giovedì 31 ottobre 2013

Decadenza Berlusconi: il voto sarà palese. Ora o cade il governo o si spacca il Pdl

     Avevano promesso che mai e poi mai le vicende personali di Berlusconi avrebbero intaccato la stabilità di questo governo: quindi si è verificato l’esatto contrario. Ieri si è espressa la Giunta per il regolamento del Senato che, presieduta da Pietro Grasso (che si è astenuto dal voto), ha deliberato con una maggioranza di 7 a 6 che il voto sull’incandidabilità di Berlusconi a seguito della condanna definitiva per frode fiscale e in base alla legge Severino non sarà un voto segreto. Ogni senatore, quindi, renderà conto all’elettorato della decisione che prenderà.


     Il Pdl insorge in un attimo col solito soliloquio che ormai si ripete in loop da mesi: «Affronto alla democrazia!», «Atto eversivo!», «Plotone di esecuzione!», «Persecuzione politica!» eccetera. In particolare la critica dei berlusconiani ruoterebbe attorno alla tesi (infondata, come stiamo per dimostrare) che il MoVimento 5 Stelle avrebbe peccato di parzialità quando ha proposto di votare palesemente sulla decadenza di Berlusconi invece che col voto segreto, com’era “prassi consolidata”. Quella dei grillini, quindi, sarebbe stata una legge contra personam, perché sul voto sulle persone si è sempre votato segretamente.
     Anzitutto, se mai fosse stato così, gli ultimi a potersene lamentare sarebbero proprio i berlusconiani, che hanno imbottito i nostri codici di leggi ad personam per anni e anni; quindi semmai prima si pareggia il conto e poi se ne parla di sollevare lamentele. Ma, anche ammettendo che abbiano ragione, c’è da dire che quella del voto segreto non è affatto una “prassi consolidata” per casi del genere. Quella su cui si dovrà esprimere la Giunta per le Immunità sulla decadenza è infatti un caso nuovo nel nostro paese: se Berlusconi non avesse passato metà della sua vita a commettere reati, infatti, non avrebbe registrato anche questo record personale di costringere una Camera a votare per i requisiti per poter fare il senatore, una cosa mai successa. A precisare ulteriormente ci pensa Linda Lanzillotta (Scelta Civica), da cui è dipeso l’ago della bilancia nella votazione di ieri: «Quello sulla decadenza non è un voto sulla persona, ma sulla composizione del Senato»; e le fa eco Zanda, capogruppo Pd al Senato: «Non si tratta di un voto sulla persona, ma dell’accertamento sulla legittimità della sua permanenza nella carica di senatore». Niente eccezione quindi (sebbene quello di Berlusconi sia effettivamente un caso “eccezionale”, nel senso che ha sollevato continue “eccezioni” alla legge).

     La giunta ha votato in 4 ore: i 7 a favore del voto palese sono stati, a parte la Lanzillotta, Maurizio Buccarella e Vincenzo Santangelo (M5S), Luigi Zanda, Francesco Russo e Anna Finocchiaro (Pd) e Loredana De Petris (Sel); quelli contro sono stati Anna Maria Bernini, Donato Bruno e Francesco Nitto Palma (Pdl), Roberto Calderoli (Lega), Mario Ferrara (Gal) e Karl Zeller. Alla Lanzillotta, per la sua presa di posizione e per aver determinato questo risultato, sono perfino arrivate delle minacce di morte in rete.
Dunque si va alla decadenza col voto palese. La domanda è “quando?”. La risposta è, ancora una volta, “non si sa”. Vediamo perché: i 5Stelle vorrebbero che la cosa si concludesse ai primi di novembre, anche perché la legge Severino dice (art. 3) che «le sentenze definitive di condanna di cui all'articolo 1, emesse nei confronti di deputati o senatori in carica, sono immediatamente comunicate […] alla Camera di rispettiva appartenenza». E se pensiamo che la sentenza definitiva è arrivata il primo agosto scorso, si capisce come il testo della norma sia stato già abbondantemente violato. Inoltre sarebbe carino che la cosa si concludesse in fretta, anche perché il nostro paese ha ben altre urgenze che quella di decidere sulla vicende personali di un solo uomo, che non dovrebbe stare nemmeno dove sta in base a ben altra legge che la Severino.
     Gli alfaniani, però, che sempre di più si stanno separando dai “lealisti”, vorrebbero aspettare e chiedono a Letta e al Pd di calendarizzare la data della votazione finale a dopo l’approvazione della legge di stabilità, ovvero a fine novembre, per evitare ritorsioni del Pdl proprio nel momento in cui il governo deve affrontare una scelta così delicata. Letta in particolare, ha tuonato contro ogni forma di crisi proprio in questo momento e ha lanciato il suo diktat ad Alfano e soci: «Dopo la scelta del voto palese, lui romperà. E lo farà prima della decadenza. Dovete muovervi. Non riesco davvero a immaginare che ci siano ripercussioni sulla legge di stabilità. Abbiamo gli occhi del mondo addosso. Sarebbe un disastro». L’ordine per loro è quindi separarsi da Berlusconi prima che lui esca dalla maggioranza e impedisca al governo di procedere, con il fine di proteggere la stabilità di governo.
     Dall’altra parte i falchi lealisti spingono il loro leader a rompere subito, senza indugi, e minacciano di farlo da soli, di agire indipendentemente dalle decisioni di Berlusconi, col curioso fenomeno in cui sono i pidiellini a rimettere in riga Berlusconi e non viceversa. Lo incitano a rompere ora, sennò non votano la legge di stabilità.
 
     Un leader sempre meno sovrano, quindi, leader a metà, leader sotto ricatto dei suoi stessi uomini, chi da una parte, chi dall’altra. Un uomo in balia di se stesso e delle conseguenze delle sue malefatte, che ora si ritrova pieno di variabili e in mezzo a un mare di polemiche. Berlusconi non sa che pesci pigliare: vorrebbe la crisi subito, ma vorrebbe anche Alfano al suo fianco, che però non è disposto a cedere e rimane fedele al governo.
 
     Infine vale la pena di notare come ogni volta che sorga una questione su questa vicenda, il Pdl si dia la zappa sui piedi a confessare la sua mala fede: accusano il voto palese di essere contro la democrazia, ma non notano la contraddizione di condannare la trasparenza, che è un valore indubbiamente democratico perché permette agli elettori di sapere cosa fanno i loro rappresentanti; insistono inoltre sul nascondere la volontà dei senatori che dovranno votare facendo intendere che ci sia effettivamente qualcosa da nascondere. Ma sono bravi a non far notare queste conseguenze, perché trascinano il dibattito in turpiloqui fini a se stessi, gridano, sbraitano, fingono di indignarsi e non lasciano spazio al ragionamento e alla lucida riflessione, impedendo alla gente di rendersi conto di quanto sia inappropriato tutto ciò che dicono. Forse la cosa migliore è lasciarli sfogare senza ascoltarli, come si fa con un bimbo troppo capriccioso che vuole sempre averla vinta, anche quando è “palese” che abbia torto.
 

mercoledì 30 ottobre 2013

Latine loquimur, n. 11

     Undicesimo numero della rubrica che vi insegna ad usare la lingua più viva del mondo.
     Nota: la pronuncia scolastica è quella usata (e insegnata) in Italia; la pronuncia restituita è quella che, secondo le ricostruzioni, veniva realmente usata dai Romani.


gdfabech

Nemo propheta in patria
[pronuncia scolastica: nemo profèta in patria]
[pronuncia restituita: nemo prophèta in patria]

     “Nessuno [è] profeta in patria”. Per patria s’intende l’ambiente dove si è conosciuti, come casa propria, il proprio quartiere, il proprio ambiente di lavoro ecc…; profeta sta per “persona autorevole”, giacché in antichità i profeti erano stimati come persone altamente rispettabili.
     La frase vuole dire quindi che è molto difficile per una persona emergere là dove è conosciuto, dove la gente può intrattenere con lui rapporti personali, o conosce le sue caratteristiche intime, i suoi vizi, le sue abitudini, proprio in virtù dei rapporti estremamente confidenziali che si instaurano. È più facile trasmettere autorevolezza dove nessuno ci conosce: complice è il fascino del mistero, che si può sfruttare a proprio vantaggio per “suggerire” alla gente una certa immagine di sé. La distanza che esiste tra sconosciuti è un ingrediente essenziale per apparire dotati di una certa aura.
     Così, ad esempio, i “vip” suscitano molta attrattiva sui loro fans perché nessuno li vede mai quando si alzano al mattino; allo stesso modo, molti ciarlatani, come maghi, chiromanti, indovini ospitati nei programmi TV riescono a risultare attraenti anche grazie al fatto che vengono presentati a un pubblico che non li conosce.
     La frase ha una derivazione biblica: la troviamo in Matteo 13,57; Marco 6,4; Luca 4,24; Giovanni 4,4 ed è attribuita a Gesù, che l’avrebbe pronunciata nel momento in cui i nazareni si rifiutano di riconoscere in lui il destinatario della profezia di Isaia che parlava del messia depositario dello Spirito Santo: i nazareni erano infatti concittadini di Gesù!


Quid
[pronuncia scolastica: quid]
[pronuncia restituita: cuìd]

     Quando stiamo cercando di spiegare un concetto difficile da definire, che non sappiamo descrivere bene, possiamo usare la parola quid, che letteralmente significa “che cosa”. Quid è un pronome interrogativo e indefinito e si usa per indicare le cose neutre (non maschili né femminili) di cui non si conosce bene l’identità. Quando ad esempio diciamo che siamo quasi contenti del sapore di un buon piatto ma non sappiamo dire esattamente cosa gli manchi, possiamo dire che «Gli manca un quid», nel senso di “un certo non so che”; oppure quando siamo colpiti dal fascino di una bella donna ma non sappiamo cosa ci colpisce in particolare, diciamo che «C’è qualcosa in lei, in quid che la rende così attraente!».


Aut aut
[pronuncia scolastica: aut aut]
[pronuncia restituita: aut aut]

     Congiunzione coordinante, aut significa in latino “oppure”. Anche vel significa “oppure”, ma in un senso diverso: vel è una congiunzione inclusiva (esempio: «Vorrei tanto andare in Danimarca o in Belgio», ma si potrebbe andare in entrambi i posti, uno non esclude l’altro), mentre aut è una congiunzione esclusiva, perché esclude per forza una delle due alternative (esempio: «Le stelle o sono finite o sono infinite», non possono essere entrambe le cose, scegliendone una si esclude automaticamente l’altra).
     La locuzione aut aut, letteralmente “o… o…”, si usa per indicare una scelta drastica da proporre a qualcuno, una condizione rigida, un ultimatum. Quando litighiamo con un amico e gli diamo l’ultima possibilità, diciamo che gli abbiamo dato un aut aut, ovvero che l’abbiamo messo di fronte a una scelta fatta di possibilità che si escludono a vicenda, di cui solo una può essere scelta.


venerdì 25 ottobre 2013

Corruzione di senatori e finanziamento illecito: Berlusconi sarà processato

     Lui la chiamava “Operazione Libertà”: il lurido eufemismo serviva a sminuire agli occhi di quel po’ di pudore che forse gli restava tutto lo schifo che avrebbe suscitato a parlarne liberamente. Siamo nel 2008, il governo Prodi è agli sgoccioli e deve fare i conti con l’imminente perdita di fiducia. Per Berlusconi, re degli eufemismi, è l’occasione di rigiocare la carta del sabotaggio per spodestare il rivale e impossessarsi della Presidenza del Consiglio.
     Nasce così l’idea di corrompere quei pochi parlamentari che servono per assicurarsi i voti necessari a far cadere il governo. E Berlusconi lo fa: paga dei senatori e li corrompe per farli passare dalla sua parte. È questo il capo d’accusa che pende ora, con un nuovo processo che si terrà a Napoli, sull’uomo più delinquente che la politica italiana abbia avuto dalla nascita della Repubblica a oggi.

Valter Lavitola (a sinistra), faccendiere 
di Silvio Berlusconi:
pagò De Gregorio 
per conto di Berlusconi durante la cosid-
detta "Operazione Libertà".
     L’ex senatore Sergio De Gregorio, reo confesso, ha più volte raccontato tutto, l’intero meccanismo: di come Silvio Berlusconi lo avesse individuato nella cerchia degli “indecisi”, ovvero dei corruttibili, di quelli che sarebbero stati disposti a cambiare bandiera; di come si fosse pattuito il “compenso” per cotanto “aiuto” (3 milioni di euro, di cui 2 in nero) per abbandonare Idv e passare al centro-destra; di come Valter Lavitola, faccendiere di Berlusconi per anni, ex direttore del quotidiano l’Avanti!, finito in carcere con più di un’accusa, tra cui quella di tentata estorsione ai danni dello stesso Berlusconi (si direbbe: Dio li fa e poi li accoppia), gli avesse consegnato il pagamento… All'accusa di corruzione si aggiunge quindi anche quella di finanziamento illecito ai partiti, giacché Berlusconi ricompensò De Gregorio attraverso aiuti economici finalizzati a un reato e in modalità illegali (con rate non dichiarate al fisco).


     Il processo per compravendita di senatori è il primo processo in cui Berlusconi deve rendere conto di un illecito commesso direttamente ai danni dello Stato: fino ad ora ogni reato faceva capo a un suo interesse esclusivamente personale. Ora finalmente arriva dalle procure il coraggio di affrontare anche questa questione che costò la vita alla stabilità governativa del nostro paese… sappiamo tutti, infatti, quanto sia costato all’Italia il successivo governo Berlusconi, fino a quel novembre 2011 quando anche a lui mancò la maggioranza per continuare a governare (si direbbe: chi la fa l’aspetti).

Silvio Berlusconi con Sergio De Gregorio, ex senatore 
corrotto per passare nelle file del Pdl.
     Detto processo inizierà l’11 febbraio prossimo alla quarta sezione penale al Tribunale di Napoli: De Gregorio ha già patteggiato per un ritocchino alla pena (1 anno e 8 mesi); per Lavitola, anche lui rinviato a giudizio assieme a Berlusconi, sarebbe l’ennesima condanna che si aggiunge dopo il suo storico ruolo di “mediatore” del Cavaliere, mentre per quest’ultimo la cosa aggrava enormemente la sua posizione politica. Non sono pochi infatti, gli altri processi pendenti a suo carico: c’è già la condanna in primo grado per concussione e prostituzione minorile (processo Ruby), il caso Unipol, le tangenti a Tarantini perché tacesse sulle vicende escort, senza dimenticare l'imminente interdizione dai pubblici uffici...
     Non che nel governo Letta si sia capaci di inorridire e decidere di eliminare un soggetto simile, già condannato in via definitiva a 4 anni di carcere per frode fiscale (1 agosto scorso) e a 2 anni di interdizione. Il governo Letta, soprattutto il paradossale Pd, riesce perfettamente a tollerare una presenza così virale nella politica italiana. Il pudore è un sentimento antico, diceva qualche tempo fa la Littizzetto a Che tempo che fa, non va più di moda. Ma del resto le larghe intese significano questo in Italia: non una collaborazione di intenti normalmente differenti, ma un accordo in mala fede tra presunti avversari che, con la scusa dell’emergenza, possono presentare ai cittadini i piani più ignobili di interventi legislativi. Ed ecco infatti che ci ritroviamo la “riforma” della Costituzione, a partire dall’articolo 138, che è il meccanismo di sicurezza della nostra Carta: dobbiamo riformare la Costituzione? Deroghiamo al 138, è un caso di emergenza! Detto, fatto! Napolitano fa pressioni per la riforma della legge elettorale (altro regalo di Berlusconi)? E loro la trascurano volutamente, così non possiamo andare a votare… Non possono farla subito, ci sono emergenze più urgenti. Detto, fatto!

     Intanto la vicenda pesa in casa Pdl, dove la scissione delle due correnti che vi si sono formate appare ogni giorno sempre più marcata: gli “alfaniani” che vorrebbero creare un gruppo autonomo aspettano la fine del leader storico, anche se Alfano preferisce aspettare. Dall’altro i falchi fedeli preferirebbero far saltare il governo e credono di avere nobilissime motivazioni: prima era il mancato aiuto di Napolitano a Berlusconi (non gli ha dato la grazia, cosa, anche volendo, non possibile nel caso di Berlusconi), poi il Pd che non collabora dicendo di voler votare per la sua decadenza (in base a una legge votata dallo stesso Pdl), poi il mancato accordo sulla legge di stabilità… Anche questo sono le larghe intese: una masnada di delinquenti che si ricattano a vicenda. E, questo, Napolitano lo sapeva bene quando decise di permettere un simile connubio di forze politiche: un mostro di Frankenstein assemblato col peggio del peggio della politica italiana, perfino questo fu capace di fare pur di non ridare voce ai cittadini. E neanche ora, che la legge elettorale viene volutamente ignorata, si limita a fare la voce grossa da Firenze senza comunque sciogliere le Camere e mandare a casa persone che hanno violato palesemente gli impegni presi.
     Il berlusconismo ha davvero avuto successo in questo: rincretinire un popolo per vent'anni e più: fargli perdere ogni forma di memoria storica, anche di eventi recentissimi come la negazione delle libertà del fascismo, mutilargli la capacità di pensare e renderlo capace di sopportare le sfacciataggini più esplicite.

domenica 20 ottobre 2013

Processo Mediaset: Berlusconi fuori, 2 anni di interdizione

     Era il primo giorno di agosto quando la sentenza definitiva della Suprema Corte di Cassazione si pronunciava sul caso Mediaset che ha visto imputato Silvio Berlusconi per un grave reato di frode fiscale ai danni dello Stato. In quell’occasione il collegio, presieduto da Antonio Esposito, aveva confermato la pena carceraria di 4 anni all’imputato, ma aveva rimesso al Tribunale di Milano (Corte d’Appello) il riconteggio degli anni di interdizione dai pubblici uffici, che rappresentano la pena accessoria: con l’interdizione Berlusconi decadrebbe da senatore e perderebbe molti privilegi, primo fra tutti la possibilità di essere capo del suo partito.
I legali di Berlusconi, Roberto Borgogni (a sinistra)
e Niccolò Ghedini, durante la lettura della sentenza di
Arturo Soprano.
     Da allora di tutto hanno cercato di fare per impedire al processo di chiudersi: chiedere la grazia, chiedere l’indulto, chiedere l’appoggio del Pd, modificare la legge Severino (la legge in virtù della quale Berlusconi deve decadere), sono stati aggrediti i giudici, fatte manifestazioni contro le istituzioni e si vaneggiato perfino di andare dinanzi la Corte dei Diritti Umani di Strasburgo. Ma il 19 ottobre, almeno dal punto di vista formale, Berlusconi è un condannato definitivo in tutto e per tutto, con una sentenza completa in ogni sua parte.
     Per il suo reato rischiava di beccarsi da 1 a 3 anni di interdizione, mentre nel processo d’Appello ne erano stati chiesti 5. Il collegio giudicante, presieduto da Antonio Soprano, ha deciso per 2 anni e il criterio è stato di applicare i due terzi della massima pena accessoria, com’è stato fatto per la pena principale. A nulla sono valsi i piagnistei di Ghedini di andarci giù piano con questo vecchietto innocente fino a ieri: per il legale principe del Cavaliere, infatti, la corte avrebbe dovuto essere più clemente perché Berlusconi è anziano ed è incensurato. Ma ormai il dado è tratto. E per Berlusconi è una bomba scoppiatagli sotto la sedia.

     Vediamo ora di orientarci con quello che accadrà:
  • La Corte deve depositare entro 15 giorni le motivazioni della sentenza emanata a Palazzo Madama a Roma. Teniamo quindi d’occhio i primi di novembre.
  • A quel punto le strade per Berlusconi sono diverse: Ghedini ha annunciato, senza consultarsi con nessuno, che si ricorrerà in Cassazione contro l’attribuzione di questa pena accessoria per provare a farla diminuire. Questo significherebbe continuare la battaglia, ma non è detto che la Corte accolga questo ricorso. In effetti le motivazioni sono debolucce… Nel malaugurato caso in cui invece la Corte dovesse accogliere il ricorso, la cosa non si chiuderebbe prima della fine del 2013.
  • Dopo la trasmissione delle motivazioni della sentenza la Giunta per le Immunità del Senato deve votare la “presa visione” del provvedimento: solo dopo questo passo “burocratico” Berlusconi verrebbe messo alla porta del Parlamento. Ma in Giunta ci sono una pluralità di orientamenti e, con il voto segreto, potrebbe succedere di tutto. Ecco perché i 5 Stelle hanno “rallentato” i lavori per chiedere di applicare il voto palese, ma Grasso, presidente del Senato, ha fatto qualche storia. Dario Stefàno, presidente della Giunta, fa notare che, secondo la legge Severino, la camera a cui l’imputato appartiene (il Senato, in questo caso) deve decidere «immediatamente», e pare proprio che la lettera della norma non sia stata rispettata, guardando i tempi.
  • Se la questione sul voto segreto VS voto palese in Giunta sarà risolta per la fine di ottobre (il 29), allora si potrà procedere con la votazione della decadenza ai primi di novembre; in caso contrario si può arrivare anche ai primi di dicembre. In verità è molto più probabile che il voto resti segreto, perché ci sono 20 senatori (il quorum necessario) pronti a chiederlo.
  • Se la Corte dei Diritti dell’Uomo dovesse accogliere il ricorso che i legali di Berlusconi hanno presentato, potrebbero volerci altri mesi per risolvere il contenzioso e questo costringerebbe le sentenze emanate in Italia a perdere valore fin quando la Corte europea non si sarà pronunciata. In tutti questi mesi Berlusconi resterebbe, di fatto, senatore e questo gli consentirebbe di continuare ad agire e fare le sue pressioni per riformare la legge secondo i suoi interessi, come già è stato fatto.


Silvio Berlusconi, interdetto a 2 anni.
     La cosa buffa è che con questa questione le due anime del Pdl – ovvero gli “alfaniani” o progressisti, che vorrebbero riformare il Pdl, e i conservatori, più fedeli al vecchio leader – si sono un po’ ricompattate e hanno cominciato a fare fronte comune. Poco male, non esattamente il primo dei problemi. Ciò che preme è piuttosto alleggerire assolutamente questo governaccio delle larghe intese dalla zavorra Berlusconi che, con i suoi problemi personali, riesce a spostare ogni volta il peso delle azioni politiche, già non felicissime per il nostro paese, a favore di abusi legislativi e perdita di diritti per i cittadini.
     Gente come Brunetta, Gelmini, Carfagna, Santanché gridano allo scandalo e, con le solite motivazioni infondate e irrazionali, pretendono di indignare gli italiani solo perché il loro leader è stato condannato, a loro dire, ingiustamente: dicono che è un precedente imperdonabile perché in questo modo saremmo tutti esposti allo stesso tipo di pericolo. E non citano però quanti criminali sono stati agevolati dalle leggi che Berlusconi si è fatto fare per sfuggire a molti processi e quanti crimini che una volta erano reato ora non lo sono più grazie a lui (esempio: il falso in bilancio).
     Poi ci sono gli schiavi mediatici, come il TG5, che tentano di dirottare l’opinione pubblica a favore del “martire” di Arcore, titolando servizi come «Ritmi da corrida», riferendosi alla Corte d’Appello che ha riconteggiato troppo in fretta l’interdizione. Perché secondo il TG5 dovrebbero occorrere molto più di due ore per decidere un numero da 1 a 3: se ci metti meno tempo, sei superficiale e affrettato.

     Così stanno le cose: le variabili sono tante e, anche se l’equazione sta per essere risolta, il pericolo maggiore è che a Berlusconi venga concesso ancora tempo. Ed è incredibile cosa uno come lui riesca a fare col tempo. In appena vent’anni ha rincretinito un intero paese!

domenica 13 ottobre 2013

Cervello fossile di 4000 anni fa viene scoperto in Turchia

     Tra i più preziosi esempi di fossili umani ci sono i cervelli o, per dirla più tecnicamente, gli encefali di Homo sapiens. Nella storia dell’archeologia si contano pochi casi del genere, poiché la “materia grigia è difficile da conservare: il tessuto nervoso muore infatti rapidamente dopo la morte a causa del suo elevato fabbisogno energetico; quando il sangue non arriva al tessuto apportando gli zuccheri di cui i neuroni si servono, tutto muore. Inoltre gli enzimi che si trovano nel tessuto nervoso contribuiscono rapidamente allo sfaldamento materiale delle cellule nervose dopo la morte.

     Il ritrovamento di un cervello di un bambino inca morto in un sacrificio umano e risalente a 500 anni fa (conservatosi a causa del gelo delle montagne in cui il corpo rimase e che rallentò la decomposizione esattamente come fa il nostro freezer copi cibi) o quello ritrovato in una palude e datato 2600 anni (salvatosi per arresto dei processi di decomposizione a causa della secchezza del terreno – l’assenza di acqua non ha fatto proliferare i microrganismi responsabili della decomposizione) sono alcuni casi noti nel settore. Ma quello scoperto di recente è un caso davvero unico e segna un record.

     Siamo nella parte occidentale della Turchia, a Seyitömer Höyük, un sito risalente all’età del bronzo (piena preistoria quindi) e non ci sono né montagne dal clima nivale né paludi. Eppure, un cervello umano è stato rinvenuto nel cranio di chissà chi in buone condizioni. La sua età è stimata a 4000 anni! Come ha fatto allora questo reperto a conservarsi così bene visto che avrebbe dovuto cominciare a deperire in breve tempo?

Cervello preistorico risalente a 4000 anni fa.
(foto: La Repubblica)

Strato di adipocere formatesi in un cadevere, riconoscibili
dal caratteristico colore bianco-giallastro dei grassi.
          La risposta, secondo Meriç Altinoz, della Haliç University di Instanbul, sta nel tipo di suolo. In quel terreno sono stati ritrovati molti altri resti, compresi oggetti in legno, tutti bruciati e carbonizzati; un terremoto (all’epoca molto frequente in quella zona a causa dell’attività tettonica elevata del territorio) avrebbe sepolto gli esemplari umani prima che un incendio (collegato al terremoto) potesse bruciare le macerie. Ora, un incendio ha bisogno di ossigeno per bruciare e dopo un forte incendio c’è una grande scarsità di ossigeno nei paraggi, dunque in quel sito l’incendio portò via molto ossigeno, ma restò il calore, il quale a sua volta avrebbe fatto evaporare l’acqua presente nell’aria (ovvero l’aria divenne meno umida e più secca). Quando mancano l’acqua e l’aria i microrganismi che decompongono i tessuti viventi non vivono bene e quindi la decomposizione stessa viene ostacolata. Il risultato è stato che il cervello non è deperito, ma se l’è cavata solo con una “bollitura” all’interno del suo stesso cranio. Non è finita: gli acidi grassi dei tessuti umani avrebbero reagito chimicamente con il potassio, il magnesio e l’alluminio che in quel tipo di suolo abbondano, formando adipocera, una sostanza cerosa e grassa che si conserva molto bene in assenza di ossigeno: questa sostanza avrebbe funto da protezione per il cervello.

Cervello preistorico risalente a 4000 anni fa.
(foto: La Repubblica)

     E ora eccolo lì, annerito ma quasi tutto intero, con i suoi fasci nervosi ancora ben visibili, testimone di chissà quali pensieri e quali attività cognitive del suo possessore, un individuo preistorico che non conosceva nulla del mondo di oggi.
    La scoperta apre diversi percorsi, non ultimo l’aiuto nella comprensione di alcune malattie cerebrali.

Cervello preistorico risalente a 4000 anni fa.
(foto: La Repubblica)