Quattro anni di reclusione. Cinque anni di interdizione dai pubblici
uffici. 10 milioni di euro a titolo di provvisionale da risarcire all’Agenzia
delle Entrate. È la pena contenuta nella sentenza di primo grado che condanna,
tra gli altri, Silvio Berlusconi,
accusato di riciclaggio e frode fiscale al termine del processo Mediaset, sulla
compravendita dei diritti televisivi.
La sentenza, di qualche ora fa, arriva dopo dieci anni di indagine e sei
anni di processo, anni in cui la Magistratura ha dovuto fare lo slalom tra
i vari provvedimenti salva-premier (legittimo impedimento, lodo Alfano…) che
Berlusconi si è fatto in questi anni. Ma, ed è quello che importa di più,
arriva anche (guarda caso) pochissime ore dopo il videomessaggino stile “Scendo
in campo 1994” che il Cavaliere si è fatto mandare in onda sulle sue reti, per
annunciare la sua “libera” scelta di non ricandidarsi alle prossime politiche.
La Magistratura ha scoperto un sofisticato
sistema di evasione che serviva a creare
fondi neri per Silvio Berlusconi attraverso un passaggio dei diritti dei
film a una catena di intermediari e società schermo che aveva il solo scopo di
far gonfiare i costi dei diritti televisivi dei film trasmessi in TV: Silvio
Berlusconi non comprava dalle major americane da cui provenivano i film, ma da
altre persone giuridiche (intermediari e società, di cui alcune di sua stessa
proprietà!) a prezzi superiori; in questo modo, da una parte, riusciva ad avere
agevolazioni fiscali aumentando il
passivo dei suoi bilanci, dall’altra creava fondi neri perché si metteva da parte i soldi della “cresta” che
provenivano dal pompaggio dei costi. Secondo i PM che hanno seguito la vicenda,
in particolare Fabio De Pasquale, i fondi
neri creati e andati tutti esclusivamente a carico di Berlusconi arriverebbero
a 270 milioni di euro.
Tra gli altri imputati figurano Frank
Agramo (condannato a 3 anni), il «socio
occulto» del Cavaliere in questa faccenda; Fedele Confalonieri (assolto), Daniele
Lorenzano (3 anni e 8 mesi), Gabriella
Galetto (1 anno e 6 mesi), Paolo Del Bue (prescritto) e altri dirigenti. Ma
il «dominus indiscusso», come l’ha
definito la Magistratura, è e resta sempre lui: Silvio Berlusconi, a cui i
giudici hanno dovuto riconoscere una «naturale
capacità a delinquere»; l’ex premier è rimasto «al vertice della gestione dei diritti
[…] anche dopo la discesa in campo».
In seguito alla vicenda, Berlusconi ha
provato a salvare il salvabile. Ovvero, quel po’ di faccia che crede essergli
rimasta. E per farlo ha sfoggiato ancora una volta il suo solito repertorio di
dichiarazioni “indignate”: finge di sentirsi sorpreso della condanna, parla di
una «accusa totalmente fuori dalla realtà», accusa ancora la Magistratura di
fare «accanimento giudiziario» nei suoi confronti ai fini di lotta politica, ma
soprattutto non ci ha privati (no, neanche stavolta) dell’invidiabile corredo
estate-autunno-inverno di processi giudiziari di cui sarebbe stato vittima in
tutti questi anni, citando numeri di processi subiti, spese per avvocati,
udienze tenute a suo carico, perquisizioni (ovviamente gonfiando e reinventando
un po’ le cifre per rifinire bene la sua immagine di martire delle Toghe Rosse)…
Insomma, le solite cose. Un repertorio che dovrebbe aggiornare.
E dire che si era sforzato anche alcune
ora prima, quando volle riandare in onda sul TG5 per farsi trasmettere il
videoclip con cui si “congedava” (almeno formalmente) dalla scena politica. Un
video un po’ fiacco (molto più passionale quello del 1994), dove si vede un
vecchietto consapevole dell’imminente colpo che stanno per infliggergli, che ha
parlato delle «follie» che ha fatto per amore dell’Italia (e ne ha fatte
eccome, di follie!) e di quanto sia «fiero e consapevole dei limiti
della sua opera» (fiero???), che sceglie “liberamente” di fare un passo
indietro per fare largo ai giovani che devono continuare a “fare goal” al posto
suo. Dà poi la colpa alla “sinistra accentratrice”: dice che
in questi 19 anni ha portato l’Italia alla rovina e ha provocato il debito
pubblico (anche se poco prima aveva detto, ed è vero, che per quegli stessi 19
anni c’è stato lui per quasi tutto il tempo…).
Ma rivediamolo, questo videomessaggino, ultimo atto formale della sua
discesa in campo. Anzi, rivediamoli entrambi: il primo e l’ultimo. Così
chiudiamo il cerchio. Ecco dunque a voi, a mo’ di monito, l’inizio e la fine di
questa sgradevole, corrotta, snaturata, manipolatrice, diseducativa e
catastrofica avventura politica. L’alpha e l’omega di un politico coinvolto da
scandali di mafia, di un presidente illegittimo che secondo la legge (l. n.361
del 1957, art.10) non è mai stato nemmeno eleggibile, di un imprenditore
oggetto di indagini di frode fiscale, riciclaggio di denaro sporco e una lunga
serie di incalcolabili reati. L’alba e il tramonto di un mito al negativo degno
solo della fine che ha fatto.
Annuncio della discesa in campo
(26 gennaio 1994)
Annuncio di addio alla politica
(15 ottobre 2012)
E, per chi non vuole rinunciare ai particolari della vicenda, ecco la lettura completa della sentenza, dove vengono spiegati tutti i reati e i meccanismi della frode:
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