La primavera è definitivamente giunta. Direi che è proprio il caso di segnalare in questo sesto numero della rubrica Scripta manent uno dei passi più dolci e “primaverili” della letteratura italiana.
Voglio portarvi nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis, romanzo epistolare uscito dalla penna di Ugo Foscolo: un giovane studente, Jacopo Ortis, durante la sua permanenza sui colli Euganei, tra solitudine e rammarico per la sua patria, conosce la giovane Teresa, promessa da suo padre a un uomo che lei non ama. Tra i due giovani nasce intesa, fanno insieme chiacchierate in mezzo alle bellezze del paesaggio veneto, fino a quando, unica volta in tutto il romanzo, i due si baciano. Per Jacopo quel bacio è davvero la primavera dei sensi ed egli ne racconta gli effetti all’amico Lorenzo (destinatario delle epistole del romanzo), arrivando a fare, nell’ultima parte della lettera, una bella riflessione sulle illusioni umane e sul bisogno, tutto umano, di illudersi. Chiude il passo una promessa che Jacopo fa a se stesso, che mi fece applaudire quando la mia prof. di Lettere ce la lesse al Liceo.
gdfabech
15 maggio
Dopo quel bacio io son fatto divino. Le mie idee sono più alte e ridenti, il mio aspetto più gajo, il mio cuore più compassionevole. Mi pare che tutto s’abbellisca a’ miei sguardi; il lamentar degli augelli, e il bisbiglio de’ zefiri fra le frondi son oggi più soavi che mai; le piante si fecondano, e i fiori si colorano sotto a’ miei piedi; non fuggo più gli uomini, e tutta la Natura mi sembra mia. Il mio ingegno è tutto bellezza e armonia. Se dovessi scolpire o dipingere la Beltà, io sdegnando ogni modello terreno la troverei nella mia immaginazione. O Amore! le arti belle sono tue figlie; tu primo hai guidato su la terra la sacra poesia, solo alimento degli animi generosi che tramandano dalla solitudine i loro canti sovrumani sino alle più tarde generazioni, spronandole con le voci e co’ pensieri spirati dal cielo ad altissime imprese: tu raccendi ne’ nostri petti la sola virtù utile a’ mortali, la Pietà, per cui sorride talvolta il labbro dell’infelice condannato ai sospiri: e per te rivive sempre il piacere fecondatore degli esseri, senza del quale tutto sarebbe caos e morte. Se tu fuggissi, la Terra diverrebbe ingrata; gli animali, nemici fra loro; il Sole, foco malefico; e il Mondo, pianto, terrore e distruzione universale.
Adesso che l’anima mia risplende di un tuo raggio, io dimentico le mie sventure; io rido delle minacce della fortuna, e rinunzio alle lusinghe dell’avvenire. - O Lorenzo! sto spesso sdrajato su la riva del lago de’ cinque fonti: mi sento vezzeggiare la faccia e le chiome dai venticelli che alitando sommovono l’erba, e allegrano i fiori, e increspano le limpide acque del lago. Lo credi tu? io delirando deliziosamente mi veggo dinanzi le Ninfe ignude, saltanti, inghirlandate di rose, e invoco in lor compagnia le Muse e l’Amore; e fuor dei rivi che cascano sonanti e spumosi, vedo uscir sino al petto con le chiome stillanti sparse su le spalle rugiadose, e con gli occhi ridenti le Najadi, amabili custodi delle fontane. Illusioni! grida il filosofo. - Or non è tutto illusione? tutto! Beati gli antichi che si credeano degni de’ baci delle immortali dive del cielo; che sacrificavano alla Bellezza e alle Grazie; che diffondeano lo splendore della divinità su le imperfezioni dell’uomo, e che trovavano il BELLO ed il VERO accarezzando gli idoli della lor fantasia! Illusioni! ma intanto senza di esse io non sentirei la vita che nel dolore, o (che mi spaventa ancor più) nella rigida e nojosa indolenza: e se questo cuore non vorrà più sentire, io me lo strapperò dal petto con le mie mani, e lo caccerò come un servo infedele.
Ugo Foscolo, Ultime lettere di Jacopo Ortis
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