domenica 7 aprile 2013

Civitanova Marche: coppia si uccide per povertà. Oggi i funerali


     La povertà non è un disonore, si sa, ma quando arriva a togliere la dignità alle persone, la vergogna che ne deriva può spingere a gesti estremi come togliersi la vita. E Romeo Dionisi, 62 anni, muratore disoccupato, e sua moglie Anna Maria Sopranzi, 68 anni, ex artigiana, ne avevano molta, di dignità: la morte che si sono dati lo scorso 5 aprile è stato il loro modo di valorizzarla.
     Questa è una di quelle storie di cui i giornali parlano una tantum, quelle storie che fanno anche indignare ma che si dimenticano in fretta in questo paese che non è capace di ricordare e, quindi, di imparare. È anche, questa, una storia non nuova, già sentita, che aumenta il fardello che la nostra (mala) politica si porta alle spalle. A Civitanova Marche (Macerata) si è quindi consumato l’ennesimo imperdonabile caso di omicidio di Stato.
     Romeo non riusciva a farsi pagare gli ultimi lavori svolti da muratore ed era quindi senza lavoro; come se non bastasse, la ditta di Napoli per cui aveva lavorato attualmente fallita, non gli dava i soldi che gli spettavano; sua moglie Anna Maria viveva con una pensione indegna di circa 500 euro inutile anche per l’affitto di casa. Dove trovare il denaro per mangiare? Vivere così, con il peso delle tasse che incombono anche più che in passato e dei contributi previdenziali da versare, avrebbe dovuto significare per loro, che hanno lavorato per una vita intera, ridursi allo stato di straccioni o farsi segnalare ai servizi sociali del comune.
     Nel condominio in cui vivevano abita anche Ivo Costamagna, presidente del consiglio comunale della città, che li avrebbe invitati al Comune per discutere il loro caso. Ma la burocrazia italiana raramente è in grado di risolvere questi problemi sociali e per i due anziani coniugi, che a quella dignità tenevano tanto, ammettere di non poter mettere il piatto in tavola dopo un’intera vita passata a lavorare era una vergogna troppo grande. La morte e il silenzio che essa porta è parsa loro la sola soluzione accettabile.
     Si sono impiccati entrambi, insieme, finché morti non li separi, da bravi compagni di vita, in uno stanzino vicino al loro garage. Sono rimasti uniti fino alla fine, insieme avranno approntato le corde, magari scambiandosi un ultimo sguardo prima di lasciarsi andare, magari stringendosi la mano per trasmettersi quel coraggio che pure occorre, e anche in abbondanza, per compiere lucidamente un gesto del genere.
     I cadaveri sono stati ritrovati dai carabinieri, prontamente chiamati dai vicini di casa, che hanno scoperto il fatto grazie a un biglietto che i coniugi stessi avevano lasciato nel garage del condominio: su di esso Romeo e Anna Maria hanno lasciato innanzitutto parole di scusa, scusa per il gesto, per quel gesto. Ma scusa dovrebbero chiedere i responsabili di tutto questo, quegli individui lontani dalla realtà che costituiscono quell’istituzione che va indegnamente sotto il nome di “Stato”.
     Dal biglietto gli inquirenti hanno evinto il movente economico del suicidio: è lì che la coppia ha lasciato trasparire quell’estremo bisogno di preservare quella certa dignità che sentivano di aver perso nella loro condizione di gente indigente e abbandonata dalle istituzioni. Il fratello di Anna Maria, Giuseppe, che abitava nell’edificio accanto a quello della coppia, appena saputa la notizia, preso dalla disperazione, si è gettato in mare dal molo: morto anche lui. Dal dolore.
     Tre vittime della negligenza, della strafottenza, di quel grave deficit di empatia morale di cui i nostri politici si vestono con un’arroganza sempre più insopportabile. Tre morti sulla loro coscienza. E la cosa peggiore è che passerà presto di mente a tutti, a quei politici per primi che non sanno cosa sia la crisi grazie ai loro stipendi d’oro e alle mille ruberie derivanti dai reati finanziari che sono stati eccelsi nel commettere.
     Ieri il sindaco, Tommaso Claudio Corvatta, ha proclamato una giornata di lutto cittadino e oggi si sono svolti i funerali. La presidentessa della Camera dei deputati, Laura Boldrini, aveva già annunciato di voler partecipare alle esequie, e non solo perché lei è nata a 20 chilometri da Civitanova ed era quindi conterranea, ma anche perché secondo lei «il primo dovere delle istituzioni è esserci, metterci la faccia, tanto più nei momenti duri […] Sarebbe troppo comodo, e per quanto mi riguarda inaccettabile, scegliere di essere presenti soltanto dove è garantito l’applauso». È stata la sola politica nazionale a presenziare al rito.
     Ma la rabbia ai funerali era tanta. E molti si sono lasciati scappare contestazioni, dal «Facevi meglio a non venire!», rivolto alla stessa Boldrini, ai «Vergogna! Ladri! Omicidio della politica! Neanche gli animali sono trattati così». Più secco e lapidario il commento lasciato invece da Giuseppe Giudici, cognato di Romeo: «Tanto è inutile girarci attorno, lo sanno tutti chi li ha uccisi: L’Inps, Equitalia. Insomma lo Stato».
     Cresce ancora, dunque, il numero di morti per la crisi. E cresce aprendo il suo abbraccio mortale a più livelli della scala sociale: si uccidono gli imprenditori che, soffocati dai debiti e affamati dai crediti non riscossi, devono prima licenziare operai, poi ridurre la produzione, poi vendere la casa e infine chiudere l’azienda; si uccidono anche i pensionati, che dovrebbero restare tutelati perché sono tra la cosiddette categorie deboli. Chissà, forse domani ci sveglieremo e i giornali parleranno di un laureato toltosi la vita perché voleva sposarsi ma non poteva permettersi il lusso di sognarlo… o magari si parlerà di un malato di sla a cui lo Stato a negato i sussidi economici per la cure. Non rilassiamoci troppo: sono realtà già fin troppo vicine.

Romeo Dionisi, Anna Maria e Giuseppe Sopranzi

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