Il Pd è venuto di nuovo in soccorso a Berlusconi, ma stavolta la cosa è
spudorata forte. Per salvare il Cavaliere dall’imminente condanna in Cassazione
per il processo Mediaset stanno infatti facendo di tutto e stanno abbattendo
gli ultimi barlumi di pudore che si potrebbe provare nel fare una cosa del
genere. Prima la mira a farsi fare senatore a vita, laddove, dice la
Costituzione, una persona può essere fatta senatore a vita solo se ha «illustrato
la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e
letterario» (art. 59, comma 2); poi giù a ossessionare Napolitano per farsi
dare la grazia (in nome di quale criterio, poi?), anche se fonti del Quirinale
dicono che «Queste speculazioni su provvedimenti di competenza del Capo dello
Stato in un futuro indeterminato sono un segno di analfabetismo e sguaiatezza
istituzionale»; infine addirittura costringere il Parlamento a
sospendere i lavori per un giorno intero per indire una riunione straordinaria
con tutte le forze politiche (incontro votato mercoledì scorso).
Tutto, tutto per impedire lo svolgimento di un processo regolare, tutto
per impedire l’emanazione regolare di una sentenza, tutto pur di convincere i
poteri a entrare in conflitto con la magistratura, la quale, se anche avesse
delle prove a sostegno, chi se ne frega!, deve tacere e non disturbare. Ma non
è facile mobilitare sempre tutti gli organi istituzionali per fare del
garantismo alle vicende turpi di un solo individuo, e questo Berlusconi lo sa.
Ecco perché da vent’anni si fa aiutare dalla sinistra, e non solo comprando i suoi senatori.
Il Pd infatti lo ha aiutato, con atti o con omissioni, molte volte e ora il suo
aiuto occorre più che mai. Ed ecco che quegli stessi signori che appena qualche
mese fa gridavano “Mai un governo con Berlusconi!”, accorrono in salvezza del
Caimano. Vi spiego il fattaccio.
In Italia esiste una legge, la legge n. 361 del 1957, la quale impedisce
a certe categorie di persone di essere elette in quanto possono avere dei
conflitti di interesse economici che non si concilierebbero con il ruolo
istituzionale che ricoprirebbero. In particolare, all’articolo 10 si legge:
Non sono eleggibili inoltre:
1) coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica, che importino l’obbligo di adempimenti specifici, l’osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse, alle quali la concessione o la autorizzazione è sottoposta;2) i rappresentanti, amministratori e dirigenti di società e imprese volte al profitto di privati e sussidiate dallo Stato con sovvenzioni continuative o con garanzia di assegnazioni o di interessi, quando questi sussidi non siano concessi in forza di una legge generale dello Stato;3) i consulenti legali e amministrativi che prestino in modo permanente l'opera loro alle persone, società e imprese di cui ai nn. 1 e 2, vincolate allo Stato nei modi di cui sopra.Dalla ineleggibilità sono esclusi i dirigenti di cooperative e di consorzi di cooperative, iscritte regolarmente nei registri di Prefettura.
Questo articolo impedirebbe a gente come Berlusconi di essere eletto, lo
renderebbe quindi ineleggibile. Tuttavia, ogni volta che si trattava di
decidere in Parlamento sull’ineleggibilità, grazie all’aiuto della sinistra che
ha sempre votato a favore dell’eleggibilità, Berlusconi ha sempre avuto
semaforo verde. A quanto pare stavolta si sono rotti le scatole di fare questo
giochino ed ecco cosa si sono inventati: 25 esponenti del Pd, primi firmatari
Massimo Mucchetti (presidente della Commissione Industria) e Luigi Zanda
(capogruppo del Pd al Senato), hanno presentato lo scorso 20 giugno un disegno
di legge nel cui testo si vuole sostituire il principio di ineleggibilità con
quello di incompatibilità.
Il parlamentare che rientri nelle
condizioni dell’articolo 10 della legge del ’57, cioè, non sarà dichiarato
direttamente ineleggibile, ma solo incompatibile con la sua carica e potrà
scegliere, entro 30 giorni, un soggetto, che non sia con lui in alcun rapporto
professionale o di parentela a cui vendere le sue società, cosa che dovrà
avvenire entro 365 giorni. Ecco precisamente cosa contiene il testo:
L’azionista di controllo eletto parlamentare deve conferire entro trenta giorni ad un soggetto non controllato né collegato il mandato irrevocabile a vendere entro trecentosessantacinque giorni le partecipazioni azionarie di cui sopra a soggetti terzi, ossia a soggetti senza rapporti azionari né professionali con il venditore e comunque a soggetti diversi dal coniuge, dal convivente more uxorio e dai parenti fino al quarto grado e affini fino al secondo grado, nonché a soggetti diversi dagli amministratori delle società. I due termini di 30 e di 365 giorni devono intendersi come perentori.
Massimo Mucchetti e Luigi Zanda. |
Perché mai il Pd si sarebbe scomodato per cambiare una legge
tanto chiara e ben funzionante? La legge del ’57 dice una cosa giusta: se sei
proprietario o hai controllo su aziende non puoi essere eletto perché
altrimenti potresti usare i poteri politici per favorirti (che è quello che
Berlusconi ha fatto per anni: il processo Mediaset, tanto per citarne una,
parla proprio di questo). Perché cambiare, dunque? Ce lo spiega Anna
Finocchiaro, presidente della Commissione Affari Costituzionali: la legge va
cambiata «perché non è adeguata a
fotografare in maniera compiuta le ipotesi di ineleggibilità […] Non è adeguata
alla modernità del paese, non è una legge moderna».
Be’, ma in tempi di crisi economica, dove
le urgenze sono il lavoro, l’economia a terra, l’evasione fiscale, dedicare la
propria attenzione alla modernizzazione di una legge del genere è davvero
nobile! Ovviamente non siamo tonti e si capisce benissimo che il Pd ha offerto
a Berlusconi la possibilità di sanare il vizio che lo rende inadatto alla
gestione dello Stato, consentendogli di rimanere in politica per poter
continuare le riforme (soprattutto quella della giustizia) di cui ha un
disperato bisogno per non finire in galera.
Ma,
a parte considerazioni di questo tipo, merita particolare menzione il commento di uno stesso democratico, Pippo Civati, che sottolinea come il Pd si sia
ancora una volta dato la zappa sui piedi da solo con una proposta del genere. Ha infatti
dichiarato: «Non si sono resi conto che questa è la prima dichiarazione del Pd
in cui si dice chiaro e tondo che Berlusconi è ineleggibile». Invece di
mandar via un uomo ineleggibile da vent’anni, gli danno l’occasione per restare
in scena e conservare gli equilibri politici che si sono formati, ora che
Berlusconi non ha più la completa egemonia di un tempo.
Ennesimo tradimento del Pd, quindi, che si
riconferma al Pdl «più fedele del cane più affezionato» (Beppe Grillo).
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