martedì 25 febbraio 2014

Latino e greco antico patrimonio dell’umanità: firma l’appello all’UNESCO

     Cosa rispondereste se vi chiedessi di cancellare dalla vostra memoria tutta la vostra infanzia? Vi piacerebbe perdere il ricordo dei vostri giochi, della prima volta che avete imparato a scrivere, o che avete giocato a calcio, o la prima volta che avete capito cosa significa innamorarsi, o il primo bacio? Come vi sentireste a continuare la vostra vita (anche lunga e in perfetta salute) senza più avere dentro di voi quel pezzo di voi stessi? Immaginate se addirittura vi chiedessi di cancellare dalla vostra mente tutto ciò che avete imparato a scuola: non parlo solo di sapere leggere, scrivere o contare, ma proprio di tutte le idee che avete imparato stando a scuola, le opinioni che vi siete formati sulle cose, i meccanismi che avete capito dalla storia e che si ripetono ancora oggi. Immaginate infine se vi chiedessi di dimenticare gli insegnamenti dei vostri genitori, compresi tutti i valori che vi hanno trasmetto, comprese le loro “lezioni di vita”, che vi permettono di affrontare anche le situazioni che non avete mai vissuto. Dalla psicologia sappiamo che ciò che avviene nella nostra infanzia, anche quello che non riusciamo a ricordare, ha un’importanza enorme perché ci dà gli elementi per farci diventare ciò che siamo da adulti. Quindi senza l’infanzia non saremmo quelli che siamo, e non potremmo nemmeno insegnare ai nostri figli a essere gli uomini che vorremmo. 

     Il progresso delle nostre vite si bloccherebbe se perdessimo elementi importanti del nostro passato, esso morirebbe, sarebbe come un albero a cui vengono tolte le radici: anche se continuasse a rimanere piantato non farebbe germogliare nemmeno una foglia. Cancellare il passato significa quindi bloccare il futuro.

     Ebbene, questo discorso vale perfettamente non solo per i singoli individui ma anche per i popoli. Anzi, per l’umanità nel suo complesso. Ci sono e ci sono stati nella storia fenomeni così importanti da condizionare e plasmare l’anima e lo spirito dei popoli, al punto da dar loro un’identità, un modo di essere e di “funzionare”. Si tratta di meccanismi o espressioni che, se vengono eliminati, non permettono più di formare le persone, esattamente come un essere umano che non può più formarsi o formare i propri simili se gli vengono negati quei preziosissimi “strumenti” culturali di cui parlavamo poco fa. Tra questi strumenti ci sono le cosiddette lingue classiche, ovvero il latino e il greco antico. Chi ha studiato queste lingue, e le ha studiate per bene, sa quanto inestimabile sia il valore che esse incarnano. Tuttavia il loro insegnamento nelle scuole viene seriamente minacciato dalle recenti politiche scolastiche di più di un governo. Ecco perché è nata questa bellissima petizione, promossa dall’Istituto Italiano pergli Studi Filosofici e dall’Accademia Vivarium Novum, con cui si chiede all’UNESCO di annoverare le lingue classiche tra il patrimonio dell’umanità.

     Esorto vivamente tutti coloro che abbiano buon senso a firmarla, perché anche coloro che non le hanno mai studiate hanno ricevuto e ricevono ogni giorno nella loro vita gli “effetti” che tali lingue hanno da sempre esercitato. Leggendo il breve testo della petizione ciascuno si farà un’idea più chiara di quello che intendo.

     La firma avviene online, in un solo semplice passaggio. Aprendo QUESTO LINK sarete indirizzati alla pagina dove compare il testo della petizione (che vi lascio alla fine del post): cliccando sul tasto rosso “Sign petition” si apre una piccola finestra con i soliti campi da compilare con un nome e un indirizzo e-mail. Fatto!

     Lascio anche questo link da cui potrete anche scaricare un testo in varie lingue (tra cui anche latino e greco!) e promuovere, volendo, la petizione.

TESTO

Appello per il riconoscimento del latino e del greco come “patrimonio immateriale dell’umanità”

L’umana cultura ha spesso, in occidente come nelle regioni d’oriente, sentito quasi l’esigenza di lingue atte non solo a superare i confini spaziali che separano uomo da uomo, ma anche a riunire, vinta la tirannide del tempo, sapienti vissuti in epoche diverse, la cui voce, espressa in una forma non soggetta alle mutazioni del divenire continuo, giungesse viva e chiara ad altri cercatori nel corso dei secoli. Queste lingue, non mai o non più parlate da nessun popolo, hanno svolto nella storia delle idee e della cultura un ruolo fondamentale, e tuttora costituiscono un inestimabile tesoro dell’umanità. Così il sanscrito ha, non solo in India, trasmesso intatte dottrine e speculazioni filosofiche da epoche remotissime fino ai nostri giorni; così l’arabo classico e il persiano medievale ci hanno consegnato le meditazioni dei mistici sufi e le discussioni dei pensatori che riflettevano con profondità sui testi sacri e sulle opere d’Aristotele e Platone; così la lingua ebraica, solo di recente riportata alla vita, ha per quasi due millenni tramandato la sapienza d’un popolo nelle forme consacrate dai suoi testi; così il cinese antico ci consente ancor oggi d’ascoltare la lezione di Confucio e Laoze. Tutte queste lingue, e le civiltà ch’esse esprimono, costituiscono un grande patrimonio, che va tutelato e difeso.

L’Europa tutta riconosce nelle civiltà greca e latina le radici storiche del proprio mondo e il tesoro inesauribile della memoria comune del vecchio continente. La lingua greca, sfruttando la sua estrema malleabilità e la sua formidabile potenza espressiva, ha dato voce al pensiero filosofico e, attraverso di esso, a concetti come quello di libertà, di virtù, di democrazia, di politica, dell’idea che trascende la miseria transeunte. È la lingua in cui s’è forgiato tutto il lessico intellettuale europeo, che ancor oggi s’adopera nell’intero mondo occidentale ogni volta che si fa riferimento a creazioni o scoperte dello spirito umano, alle scienze della natura, alla medicina, alla filosofia.

Il latino, con la sua solennità e la sua concretezza, ha accolto l’eredità della Grecia, e ha costituito, ben oltre i confini temporali dell’Impero politico che la sosteneva e diffondeva, il veicolo comune della cultura europea, dando la possibilità ad uomini diversi per nazionalità, per religione e per costumi, di sentirsi cittadini d’un’unica res publica, che, pur avendo perduto quell’unità materiale ch’era stata garantita da Roma, ne conservava i due doni più preziosi: la lingua unica e le leggi.

Di latino s’è nutrito il messaggio cristiano, terza radice della nostra civiltà, che ha fatto vibrare un nuovo apporto vitale sulle note immortali della liturgia; l’azione politica e civile di Carlo Magno e dei suoi successori, nonché le imponenti ramificazioni del monachesimo e il lavoro degli umanisti ne hanno corroborato e maggiormente diffuso l’uso tra tutti i popoli d’Europa, e l’hanno trasformato nel cemento che ha culturalmente unificato per tanti secoli il variegato mosaico di genti che la compongono. Il latino ha conservato, nello scorrere del tempo e delle epoche, un’incredibile vitalità, perché ha saputo sempre rinnovarsi adeguandosi di volta in volta alle diverse esigenze del mondo di cui diventava espressione. In latino si sono espressi S. Tommaso e Dante, Giordano Bruno ed Erasmo, Tommaso Moro e Galileo, Cartesio e Leibniz, Newton e Gauss, insieme all’armonico coro di voci diverse di migliaia d’altri scienziati, letterati, giuristi, filosofi, matematici, umanisti che han fatto l’Europa.

Latino e greco hanno costituito la base fondamentale dell’educazione d’ogni uomo colto dell’occidente fino alla metà del Novecento, continuando a far sentire in tal modo il loro benefico influsso su tutta la nostra civiltà.

L’Europa si sta oggi avviando verso una nuova unità: l’Unione europea, che si sta realizzando gradualmente, ma con rapidità. Viviamo già in una realtà d’unione finanziaria, di libera circolazione delle persone, dei beni, dei capitali e dei servizi, e va realizzandosi a pieno titolo anche l’unione monetaria.

È necessario però che l’Europa unita recuperi anche e soprattutto la consapevolezza della sua identità culturale e non dimentichi le civiltà e le lingue che l’hanno prodotta, coltivandole come bene collettivo, espressione dell’uniformità di concetti e di pensieri di tipo europeo.

Le nuove esigenze di tipo pragmatico stanno lentamente emarginando lo studio delle lingue latina e greca nelle scuole di tutt’Europa. I futuri uomini colti del nostro continente rischiano dunque d’ignorare quasi del tutto il passato in cui affondano le radici della nostra civiltà e del nostro pensiero. Non ci si può accontentare d’una conoscenza sommaria e superficiale raggiunta attraverso traduzioni e resoconti in chiave moderna: né può costituire elemento di conforto la presenza del latino e del greco come lingue in scuole di tipo professionalizzante, destinate solo a formare futuri antichisti, in cui tali discipline non hanno più la funzione formativa di garantire una possibilità all’uomo colto d’accedere alle radici del suo passato, ma costituiscono un mero strumento di lavoro per lo svolgimento della sua futura professione. Delle tre radici della civiltà europea, latina, greca e cristiana, l’Italia, per la sua particolare condizione di territorio in cui la cultura ellenica ha sviluppato fiorenti colonie e straordinarie scuole di pensiero filosofico, e Roma ha costituito da un lato il centro propulsore dell’impero che da lei prende nome, e dall’altro la sede primaria e il punto d’irradiazione della cultura cristiana; l’Italia, dicevamo, rappresenta quasi il punto d’ideale confluenza storica.

È per questo che chiediamo all’UNESCO:
- di farsi garante d’una continua sensibilizzazione dei governi europei per invitarli a impegnarsi, soprattutto nelle loro politiche scolastiche, per la salvaguardia concreta delle lingue latina e greca, come massima espressione della sostanza culturale d’Europa, portata in diverse parti del mondo;
- d’impegnarsi per dichiarare il latino e il greco «patrimonio culturale dell’umanità» non soltanto europea, ma anche extraeuropea, come elemento unificante della civiltà occidentale e come eredità d’inestimabile valore lasciataci da oltre duemilasettecento anni di storia culturale,
- di voler investire il governo italiano della responsabilità di “garante della salvaguardia del latino e del greco” come discipline portanti, assieme alla filosofia, di una scuola formativa non professionalizzante, e d’un’educazione globale e umana delle nuove generazioni;
- e di nominare l’Italia “scrigno simbolico” e crocevia delle culture e delle lingue greca e latina, perché si sviluppi un interesse che coinvolga tutti i settori della sua cultura, dal sistema scolastico al mondo della scienza, dello spettacolo e dei mezzi di comunicazione di massa.


Nessun commento:

Posta un commento