Coi tempi che corrono (e corrono davvero!), tutti pieni di frenesia, dove i problemi sono così tanti che ci si affoga dentro, la gente è troppo occupata a sopravvivere, troppo occupata a restare con la testa fuori dalla melma per fermarsi a riflettere su quello che accade. E il fatto che non si rifletta su quello che accade è proprio uno degli elementi grazie ai quali quella gente può subire le peggiori brutture senza che se ne renda conto.
D’altra parte, fermarsi a riflettere, a fare il punto della situazione, a leggere tra le righe, a cercar di notare il subdolo che vuole nascondersi, non è cosa facile. Né è stimolante. I più si annoiano! Si è stanchi la sera, tornati a casa dal lavoro: non si ha la testa di esaminare lucidamente le dinamiche della storia.
Per fortuna c’è la satira! Perché la satira coniuga perfettamente queste due istanze: da una parte fornisce un punto di vista critico sulle cose, sui fatti della storia e della politica, denunciando le disonestà, additando vizi e reati e i personaggi che li incarnano; dall’altra fa tutto questo senza il peso del tono tedioso che altre forme imporrebbero, rendendo il tutto più lieve e divertente.
Nella puntata del 29 novembre 2010 di Vieni via con me, il premio Nobel Dario Fo si diverte (e ci diverte) a fare il verso al “Principe” di Machiavelli, delineando chiaramente tutti i più elementari princìpi cui si attiene il governante disonesto il quale non voglia limitarsi a trarre dal suo ufficio ricchezza e potere (come fanno i più), ma anzi, volendo andare oltre, mira a sgretolare le basi della democrazia affinché tutto ciò che prima era reato, dopo di lui non lo sia più e non ci sia quindi più bisogno di proteggersi dalla legge, agendo indisturbato nel pantano dell’illecito.
E, per i tonti che non avessero inteso…
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