Gli
scavi di Pompei riaprono le porte a quella che è probabilmente la maggior
attrattiva dell’intero sito archeologico: la celeberrima Villa dei misteri, dopo un intenso lavoro di restauro, sarà di
nuovo visitabile a partire dal prossimo 22
marzo 2015.
La
villa, edificata nel II secolo a.C., prende il nome da una bellissima pittura
muraria, oggetto del restauro, raffigurante i riti dei culti misterici in onore del dio Bacco. Subì nel corso del tempo una
serie di ampliamenti e numerosi restauri, l’ultimo dei quali proprio al momento
in cui l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. la seppellì, e raggiunse il suo
massimo splendore nell'età di Augusto. In origine la villa offriva un
meraviglioso panorama giacché affacciava
sul golfo di Napoli e ciò era una logica conseguenza della funzione
iniziale per cui era stata concepita: nacque infatti come villa di otium, il genere
di villa “da vacanza” tipica dei patrizi romani che amavano trascorrere periodi
di riposo o di attività ricreativa in Campania, lungo le coste del golfo
partenopeo. Non si trattava quindi di una struttura dedicata ad attività
lavorative.
Ma
nel 62 d.C. un violento terremoto la
danneggiò e quando fu riparata la sua funzione mutò, diventando una villa rustica, ovvero una casa di
campagna che, pur continuando a ospitare nobili cittadini (in una zona detta pars urbana), fungeva anche da fattoria o piccola azienda agricola: furono quindi aggiunti locali adibiti
alle attività di produzione (pars rustica)
o adatti a contenere attrezzi da lavoro. Nella villa dei misteri si produceva e si vendeva vino,
prodotto gettonatissimo in questa parte del territorio campano. Le terre di
questa parte del sud Italia erano infatti famose in tutto l'impero per la loro
incommensurabile fertilità. Si trattava in generale di una caratteristica
comune a molti luoghi della regione, al punto che i romani parlavano di Campania
felix (Campania felice).
Si
pensa che al momento dell'eruzione la villa fosse in ristrutturazione: infatti un’intera sua area è stata ritrovata
priva di suppellettili. Il primo scavo risale al 1909, ma una seconda operazione fu eseguita nel 1929 e tutt’oggi esiste una parte dell’edificio
che non è stata ancora riportata alla luce e che secondo gli esperti
aggiungerebbe poco a ciò che già sappiamo.
Molte
sono le pitture, in diversi stili, che sono state rinvenute, tuttavia è la
serie di affreschi della sala del
triclinio ciò che più caratterizza il sito e lo rende la domus patrizia più famosa di tutta l’area
archeologica. Le pareti raffigurano, come si diceva, un rituale che vede
probabilmente una iniziata che deve diventare sposa del dio Bacco. Le figure
sono state realizzate a grandezza naturale e l’autore le raffigurò con una
tecnica chiamata per questo megalografia
(raffigurazione di grandi dimensioni). Satiri, dei, vergini, amorini sono i
protagonisti di queste bellissime scene, che si ispirano in parte alla pittura
greca e sono dotati di una morbidezza che ingentilisce lo sguardo; corrono tutt’attorno
alle pareti e lo spettatore ha davvero l’impressione di trovarsi fisicamente in
mezzo al rituale, con figure raffigurate senza scala che paiono venire fuori
dalle pareti e abitare il pavimento di piastrelle in palombino. Le figure sono
aggraziate ma decise, ora aeree ora reali e fisicamente presenti e raccontano
di una scena sul cui significato gli studiosi si interrogano ancora oggi: la
“lettura” delle pareti si effettuerebbe da sinistra e si notano alcuni momenti
tipici dei rituali in onore del dio Bacco: vediamo infatti un satiro che degusta
del vino (Bacco era il dio del vino), oppure una baccante che scopre il fallo
del dio, simbolo di fertilità, così come anche un’altra baccante che danza
vigorosamente in preda all’estasi, un momento molto importante nei rituali dedicati
a Bacco. Non mancano figure più composte, come una donna che effettua la
toilette o una matrona ferma e assorta, come in pausa.
I
lavori di restauro sono iniziati nel 2003, con fondi della sovrintendenza pari
a circa un milione di euro, e sono
stati estesi a tutta l’abitazione (con l’eccezione del peristilio, oggetto di
restauri a parte a causa del crollo di una trave); ai lavori hanno collaborato
numerosi atenei, sia italiani sia stranieri, a testimonianza della grande
risonanza di questo sito nel mondo. Il direttore del restauro, Stefano Vanacone, ha dichiarato che
sono stati rimossi vari strati di una miscela di cera e benzina che sarebbe
servita a conservare meglio le pitture nel corso del ’900 ma che, a causa dell’ossidazione,
si era scurita, alterando il tono dei colori.
Le
pitture che si sono succedute nel tempo variano a seconda dell’epoca e del
gusto dei proprietari: ci sono pitture che si rifanno a uno stile egiziano, di gusto esotico, e
affreschi del secondo stile; non
mancano un criptoportico, adibito alle
passeggiate al fresco e il tipico impluvium dell’ingresso. Nei 2500
metri quadrati di questa villa i visitatori possono ammirare anche dei calchi
di vittime e perfino una copia di un torchio vinario.
I lavori dovevano terminare il 20 febbraio,
ma le avverse condizioni atmosferiche e la necessità di ultimare alcuni dettagli
hanno richiesto un altro po’ di tempo. La Sovrintendenza ha quindi deciso di
rinviare l’apertura al pubblico il prossimo 22 marzo. Si legge infatti sul sito:
«Si informa che la riapertura al pubblico della Villa dei Misteri è
stata posticipata al 22 marzo, per consentire l’ultimazione degli interventi di
restauro degli apparati decorativi, che hanno subito ritardi a causa di
condizioni meteorologiche e climatiche eccezionalmente avverse».
Una bellissima occasione per rientrare in contatto con l’arte e la cultura, un evento imperdibile a cui è
moralmente obbligatorio partecipare.
Vale
la pena ricordare che da pochi mesi è uscito un bellissimo libro, scritto da Alberto Angela, che racconta proprio la
scomparsa di Pompei ad opera dell’eruzione del 79 d.C. Lo trovate in libreria
col titolo I tre giorni di Pompei,
edito Rizzoli.
Nota: Alberto Angela e Rizzoli devolveranno una parte del
ricavato derivante dalle vendite del libro al restauro di un altro importante
affresco di Pompei, l’Adone ferito, nella casa omonima. Una bellissima decisione che aggiunge un ulteriore contributo al mantenimento in vita di questo sito
straordinario il cui valore e la cui preziosità non sono eguagliate da nessun
altro sito archeologico in tutto il mondo.
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