martedì 23 ottobre 2012

Lettera aperta ad Elsa Fornero






Signora Fornero,

     ho deciso di scriverle questa lettera senza rivolgerle il titolo di “ministro”, un po’ perché è nelle mie intenzioni rivolgermi alla donna e non al politico, un po’ perché nella mia opinione lei finora non ha mai ancora adempito al suo ruolo di ministro, e non è dunque degna di questo titolo ai miei occhi: niente di personale, giuro, sono solo una persona molto meritocratica.

     Molti se la stanno prendendo con lei perché giusto qualche ora fa se n’è uscita con la sua ennesima esternazione da quattro soldi, vile e greve come la filosofia che anima l’operato dei governi di tutta Europa di questi tempi. Ha detto, Signora Fornero, che i giovani non devono essere troppo choosy, che poi vorrebbe dire “schizzinosi”, nella scelta del lavoro, soprattutto del primo impiego. La stanno attaccando su tutti i fronti e la stanno accusando di tutto: l’accusano di andare contro ogni forma di buon senso, l’accusano di calpestare la dignità dei cittadini che stanno di fatto stentando a vivere per dar da mangiare a lei e alle banche, l’accusano di adottare una condotta indecorosa per il ruolo che ricopre, l’accusano anche di violare l’articolo 4 della nostra Costituzione laddove esso dice che «Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività» (lo so, lo so, sono parole che fanno ridere con i tempi che corrono, ma la prego, resti seria)…

     L’hanno accusata di queste cose, signora Fornero, perché hanno bonariamente pensato che lei credesse davvero a quello che ha detto! Si sono persuasi, nella loro ingenuità e nella loro buona fede, e magari spinti anche dalla loro frustrazione e indignazione generale, che lei fosse davvero convinta di pensare quelle parole!
     Ho sorriso, sa? Io ho sorriso quando lei ha pronunciato quelle parole. Quelle ennesime, offensive, parole che sapevano di altezzosità e di paternalismo spicciolo, che volevano elevarsi a monito dall’alto e che pretendevano di erudire noi, poveri uomini persi in terra senza una guida morale. Ho sorriso, cara signora Fornero, perché sapevo benissimo di assistere all’ennesima dichiarazione di facciata, appositamente studiata a tavolino per abituare la gente a uno standard di aspettative sempre più basso. L’ho capito subito e come me l’avranno capito molti altri!

     Lei non crede davvero che i giovani siano o siano stati schizzinosi, cara Fornero! Lei non crede neanche che nel cercare lavoro si possa parlare di essere schizzinosi, giacché il sistema è fatto in modo tale da non lasciarti mai la possibilità di scegliere agevolmente il lavoro che vuoi e quindi ci si dovrà sempre inevitabilmente “accontentare”, volenti o nolenti.

     Me ne accorgo dalla forma che lei usa: ha detto choosy, e non “schizzinosi”, come a vergognarsi di essere troppo esplicita, di dirlo chiaramente, in italiano, perché sapeva benissimo che essere così sfacciata sarebbe stata cosa disdicevole (l’ha deciso lei o colui che le ha scritto il suo discorso); me ne accorgo dal contenuto: un ministro che parla di schizzinosi non sta lanciando accuse, né può lanciare critiche! Suvvia, è chiaro: lei sta contribuendo semplicemente a rieducare la sensibilità delle persone in modo che in futuro non si ribellino troppo alle decisioni di smantellare pezzo per pezzo la democrazia in questo paese. Me ne accorgo anche perché se chiedessi a lei se fosse disposta a mettersi nella stessa situazione di precarietà dei giovani di oggi, non accetterebbe manco morta.

     Io non mi stupisco: non le è nuovo questo modus operandi. Già in passato lei ha detto che «Il lavoro non è un diritto, ma una cosa che va guadagnata». Se lo ricorda? Lo ha detto a un giornale straniero e anche lì stava ancora una volta indottrinando la gente a rinunciare alle aspettative a cui hanno diritto. Ma mica è la sola! Lungi da me trattarla a mo’ di capro espiatorio! Il suo collega, il signor Monti, del resto, l’aveva anche preceduta: «I giovani devono abituarsi all’idea che non avranno un posto fisso per tutta la vita». Così disse, e lo disse in televisione, davanti a milioni di persone, perché quanto prima lo capiscono, queste capre ignoranti, tanto prima potrete calcare la mano sempre di più, sapendo che resteranno mansueti e obbedienti.

     Lei, signora Fornero, non è in fin dei conti neanche il problema principale. Ormai si sa benissimo che le proposte di legge che voi fate non sono neanche vostre, che vi vengono imposte da gente che sta più in alto di voi, voi che in fin dei conti non siete nessuno, voi che siete solo pedine nelle mani dei grandi potenti d’Europa che da qualche decina di anni stanno portando avanti il loro premeditato piano di sottomissione delle democrazie occidentali.
     So bene che quando andate in televisione o in pubblico a parlare dovete pensare sempre alle solite due cose: da una parte dovete cercare gli eufemismi più convincenti per far accettare alla gente provvedimenti sempre più assurdi (gli eufemismi contro cui, spero, ci stiamo immunizzando un po’ dopo il ventennio berlusconiano); dall’altra dovete provare a risultare voi stessi meno antipatici possibile, per non avere cali di popolarità. Non è il suo caso, signora Fornero: lei non ha intenzione di continuare la carriera politica, lo ha detto lei, quindi si può permettere il lusso di essere ancora più sfacciata e “antipatica” nelle sue dichiarazioni, poiché tanto chi se ne frega se poi nessuno la vota? Non è contenta di non avere questo vincolo?
     So bene che mentite sapendo di mentire. So bene che quando dite «Occorre una svolta», ci state solo dando il contentino per farci tacere come una madre infastidita dai piagnistei di suo figlio che fa i capricci gli promette il lecca-lecca per non farlo più frignare. So bene che lei è cosciente che non esiste più un mercato del lavoro e che quindi dice sciocchezze quando parla di «sforzarsi di trovare il primo impiego».

     Quello su cui mi interrogo e che vorrei tanto sapere da lei, signora Fornero, è questo: nel profondo della sua dignità, in quel luogo di sé dove si resta soli con se stessi, lei si vergogna mai di quello che fa? È la domanda che vorrei rivolgere a molte altre persone che fanno il suo lavoro.
     Mi incuriosisce molto questo aspetto del potere: mi chiedo se davvero esso in quanto tale sia sufficiente a far perdere ai politici quella certa capacità empatica nei confronti della gente che devono servire, mi chiedo se l’“ebbrezza del potere” possa davvero da sola col tempo farvi diventare freddi, cinici, spregiudicati e spudorati; vorrei tanto sapere se col tempo finiate davvero per credere che voi siete nel giusto e che la gente non deve rompervi le scatole… o se invece tornando a casa vi capita mai di abbassare inconsapevolmente la testa perché dentro di voi si accende una qualche forma di pudore e di pentimento per quello che fate. Mi piacerebbe saperlo, signora Fornero, se ogni tanto vi capita di non riuscire a dormire, se dentro di voi siete rimasti umani abbastanza da vergognarvi, mi chiedo se avete ancora questa capacità.

     Non lo saprò mai. Vano pensiero il mio! Non mi resta allora che presumere: e scelgo di presumere che voi siate perfettamente consci dell’inaccettabilità del vostro operato, che ogni tanto vi venga quella fitta nel petto che vi punge al punto da farvi sentire un po’ in colpa, sia anche solo per un secondo; voglio credere, signora Fornero, che i soldi e il potere non vi hanno ancora spersonalizzato delle doti umane con cui sarete stati certamente educati e che prima di salire su un palco per fare una dichiarazione abbiate bisogno di darvi una spinta ad agire in un modo che, nel profondo di voi stessi, vi suscita imbarazzo.

Stia bene.

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