorenni sia troppo alta rispetto alla maturità raggiunta dai giovani».

     Ma al di là del fattaccio in sé, visto che siamo gente che riflette, vogliamo anche fare una riflessione da un punto di vista più ampio?
     Rispondiamo innanzitutto a Pecorella, secondo il quale è giusto abbassare il limite della maggiore età perché oggi i ragazzi sono troppo precoci e diventano maturi molto prima rispetto a tanto tempo fa (chiaramente è una scusa: non è che lo pensa davvero… fa interessi di bottega), e diciamo che per maggiorenne si intende, per legge, una persona che si ritiene aver raggiunto una maturità tale da poter esercitare anche delle azioni giuridicamente valide (questo potere si chiama capacità di agire – vedi art. 2 del Codice Civile). Cioè il maggiorenne è uno che ha raggiunto una maturità psico-fisica tale che può esercitare con coscienza i suoi diritti e doveri senza turbare il funzionamento della macchina statale. E, stando alle indagini sociologiche e psicologiche, si è ritenuto fissare, nel 1975, questo limite a 18 anni. Ora voi capite, anche senza essere sociologi o psicologi, che per come mediamente si comportano oggi i giovani, per come sono istruiti e per come sono immaturi, perfino 18 anni sono pochi per poterli definire maggiorenni, ovvero per poterli considerare degni della capacità di agire. Per quello che vediamo attorno a noi, i ragazzi diciottenni sono ancora abbondantemente immaturi! E non solo i diciottenni, ma quelli più anziani: sono quelli che sono così civili da fare a botte sugli stadi, quelli che sono talmente coscienziosi da ubriacarsi e schiantarsi con le macchine quando escono dalle discoteche, quelli così istruiti che a stento sanno leggere, così interessati alla politica che non sanno nemmeno il nome del capo dello stato, sono gli stessi giovanotti che secondo lo stesso Berlusconi erano talmente immaturi e privi di capacità critica da farsi abbindolare e raggirare dai baroni universitari quando si parlò della riforma Gelmini (e ora invece eccoli già pronti e maturi per la vita adulta)… Quindi altro che diminuire il limite: al massimo bisognerebbe alzarlo! Da noi si diventa maturi tardi! Ma forse Pecorella ha ragione. Lui prende come criterio la maturità sessuale: per lui basta che una ragazza l’abbia data via entro i 16 anni per poter essere considerata maggiorenne.
     Riflettiamo infine su quest’altra cosa: in passato proprio il governo Berlusconi si è più volte dichiarato strenuo difensore della famiglia e si è schierato contro la prostituzione. Ma proprio Berlusconi si è sposato più volte, avendo figli da più di una moglie, è stato lasciato anche dall’ultima, Veronica Lario (e giù un altro divorzio), e ora, tra scandalo Noemi e scandalo Ruby, pare frequentare anche minorenni e per fini sessuali. Se vuole elevarsi a fautore di certi valori morali, dovrebbe almeno lui dare l’esempio, perché se invece predica bene e razzola male, allora corre il rischio di essere considerato un ipocrita.
     Vale la pena ricordare le parole dello stesso Berlusconi quando, all’epoca della legge Carfagna, così si pronunciò riguardo la prostituzione: «La prostituzione purtroppo sta dilagando: ragazze attirate in Italia con lo specchietto della moda, del cinema, della televisione e poi costrette in appartamenti. Vere e proprie schiave! Una situazione intollerabile! Perciò abbiamo fatto questo disegno di legge: pene elevate per chi le sfrutta e per gli stessi clienti. Credo che queste pene siano molto giuste, soprattutto quando le prostitute sono minorenni»… ma poi ha pensato che la cosa gli avrebbe creato problemi, e infatti oggi in Italia la prostituzione non è più reato.

venerdì 21 gennaio 2011

L’apologia di Arcore. Commento al video di Berlusconi sul caso Ruby

Nel post precedente ho fatto un rapido cenno alla vicenda del caso Ruby, senza però approfondire la questione e senza parlare di ciò che è venuto fuori dalle indagini. Vorrei farlo qui. Recentemente il nostro premier ha ritenuto opportuno correre ai ripari dal polverone che si è alzato ai suoi danni. Giacché la magistratura ha già iniziato le indagini e poiché le prove (già diffuse) sono davvero forti, il Presidente del Consiglio ha pensato bene di diffondere questo video su Sky TG24 in cui, in uno studio dall’arredamento bianco-purezza, con tanto di sfondo abbellito di foto di bambini e della sua famiglia, ha lanciato la sua invettiva nei confronti della magistratura di parte che da anni lo perseguita ingiustamente. E, già che c’era, ha anche speso due parole (o forse dovremmo dire chiacchiere non provate?) sulla sua innocenza.
Dimentichiamo per un attimo l’assurdità secondo la quale nel nostro paese gli imputati possono andare in televisione e pubblicizzare la loro presunta innocenza, dimentichiamo quanto di vergognoso ci sia in questo. Concentriamoci invece sul contenuto di questo breve filmato, a cui vogliamo replicare con altrettante battute, visto che ci piace così tanto il dialogo democratico. Lo guardiamo? Ma sì, guardiamolo…



Ora, se non siete inorriditi troppo, riprendiamo le affermazioni più salienti e tentiamo di confutarle…

«Alcuni noti PM della Procura di Milano hanno effettuato una gravissima intromissione nella mia vita privata»
     Il premier ci dice che la magistratura ha violato la sua libertà personale e la sua privacy e questo, detto così, indignerebbe chiunque. In realtà quella che Berlusconi chiama «intromissione nella mia vita privata» tecnicamente si chiama indagine giudiziaria, che come sappiamo è una procedura che si effettua quando si ha motivo di ritenere che qualcuno abbia commesso dei reati, al fine di trovare indizi che quel reato è avvenuto davvero e, quindi, al fine di punire chi il reato, l’ha commesso. Per fortuna ci sono numerose prove e testimonianze, raccolte dagli inquirenti ormai da tempo, che provano l’attuazione dei due reati in particolare da parte di Silvio Berlusconi di cui si è parlato in questi giorni (e a cui ho rivolto due righe nel post precedente): i reati in questione sono prostituzione minorile e concussione. Berlusconi dice che i pubblici ministeri non hanno il diritto di compiere queste indagini perché questo viola la sua privacy, ma la legge non solo ammette l’uso di intercettazioni o perquisizioni per fini d’indagine, bensì stabilisce anche che, quando si parla di indagini, la privacy passa in secondo piano per ovvi motivi (vedere gli articoli 13, 14 e 15 della Costituzione, tanto per fare un esempio). Davanti alla necessità di compiere indagini, cioè, non esiste alcuna privacy, anche perché se così non fosse, allora tutti i criminali potrebbero nascondere le prove in casa loro e dire «Ehi, come ti permetti di entrare in casa mia? È una violazione della privacy!» e molti reati resterebbero impuniti per mancanza di prove. Nell’azione giudiziaria a carico di quest’uomo non c’è quindi alcuna violazione, né della legge, né della privacy.

«A questi pubblici ministeri non è evidentemente piaciuto il voto di fiducia del 14 dicembre, tanto che subito dopo mi hanno iscritto nel registro degli indagati»
     Un classico del nostro premier è quello di voler gettare fango sull’immagine della magistratura, così che quando viene accusato di un qualunque reato possa apparire come un perseguitato dai giudici. Anche qui si riprende questo schema oratorio: in particolare, secondo la versione del Cavaliere, i pubblici ministeri avrebbero compiuto una vera e propria vendetta, una ripicca quasi, nei suoi confronti e con un tempismo perfetto: appena dopo che il Governo ebbe avuto il voto di fiducia, Berlusconi fu indagato. In realtà questa, oltre a essere un falso, è anche un assurdo, poiché i fatti per i quali è in corso l’indagine si sono verificati molti mesi prima del voto di fiducia (in particolare da febbraio a maggio 2010, mentre il voto di fiducia risale a dicembre). Chiunque capisce che è impossibile che si tratti di vendetta, anche perché i fatti accaduti sono stati causati da Berlusconi stesso, e non sono stati indotti dai magistrati, che li avrebbero poi usati per incolpare il premier. Berlusconi ha fatto tutto da solo: se se ne stava buono i magistrati non avrebbero avuto quella che lui chiama una scusa per incolparlo. Infine il motivo per cui egli non è stato subito iscritto nel registro degli indagati è che nei mesi successivi ai fatti gli inquirenti si sono dedicati alla raccolta di prove, un’operazione per la quale occorre chiaramente tempo, giacché non si può sospettare di qualcuno senza avere un minimo di indizi a carico.
     A conti fatti, l’unico tempismo lo ha usato proprio il nostro premier, perché questo suo video apologetico è uscito, guarda caso, subito dopo che gli incartamenti del processo sono stati resi pubblici.

«È gravissimo, ed è inaccettabile che, trascorsi 15 giorni dall’inizio di queste indagini, non abbiano mandato gli atti delle stesse indagini al Tribunale dei Ministri come assolutamente prescrive la legge»
     Innanzitutto il Tribunale dei Ministri è una sezione del Tribunale di Roma che giudica espressamente i reati commessi dai ministri quando sono nell’esercizio delle loro funzioni. In questo caso Berlusconi si riferisce al secondo reato per cui è indagato, quello di concussione, ovvero l’aver fatto pressioni in prima persona sulla Questura di Milano per far rilasciare l’allora 17enne Ruby, onde evitare che la ragazza potesse raccontare agli agenti qualcosa riguardo alle serate di bunga-bunga avvenute ad Arcore. La sera della telefonata in questura Berlusconi ha approfittato della sua posizione di capo del Governo per impedire alla Questura di compiere accertamenti sulla ragazza (che si trovava lì perché era stata denunciata per un furto). Il problema è che il reato di concussione non è un reato che si può compiere nell’esercizio delle proprie funzioni, bensì si deve obbligatoriamente uscire dalle proprie funzioni per poterlo compiere (per definizione stessa di concussione!). Ma se questo reato commesso dal Presidente del Consiglio è compiuto al di fuori delle proprie funzioni, e non nell’esercizio delle proprie funzioni, allora non è più di competenza del Tribunali dei Ministri. Il reato di concussione è stato commesso da Berlusconi per coprire l’altro reato, quello di prostituzione minorile.

«Inoltre è gravissimo che abbiano tentato di accedere ai locali della mia segreteria politica per ricercare poi chissà cosa, visto che sostengono di avere prove così evidenti da chiedere addirittura il giudizio immediato»
     Gli inquirenti, sempre al fine di scovare gli indizi e le prove che dimostrino la colpevolezza del reato, hanno anche compiuto delle perquisizioni, tra cui quelle citate dal Cavaliere. Lasciamo stare che egli trovi strano che si effettuino perquisizioni sulla sua persona (ormai abbiamo capito che è una cosa normalissima prevista dalla legge, che è necessaria e che si fa da sempre) e concentriamoci piuttosto sul modo con cui viene sminuito il peso di queste prove. Esse sarebbero talmente evidenti da chiedere che Berlusconi venga processato col cosiddetto rito abbreviato: il rito abbreviato è una forma di processo espressamente prevista dal codice di procedura penale (art. 441). Si tratta di un processo in cui l’imputato ha sempre la facoltà di difendersi (ci mancherebbe!), ma con la differenza che si riduce il numero di operazioni di accertamento perché si hanno già le prove di un coinvolgimento troppo evidente dell’imputato nel reato che gli viene ascritto, cioè quando la colpa è proprio sfacciatamente palese. Laddove è possibile, infatti, la giustizia accelera i tempi delle operazioni, poiché sappiamo tutti quanto lunghi possano essere i processi e quanto lenta sia la giustizia italiana in generale a causa dei cavilli e dei codicilli a trappola insiti nei nostri codici legislativi.
     Ma se anche il rito abbreviato non fosse applicabile, ciò non cambierebbe la sostanza delle cose, poiché le prove raccolte restano quelle, i capi di imputazione anche. Accusare la magistratura di esagerare a proporre il rito abbreviato è quindi un espediente retorico molto debole: se Berlusconi preferisce il processo completo non fa altro che prolungare la sua agonia.
     Ma quali sono queste prove? Berlusconi le chiama «chissà cosa»: in realtà sono le bustarelle (quindi pagamenti in forme di denaro) che egli mandava alle ragazze che hanno partecipato alle serate hot ad Arcore, i loro “premi” per aver partecipato a questa o a quella esibizione: parliamo di bustarelle con diverse migliaia di euro, che variano a seconda della ragazza e a seconda della prestazione. Ma non basta: queste ragazze ricevevano anche in comodato d’uso gratuito degli appartamenti in alcuni parchi di Milano Due, dove abitavano (e in cui sono state rinvenute le bustarelle). Rientrano infine tra le prove anche le intercettazioni dei movimenti dei cellulari delle persone coinvolte, con cui sono stati ricostruiti i tempi e i luoghi degli spostamenti delle ragazze che hanno partecipato ai festini di Arcore.

«Le accuse che hanno formulato nei miei confronti sono totalmente infondate e addirittura risibili: il capo della Polizia che sarebbe stato concusso da ma nega di esserlo mai stato, e la persona minorenne nega di avere mai avuto né avances né tanto meno rapporti sessuali e afferma di essersi presentata a tutti come 24enne.»
     Questa è la parte più divertente, perché è quella più assurda. Secondo Berlusconi il semplice fatto che una persona neghi di essere coinvolta in un reato costituisce prova certa della sua innocenza. Immaginate di applicare questa logica assurda a tutti gli altri reati possibili: un malvivente vi fa uno scippo per strada, scappa dietro un vicolo e, prima che un agente di polizia lo fermi, nasconde la refurtiva. L’agente interroga il malvivente: «Dove hai messo la borsa?». E il malvivente: «Che borsa? Io non ho nessuna borsa. Nego di averne mai rubata una». E l’agente: «Ah, ok: può andare». Fine della storia. Secondo quest’uomo dovremmo credergli sulla parola quando si dice innocente: qualcuno, per favore, gli spieghi che non è così che si dimostra l’innocenza.
     È chiaro che sia al capo della Polizia che a Ruby non convenga confessare: se il poliziotto confessasse, avremmo il caso di un pubblico ufficiale macchiato della colpa di non aver fatto il suo lavoro agli occhi di tutta l’Italia; se invece Ruby confessasse, il suo benefattore non avrebbe più interesse ad aiutarla, a inviarle bustarelle o a elargirle altre forme di «beneficenza».
     Infine, vale la pena citare la seguente contraddizione dello stesso premier, il quale dice di aver sempre creduto che Ruby fosse più che maggiorenne all’epoca dei fatti. Ebbene, dovete sapere che la notte in cui Ruby fu portata alla Questura di Milano (perché denunciata per un furto), Silvio Berlusconi telefonò personalmente da Parigi e avvertì i poliziotti che la ragazza doveva essere rilasciata immediatamente (con quale balla idiota, poi: «È la nipote di Mubarak», il Presidente d’Egitto). Ordine di affidarla alla consigliere regionale Nicole Minetti come suo tutore legale: infatti la ragazza, che è una sbandata senza fissa dimora scappata più volte da centri di accoglienza giovanili, aveva bisogno che qualcuno garantisse per lei, per essere rilasciata. E infatti la Minetti si reca personalmente in questura, si dichiara tutore della ragazza e la fa uscire. Ma qui viene il bello: la figura di tutore è riservata espressamente ai minorenni, poiché un maggiorenne, in quanto tale, non ne ha bisogno. Accettare quindi che la Minetti si dichiarasse tutore di Ruby implica che Berlusconi sapesse già che Ruby fosse minorenne! SBAM!
     Piccola curiosità: chi ha avvertito Berlusconi del fatto che Ruby fosse finita in questura? Gliel’ha detto una ragazza brasiliana (anch’essa prostituta) che aveva ospitato Ruby in passato e che aveva ricevuto da Berlusconi stesso il permesso di poterlo chiamare sul suo cellulare personale (addirittura?) in casi di urgenza. E una ragazzina minorenne sbandata che potrebbe rivelare particolari pericolosi e sollevare scandali sessuali per il Presidente del Consiglio costituisce un’urgenza per Berlusconi.

Salto la parte, patetica all’ennesima potenza, della sceneggiata che riguarda la storiella dell’imprenditore che, essendosi fatto da solo, sa quali sono le difficoltà dei giovani di oggi e quindi si prodiga ad aiutarli. Mi rifiuto di commentarla, perché va oltre la mia concezione di decenza.

«Accade spesso, com’è noto a tutti, che quando si parla al telefono si usano modi e toni diversi rispetto al dialogo diretto tra persone […] e poi molto spesso nelle conversazioni private fra amici, ci si vanta, magari per gioco, di cose mai accadute, o si danno giudizi superficiali per amore della battuta»
     L’odore della paura è qui nell’aria. Berlusconi sa che saranno rese pubbliche le intercettazioni telefoniche (anch’esse prove d’indagine) che contengono i suoi discorsi riguardo i festini e, conscio di ciò che ha ammesso in quelle telefonate, ne sminuisce il contenuto, sempre stando attento a non scendere nei particolari. Credo che il picco di paraculaggine sia massimo in queste battute.

«Quello che i cittadini di una libera democrazia fanno tra le mura domestiche riguarda solo loro!»
     Tecnicamente, un reato è punibile anche se fatto tra le mura domestiche. Stare in casa propria al momento di commettere un reato non è mai stata un’attenuante, né una scusante. Anche qui mi immagino la scena:
«Aprite, polizia!»
«Eccomi… Cosa volete?»
«Dobbiamo perquisire l’appartamento… Per tutti i numi del cielo: ma questo appartamento è pieno di cocaina!»
«E allora? Questa è casa MIA!»
«Casa sua? E non poteva dirlo subito? Ci scusi per il disturbo. Brigadiere, andiamo: si torna al comando!»

«Del resto io, da quando mi sono separato (e non avrei mai voluto dirlo per non dare un’esposizione mediatica), ho avuto uno stabile rapporto di affetto con una persona che ovviamente era assai spesso con me, anche in quelle serate, che certo non avrebbe acconsentito che accadessero a cena o nei dopo cena quegli assurdi fatti che certi giornali hanno ipotizzato»
     NOOO! Ha rovinato tutto! Eh sì, perché finora faceva appello a cose simpatiche, ma ora no! Ora la presa per il culo è evidentissima! Ha rotto la bella atmosfera di gioco e di burla che stavamo creando tutti insieme. Qui si dà all’offesa dell’intelligenza di chi ascolta! Non so voi, ma io non mi sono più divertito quando ha menzionato questa fantomatica “dama bianca”. Fantomatica perché lui lo direbbe pure chi è, lui che non ha nulla da nascondere, ma lei non vuole che si sappia: è timida. Oppure, chissà, magari un bel giorno, per rendere la bugia più credibile, verrà scelta una fortuna per interpretare questo ruolo, almeno per il tempo necessario… Magari la pescheranno a caso da un’urna come i numeri della lotteria, scegliendo tra le tante subrettine di Mediaset…
     Piccola precisazione: Berlusconi non si è separato. Più precisamente è stato lasciato da sua moglie, Veronica Lario, la quale, all’epoca del divorzio, commentò: «La strada del mio matrimonio è segnata: non posso più stare con un uomo che frequenta le minorenni […] Ho cercato di aiutarlo, ho implorato le persone che gli stanno vicino di fare altrettanto, come si farebbe con una persona che non sta bene».


     Fermiamoci qui. Prima di segnalarvi una più valida fonte di informazione, mi piace farvi notare alcuni dei segnali non verbali che tradiscono le tensione del premier al momento di girare questo video: il tono di voce basso e a tratti intimidito, tipico di chi sa di essere in colpa o di chi comunque si sente in soggezione; lo sguardo spesso tendente verso il basso a evitare la telecamera (chi ha la coda di paglia tende a evitare forme di contatto dirette con il proprio interlocutore, anche a livello di sguardo); i numerosi – e qui più marcati – errori di pronuncia, le gaffes e i lapsus verbali che non dovrebbero accadere a un uomo abituato a parlare in pubblico da anni e che si ripassa più volte i suoi discorsi, ma che qui continuano ad accadere; il tic alla spalla destra… Perché le parole sanno mentire: il corpo no.


     Nel chiudere mi preme avvertire gli interessati alla faccenda che per una comprensione più completa e inquadrata del caso in questione esistono fonti molto più precise e serie del presente articoletto da blog. Io mi permetto di consigliarne una tra le tante, che è anche un video (così ci si riposa dalla lettura). Un video in cui Marco Travaglio descrive il caso e le novità sorte dalle indagini effettuate, indicando luoghi, tempi, protagonisti, modalità, confrontando le versioni delle due parti e descrivendo minuziosamente anche le parole chiave della faccenda (Chi è davvero Ruby? In che consiste il rito del bunga-bunga? Come vengono compiute le indagini?), in modo da far comprendere anche a chi è a digiuno di cronaca. In verità tengo più a che si veda questo video piuttosto che si legga questo post. Buona giornata e buona (vera) informazione!

venerdì 14 gennaio 2011

Scandalo sessuale per il premier: Berlusconi indagato per concussione e prostituzione minorile

Concussione e prostituzione minorile. Sono questi i gravissimi (ennesimi) reati per cui è indagato, dal 12 dicembre scorso, il nostro Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Questa la notizia diffusa oggi dalla Corte Costituzionale, che ha inviato un mandato di comparizione al premier e ai suoi difensori.
Karima el Marhoug, detta Ruby, protagonista dello 
scandalo sessuale di Arcore dello scorso 2010.
Il “corpo” del reato è l’ormai divenuta celebre ragazza marocchina Karima el Mahroug la Rubacuori, per gli amici semplicemente Ruby, che all’epoca dei fatti (dal febbraio al maggio 2010) sarebbe stata la protagonista di numerose serate a base di sesso in compagnia del Cavaliere e di altri suoi conoscenti (tra cui figurano Emilio Fede e Lele Mora, anch’essi indagati per prostituzione minorile) nella Villa di Arcore. Il problema della faccenda è che in quei mesi Ruby era minorenne e il nostro codice penale (art. 600 bis, comma 2) dice espressamente che «[…] chiunque compie atti sessuali con un minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in cambio di denaro o di altra utilità economica, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con una multa non inferiore a 5164 euro».
Il reato di concussione (il più grave reato nell’ambito della pubblica amministrazione) consisterebbe nel fatto che lo scorso anno Berlusconi avrebbe approfittato della sua posizione per fare pressioni sulla Questura di Milano al fine di accelerare il rilascio dell’allora 17enne Ruby, poco prima fermata con l’accusa di furto. Gli inquirenti ritengono che questa premura troppo sospetta e ingiustificata da parte del Cavaliere fosse dovuta al fatto che egli  volesse evitare che la ragazza rilasciasse dichiarazioni sulle precedenti serate sessuali ad Arcore. Ma il Presidente del Consiglio si difende e dice di aver voluto solo aiutare una persona bisognosa.
Altra, non ultima protagonista della vicenda – indagata anch’essa per prostituzione minorile – è il Consigliere regionale Nicole Minetti, la quale avrebbe indotto personalmente la ragazza a prostituirsi in casa Berlusconi in cambio di denaro e “protezione”. La stessa Nicole Minetti che, in quel lontano 27 maggio 2010 si recò, sempre personalmente, in Questura per consentire il rilascio della marocchina (dichiarandosene tutrice), che vanta in passato di essere stata indagata anche per sfruttamento della prostituzione e che ha subìto, per questa vicenda, una perquisizione in casa sua e nei suoi uffici.
Numerose e varie le dichiarazioni rilasciate dai protagonisti di questa storia: la giovane Ruby nega ovviamente che ci siano mai stati rapporti sessuali (e infatti le accuse sollevate dal Pubblico Ministero si basano su testimonianze di altri presenti alle feste), preferendo descrivere i suoi benefattori come dei padri che si sono presi cura di lei; più creativo il direttore del TG4 Emilio Fede, il quale tutt’a un tratto smette di dirsi giornalista informato e dichiara: «Lo apprendo dai giornali, non so nulla. Non ho ricevuto nessun atto formale da parte dei magistrati, né ho subito alcuna perquisizione. Che io sia indagato i giornali lo scrivono da mesi, ma con tutto il rispetto che ho per il lavoro dei miei colleghi devo dire che a me non risulta assolutamente. Se essere indagato significa aver ricevuto un atto di garanzia, non lo sono assolutamente. Della vicenda Ruby credo di aver già detto tutto: l’ho conosciuta a casa di Berlusconi, ma non l’ho presentata io al presidente, né so chi lo abbia fatto, né sapevo che all'epoca fosse minorenne» (e sfugge a questo proposito il motivo per cui il direttore adduca tante giustificazioni riguardo a un reato di cui si dice estraneo); Lele Mora invece preferisce mantenere il silenzio: «Non ho nulla da dire, né ora né dopo». E Berlusconi? Berlusconi per il momento tace e preferisce consultarsi con i suoi legali.
Ma non tardano ad arrivare per lui appoggi da parte dei membri della sua squadra di governo, i quali, senza essere coinvolti nella faccenda, si prodigano a difendere l’immagine del Cavaliere parlandone come di un «perseguitato» (Mariastella Gelmini), o  sminuendo la necessità di queste indagini perché, secondo alcuni, compiere indagini sui malviventi immigrati è cosa buona e giusta, mentre quando ad essere indagato è il Presidente del Consiglio dei Ministri, si tratta solo di «un consueto e logoro copione» (PDL, nella persona di Daniele Capezzone).
Vale la pena citare anche il pensiero del PM Annamaria Fiorillo, che era presente in Questura la notte in cui Ruby fu rilasciata: «Era evidente che c’era qualcosa che non andava ed è per questo che ho chiesto chiarimenti al Consiglio Superiore della Magistratura».
Alle “toghe rosse” il compito di fare chiarezza sul caso.