Una eccezionale scoperta per le neuroscienze e per la biologia cellulare
viene dalla Facoltà di Medicina della Stanford University: uno studio condotto
sul tessuto epatico di topi ha portato alla trasformazione di cellule del
fegato in cellule del sistema nervoso senza passare per lo stadio di cellule
staminali pluripotenti. Lo studio, guidato dall’italiano Samuele Marro, PhD, è di fondamentale importanza per le
applicazioni terapeutiche e di ricerca in cui è necessario trovare nuove
cellule nervose.
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Samuele Marro, ricercatore alla
Stanford University.
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Le cellule nervose, dette neuroni,
sono le cellule dei nostri nervi, del nostro midollo spinale e del nostro
cervello e in molte ricerche è essenziale poterle studiare, poiché sono tra le
più difficili da osservare; inoltre in molte malattie neurodegenerative i
neuroni vengono compromessi fisicamente. Una ricerca che quindi permetta di
procurarsi questo tipo di cellule è di importanza vitale per curare disturbi
come il morbo di Parkinson, in cui risultano compromessi dei neuroni detti
dopaminergici.
La ricerca del dottor Marro è il prosieguo di una precedente ricerca guidata
da Marius Wernig, PhD e MD, in cui
si scoprì che dei fibroblasti tegumentari di topo, cellule che producono
proteine della pelle, potevano diventare neuroni. La ricerca è proseguita con
lo studio di Marro, che presenta però delle differenze importantissime.
Ma andiamo con ordine. All’inizio dello sviluppo le cellule sono tutte
uguali e tutte hanno la stessa possibilità di trasformarsi in un qualunque
altro tipo cellulare del corpo: queste cellule indifferenziate sono le cellule staminali pluripotenti. Una staminale
pluripotente, per esempio, può diventare un cardiocita (cellula del cuore) o un
osteocita (cellula ossea) o un epatocita (cellula del fegato) e questa
trasformazione avviene grazie a delle proteine e fattori di crescita con cui le
cellule vengono a contatto: l’effetto di questa interazione tra molecole e
cellule indifferenziate fa sì che solo una parte del DNA (i geni) di queste
cellule cominci a funzionare e che quindi quella cellula produca le proteine
adatte a diventare solo un particolare tipo cellulare.
È infatti il DNA a contenere le informazioni per produrre tutto ciò che
a una cellula serve per trasformarsi in ciò che deve diventare. Cosa
importante: ogni cellula del nostro corpo dotata di DNA
contiene tutte le informazioni per potersi trasformare in ogni altro tipo cellulare.
Ad esempio, una cellula di un rene, anche se si è già differenziata in una
cellula ben precisa, ha dentro di sé le informazioni per poter diventare anche
cellula intestinale o cellula dell’occhio o ancora cellula di un polmone, che
ovviamente sono cellule che hanno caratteristiche diverse. Il fatto che in una
cellula si attivino le informazioni genetiche per diventare una cellula di tipo X non
significa che essa abbia solo informazioni
X, ma che usi solo quelle
informazioni, senza usare tutte le altre, che comunque possiede. Quindi tutte
le cellule hanno lo stesso genoma, ma ogni tipo cellulare ne usa una parte
diversa. Queste informazioni genomiche sono appunto i geni, che non sono altro
che pezzi di DNA.
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Confronto tra una cellula del fegato (a sinistra) e una cellula nervosa (a destra):
si noti la grande diversità strutturale tra i due tipi cellulari, che si riflette in una
diversità funzionale abissale.
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Esiste quindi una scala nell’evoluzione cellulare: il punto di partenza
è quello di staminali e poi, attraverso passaggi e stadi successivi, una cellula
matura sempre di più fino a diventare cellula differenziata, ad esempio, del
pancreas. Normalmente è possibile trasformare una cellula differenziata (diciamo
di tipo A) in una cellula differenziata di tipo diverso (diciamo di tipo B), ma
per farlo la si deve riportare al punto di partenza di staminale e farle
ricominciare il percorso da capo: ovvero il percorso sarebbe “tipo A-staminale-tipo
B. Invece nella ricerca di Marro delle cellule epatiche (del fegato) sono state
portate direttamente a diventare
neuroni, senza passaggi intermedi. Questo ha fatto risparmiare tempo, risorse e
rischi legati alle mutazioni genetiche. Precisamente, le cellule epatiche hanno
cominciato a diminuire la produzione delle loro proteine (e questo processo è
conosciuto come down regulation,
sottoregolazione) e a produrne altre, perché i geni che li rendevano cellule
epatiche sono stati resi “silenti”, ovvero non sono stati più usati.
Marro ha fatto iniettare tramite virus innocui (i virus sono spesso
usati come vettori, cioè come trasportatori, nell’ingegneria genetica) in cellule
epatiche di topo tre proteine, dette Drn2,
Ascl1 e Myt1l: queste proteine si sono legate al DNA delle cellule
epatiche, hanno attivato quei geni che funzionano nei neuroni (e che non funzionano
nelle cellule epatiche) e hanno cominciato a far produrre alle cellule epatiche
le proteine che invece i neuroni producono. Il risultato è stato che in tre
settimane le cellule epatiche hanno cominciato a diventare cellule nervose,
funzionando proprio come fanno i neuroni.
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Schema che mostra due dei tre tessuti embrionali: in blu
l'ectoderma, da cui si sviluppano la pelle e il sistema nervoso;
in giallo l'endoderma, da cui discendono gli organi viscerali,
come il fegato.
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I neuroni così prodotti, chiamati neuroni
indotti, si sono “integrati” con altri neuroni dimostrando di poter essere
impiantati in un tessuto nervoso. Si tratta del primo caso nella storia della
biologia in cui una trasformazione da un tipo cellulare all’altro avviene senza
passare per lo stato primordiale di staminale. Ma questo non è il solo motivo
per cui questa ricerca è degna di nota: non è un caso, infatti, che le cellule
usate in questa ricerca siano cellule del fegato, mentre quelle usate nella
ricerca di Wernig erano fibroblasti della pelle. La pelle, infatti, deriva
dallo stesso tessuto embrionale da cui deriva anche il sistema nervoso, l’ectoderma,
e cellule di uno stesso tessuto hanno più cose in comune tra loro; mentre le
cellule del fegato derivano da un tessuto embrionale diverso, detto endoderma:
quindi cellule del fegato e cellule nervose sono ancora più diverse tra loro rispetto
a quanto lo siano cellule della pelle e cellule nervose.
In parole povere, le cellule della ricerca di Marro sono ancora più dissimili
tra loro delle cellule della ricerca di Wernig: il fatto che cellule
provenienti addirittura da tessuti embrionali diversi si siano trasformate le
une nelle altre (studio di Marro) è una maggiore riprova del fatto che la
trasformazione è vera, proprio perché è una trasformazione più difficile da
realizzare.
Inoltre le cellule epatiche hanno caratteristiche e proprietà molto
meglio definite dei fibroblasti e si trovano in un solo organo del corpo;
invece, i fibroblasti sono presenti anche altrove e sono definite meno
dettagliatamente. Questo rende il confronto più misurabile e più gestibile.
La frontiera aperta da questa transdifferenziazione
– questo il termine tecnico per indicare questo passaggio cellulare – è senza
pari e, se portata avanti nella maniera giusta, può aprire la strada a numerosi
metodi di studio e terapeutici per quelle malattia neurologiche e
neuropsicologiche in cui i neuroni sono colpiti in prima persona.