mercoledì 11 febbraio 2015

Scripta manent, n. 22 – La “Nostalgia” di Ungaretti

     28 settembre 1916, Locvizza, sul Carso. Giuseppe Ungaretti è rintanato nelle trincee del primo conflitto mondiale a fare il soldato. Il campo di battaglia che puzza di polvere da sparo, freddo e cadavere è l’aria che normalmente respira. Da quel luogo, privo di ogni forma di Bellezza, chiunque vorrebbe fuggire, figuriamoci un poeta. Ma, mentre tutti gli altri sono costretti a restare, Ungaretti riesce per un momento a scappare e lo fa nel modo in cui solo un poeta può riuscire: creando Bellezza dall’orrore.

     Ungaretti ricorda. E ricordando vola via. Ritorna con la memoria a Parigi, dove era giunto giovanissimo (aveva solo 24 anni) per ragioni di studio. Ritorna a una lontana notte di febbraio, apparentemente anonima, ma che per qualche ragione gli si è fissata nella mente e che ora riprende vita davanti ai suoi occhi graffiati dall’orrore; in quella notte si trova a Montparnasse, poco prima dell’alba. Davanti a lui un ponte, sotto il ponte le acque della Senna scorrono lente e buie sotto un cielo cupo, un vero e proprio «oscuro colore di pianto». Sul ponte, ferma e silenziosa a contemplare il fiume, una ragazza, Marthe Roux, 16 anni appena: la sua immagine, così «tenue», rimane nella mente del poeta per tutti quegli anni. Un «fiore d’Alpe», così la chiama in un verso poi cancellato dalla stesura finale, che se ne sta lì immobile, «in un canto di ponte», a vivere il suo malessere. Un malessere in cui Giuseppe si riconosce ora, tanto che gli pare che i loro stati d’animo siano in realtà uno solo: «le nostre / malattie / si fondono».

     La giovane Marthe è la cosa più malinconica e bella che riesce a pensare in mezzo a tutta quella morte. Nel 1918, dal fronte, le scriverà: «la nostra relazione è stata assolutamente pura, ma io volevo avervi totalmente». E molti anni dopo ancora la ricorda: «Che illusione meravigliosa è stata per me».


Quando
la notte è a svanire
poco prima di primavera
e di rado
qualcuno passa

Su Parigi s’addensa
un oscuro colore
di pianto

In un canto
di ponte
contemplo
l’illimitato silenzio
di una ragazza
tenue

Le nostre
malattie
si fondono

E come portati via
si rimane.

Giuseppe Ungaretti, Nostalgia



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