Sei nuovi edifici tutti da riscoprire che tornano alla luce e agli occhi del pubblico, arricchendo così ancora di più l’offerta culturale del sito archeologico dell’età romana più prezioso del mondo, gli scavi di Pompei. È l’ultima tappa, appena conclusasi, del Grande Progetto Pompei, iniziato nel 2012 e sovvenzionato da sovrintendenza italiana e fondi europei per un totale di 105 milioni di euro e che si propone di rivalorizzare il sito, dopo la triste stagione dei crolli e della prolungata incuria che ha visto la vera e propria “morte” di alcuni pezzi del sito archeologico.
Dopo la riapertura della Casa degli amorini dorati nel 2013, questo 2015 era cominciato con il restauro della famosissima Villa dei Misteri: a fine anno, poco prima di natale, si chiude in bellezza con la ripresentazione di un gruppo di edifici.
Una delle vasche della fullonica. |
Il primo è una lavanderia-tintoria, la fullonica di Stephanus (presunto proprietario). Una fullonica era la bottega di un fullo, un lavandario-tintore appunto, ovvero un luogo dove i capi venivano lavati e colorati. L’edificio era in origine un’abitazione e successivamente fu trasformato per essere adibito alla lavorazione delle stoffe: al piano inferiore l’impluvium (la vaschetta che raccoglieva l’acqua piovana) fu adibita a vasca per il lavaggio e la tintura (per le quali si usavano soluzioni con acqua, soda e perfino urina, molto usata per il lavaggio nel mondo romano), al piano superiore c’era invece la parte abitativa e vi si asciugava i panni. Nel fondo del giardino erano presenti altre vasche intercomunicanti dove degli operai (quasi tutti schiavi) pestavano coi piedi i tessuti nelle soluzioni colorate dove avveniva la fase di tintura.
Interno del criptoportico. |
Gli altri cinque edifici sono abitazioni private, come la sontuosa domus detta del criptoportico, cioè del portico nascosto al di sotto del giardino, che è appunto il pezzo forte dell’abitazione, molto sontuosa e grande. Il criptoportico corre su tre lati del giardino, è fenestrato e presenta un soggiorno (oecus) e degli ambienti termali. Al suo interno si possono ammirare delle pitture con episodi tratti dall’Iliade realizzati col II stile. La domus è stata più volte ampliata ed era in fase di ristrutturazione al momento dell’eruzione del 79 d.C. e infatti durante il suo ritrovamento furono rinvenuti numerosi intonaci affrescati. Per non parlare del suo impianto termale, vero e proprio lusso all’epoca (nel mondo romano ci si lavava praticamente solo alle terme, perché non esisteva il bagno in casa e delle terme private erano un vero e proprio status symbol). L’opera di restauro è stata divisa in tre fasi e ha compreso la ricostruzione di numerose strutture in legno di ciò che i bombardamenti del 1943 hanno distrutto.
Seguono la casa del Sacerdos Amandus. Secondo le ricostruzioni e come indica la scritta sulla parete esterna, la casa sarebbe appartenuta a un certo Amandus, che di professione faceva appunto il sacerdos, ovvero il sacerdote. Al momento del primo scavo, risalente al 1924, furono rinvenuti degli scheletri di adulti e bambini vicini alla porta di ingresso: quasi certamente provarono a scappare prima del crollo. La casa si contraddistingue per le numerosissime scene mitologiche che abitano le sue pareti.
Triclinium estivo nel giardino della domus dell'efebo. |
Altra abitazione a essere stata restaurata è la domus detta dell’efebo. L’efebo è nell’antica Grecia il nome dato al ragazzo che si trovava nell’età dell’ephebìa, cioè tra i 18 e i 20 anni, e si può quindi tradurre con giovane adolescente. Nell’arte greca l’efebo è un tipo di statua che rappresenta appunto un giovane. La domus pompeiana prende questo nome da una piccola statuetta in bronzo rappresentante un efebo che aveva la funzione di portalampada per illuminare la mensa del giardino: si tratta di una copia di un originale greco risalente alla metà del V secolo a.C. e si trova attualmente nel museo archeologico nazionale di Napoli.
La domus dell’efebo è la tipica casa dell’esponente del ceto mercantile che si è arricchito con la sua attività. In realtà si tratta di un complesso abitativo formato da più case comunicanti ed è particolarmente fastosa, infatti presenta ben tre ingressi. Al suo interno sono state rinvenute anche statuette di placentari, cioè venditori di placentae (una sorta di focaccia o pizza), usate come portatori di ciotole per salse usati durante i banchetti e anch’essi attualmente ospitati al museo archeologico nazionale di Napoli.
I visitatori potranno ammirare anche la domus di Paquius Proculus, un candidato duumviro della città di Pompei poi effettivamente eletto (i duumviri erano a capo dell’amministrazione e possono essere paragonati ai moderni sindaci). La casa conserva questo nome perché sulle mura esterna c’era una scritta elettorale con il nome di Proculo, realizzata durante una campagna elettorale. In realtà la scritta non indica il proprietario, che era invece tale Terentius Neo, un panettiere di probabili origini sannitiche che è riuscito ad arricchirsi e ad acquistare lo status di cives (cittadino) e di cui è stata ritrovata in casa una pittura raffigurante egli e sua moglie (in principio si pensò che i soggetti del dipinto fossero Proculo e la consorte), oggi conservata al museo archeologico di Napoli.
La casa possiede al suo interno un bellissimo pavimento a mosaico, che accoglie all’ingresso i visitatori con la figura di un cane da guardia legato a un battente di una porta e che prosegue nell’atrio con vari riquadri che fanno da cornice a diversi animali. Nell’esedra della domus furono ritrovati degli scheletri di fanciulli.
Ultima perla di questo pacchetto è la domus di Fabius Amandius, una piccola casa del ceto medio.
Domus di Fabius Amandius, interno. |
La fine dei lavori e la riapertura sono stati celebrati con un’inaugurazione il 23 dicembre 2015. Molte le autorità presenti: dal premier Renzi, al ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini, al sindaco di Pompei Ferdinando Uliano, al soprintendente Massimo Osanna, al direttore del Grande Progetto Pompei il generale dei carabinieri Giovanni Nistri, al presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca. Alla cerimonia inaugurale ha partecipato anche il regista Pappi Corsicato, che ha diretto il cortometraggio voluto dalla regione Campania e dalla Scabec e proiettato nell’Auditorium degli Scavi, intitolato Pompei, eternal emotion.
La regione Campania ha però pensato anche ad altro: grazie alla Scabec (Società Campania beni culturali), una società di capitali creata nel 2003 al fine di valorizzare il sistema dei beni e delle attività culturali quale fattore dello sviluppo della Regione Campania, e grazie a Campania>Artecard sono stati creati due percorsi guidati che intendono far conoscere nel dettaglio le domus appena restaurate, portando i visitatori in aree normalmente non accessibili. I percorsi sono attivi dal 26 dicembre 2015 al 10 gennaio 2016 (escluso il 1° gennaio), sono compresi nel prezzo del biglietto di ingresso ma necessitano di prenotazione.
Il primo percorso si chiama Di domus in domus (visite dalle ore 10:00 alle 15:00 – biglietteria di Piazza Esedra) e porterà i visitatori a scoprire nel dettaglio le domus sopra descritte; il secondo è Memorie e suggestioni – Viaggio dal 79 d.C. ad oggi (visite alle ore 11.00, 13.00, 15.00 – biglietteria di Porta Anfiteatro) e guiderà il pubblico nella palestra grande (usata un tempo per allenarsi in attività ginniche e ricca di affreschi della Villa di Moregine), nell’Anfiteatro e alla Piramide di legno che è stata progettata da Francesco Venezia e costruita nell’arena dell’Anfiteatro, al cui interno sono esposti i calchi delle vittime dell’eruzione.
Per informazioni e prenotazioni 800 600 601 cellulari ed estero +39 06 39967650,
oppure visitate il sito www.campaniartecard.it.
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