Ricordate Sergio De Gregorio, il deputato Idv che Berlusconi comprò per
far cadere il governo Prodi nel 2008? In attesa che la magistratura si occupi
del processo sulla vicenda (da cui potrebbero emergere anche altri capi di
imputazione), De Gregorio, reo confesso, rilascia un’intervista e preannuncia
l’uscita di un libro dove racconta come Berlusconi lo ingaggiò per corromperlo.
De Gregorio, lei è un mezzo condannato: ha appena
chiesto il patteggiamento per corruzione.
Un anno e otto mesi, con il parere favorevole dei
pm, ma so che il mio percorso di espiazione è appena cominciato. E sarà lungo.
Il peccato di far cadere Prodi nel 2008, al Senato:
lei, Berlusconi e Lavitola. L’Operazione Libertà. Il gup di Napoli deciderà se
ci sarà o no un processo.
A Palazzo Madama c’era una task force guidata dal
povero Romano Comincioli (parlamentare di B. morto, ndr), poi Lavitola. Io ero
un senatore novizio.
Un novizio che ora si pente.
Ero lì per la prima volta, non conoscevo tutti.
Avvicinai solo Caforio dell’Italia dei Valori.
Berlusconi le diede tre milioni per lasciare Di
Pietro.
Un milione, ufficiale, al mio movimento e due in
nero. Mi stupivo di questi pagamenti in nero e perciò dissi a tavola quella
battuta riportata oggi [cioè il 27 giugno] sui quotidiani.
“Berlusconi è l’uomo più ricattabile d’Italia”.
Quando un uomo si affida a intermediari come
Lavitola che danno soldi in nero non c’è altra spiegazione per me.
Lavitola non era un volontario a costo zero.
Certamente. Questo era anche un modo, per Lavitola,
di lucrarci sopra. Oltre ai due milioni, so di altri 500mila euro che però non
mi ha mai consegnato. Ma questo fa parte del carattere di Lavitola.
Berlusconi conosce solo il colore dei soldi.
È il suo modo di gestire il potere. Faccia il conto
di quante olgettine paga ancora, di quanto denaro passa ai testi del processo
Ruby.
Un oceano che bagna tutta la vita di Berlusconi,
pubblica e privata.
Lui compra le persone, le usa e le getta.
Il dolore dei soldi.
Ma io ho avuto un segno. Ho sognato mio padre. Mi
diceva di andare dai magistrati e dire tutto su Berlusconi.
Tutta la verità.
Sì.
Non desiderare il parlamentare d’altri: altri
peccati di shopping istituzionali?
Nel 2010 alla Camera.
L’anno dello strappo di Fini. Scilipoti e Razzi
consegnati a un’eternità imbarazzante.
So di un altro deputato.
Il nome del comprato?
Non mi faccia andare oltre. Mi comprenda, i
magistrati stanno approfondendo.
Era dell’Idv?
No.
Allora un finiano di ritorno, riacciuffato
all’ultimo da Berlusconi.
Non posso dire nulla.
Un’altra Operazione Libertà.
Denis Verdini fu il bomber della trattativa.
Plurinquisito impresentabile.
Ho incontrato Verdini il 19 dicembre scorso. È
stata l’ultima volta che ci siamo visti.
Voleva recuperarla?
Sì. Fu mandato da Berlusconi, che invece non volli
vedere. Si stavano preparando le liste per le politiche.
Verdini le riempiva.
Mi disse: “Dai Sergio candidati. Andiamo tutti al
Senato, io, te, Silvio, Nicola [Cosentino, ndr]. Ho visto i numeri, se ci
facciamo eleggere lì non c’è la maggioranza per far passare le ordinanze di
custodia cautelare”.
Un discorso nobile. Il vero volto del
berlusconismo.
Ho detto no. Ho preferito il carcere, appena finito
il mandato parlamentare.
Arresti domiciliari per i soldi pubblici
all’Avanti. Truffa e bancarotta. Revocati l’altro giorno.
Anche in questa inchiesta sono stato collaborativo.
Il suo percorso di espiazione prevede un libro.
Uscirà a settembre. Non le dico l’editore per un
solo motivo. Se qualcuno lo sa, si compra la casa editrice e lo blocca.
L’Espresso anticipa due capitoli: lei fermò una
rogatoria su fondi neri di Mediaset in Cina.
Centinaia di milioni di euro. Conti intestati a
Frank Agrama [socio di Berlusconi condannato insieme a lui per i diritti tv
Mediaset, ndr]. Mi avvisò il console italiano a Hong Kong, mi mandò un fax con
le intestazioni cancellate del ministero della Giustizia. Avvisai Berlusconi,
che cenò a Palazzo Grazioli con l’ambasciatore cinese e il fido Valentino
Valentini.
Niente rogatoria.
Sì, il risultato venne raggiunto. Io inventai anche
l’associazione parlamentare Italia-Hong Kong, dicendo: “Qui si tratta di togliere
dal fuoco le castagne di Berlusconi”.
Finiamo il conto: i cinque milioni teorici che lei
offrì a Caforio, che disse no ma registrò tutto e diede la cassetta a Di
Pietro.
Questo è l’episodio più singolare. Nessuno che si
domandi perché quella cassetta Di Pietro non l’ha mai data ai magistrati.
De Gregorio, quando ha deciso di parlare?
Dopo l’arresto di Lavitola, nel 2012. Lo dissi a
Ghedini.
L’avvocato di Berlusconi.
Gli dissi che avrei lasciato la politica per non
finire nel tritacarne. Sarei stato inseguito per tutta la vita, come Al Capone.
Cosa rispose?
Che anche Berlusconi stava pensando alla stessa
cosa.
Lasciare la politica?
Sì, ma poi non l’ha fatto. Ghedini è la radice di
tutti i mali di Berlusconi, mi creda.
Tratto da: Il fatto quotidiano del 28 giugno 2013
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