sabato 14 maggio 2011

C’è premier e premier

     C’è chi dice che l’Oriente sia molto più civile dell’Occidente. A questa diceria voglio dare conferma facendo un parallelo ispirato a fatti di alcuni giorni fa. Prendiamo due paesi che attualmente stanno fronteggiando due tipi di crisi: da una parte il Giappone, vittima della recente crisi nucleare della centrale di Fukushima; dall’altra l’Italia, che traballa sempre più a stento sotto il peso della crisi economica (e, aggiungo, sociale), più lenta e dilatata nel tempo, ma non meno grave per l’assetto democratico del paese. Consideriamo poi i due premier che attualmente si stanno impegnando per fronteggiare le rispettive crisi: da una parte il Primo Ministro Naoto Kan; dall’altra il “Cavaliere” Silvio Berlusconi.


Il Primo Ministro giapponese Naoto Kan.
     10 maggio 2011. Giappone. Il Primo Ministro Naoto Kan rilascia un’intervista in cui dichiara che rinuncerà al suo stipendio perché «Insieme con la Tepco [la società che gestisce la centrale di Fukushima] il governo ha una grossa responsabilità per l’incidente nucleare, visto che ha perseguito una politica energetica basata sul nucleare». Cioè: questo signore, capo del governo giapponese, si è decurtato da solo lo stipendio (quando non era tenuto a farlo), con la motivazione che, poiché il governo ha scelto di passare al nucleare, allora si è tacitamente assunto la responsabilità di tutto ciò che riguarda il nucleare!!! Pensate a una cosa del genere fatta da noi in Italia: sarebbe da ridere. Beh, per la verità qualcuno tentò di proporre una cosa analoga. Io ricordo di un certo Antonio Borghesi (Italia dei Valori), che propose di abolire il vitalizio, ovvero quello stipendio “extra” che i parlamentari prendono a vita per il semplice fatto di essere stati parlamentari per almeno due anni. Una somma che varia dai 3000 ai 9000 euro al mese. E il vitalizio viene preso al di fuori dello stipendio di parlamentare, cioè è una cosa a parte. Ovviamente la proposta di Borghesi fu bocciata irrisoriamente.
     Ma torniamo al caso del premier Kan: in questo caso siamo di fronte a una politica che si assume addirittura da sola la responsabilità di quello che fa, senza che qualcuno la metta di fronte alle sue contraddizioni (ho detto “addirittura”: questo tradisce il fatto che anche io stia cominciando a considerare normale quello che avviene da noi). Non dico che non ci possa essere un tornaconto personale: di certo, come minimo, l’immagine di questo ministro ne uscirà irradiata! Ma intanto qualcosa di concreto è stato fatto e non a titolo personale: non è il ministro che si è assunto le sue responsabilità, ma il governo intero! E questo è un buon modo di fare politica secondo me. L’esempio del premier è stato seguito dal presidente della Tepco e da altri sette dirigenti di questa compagnia: una volta accertate le responsabilità dell’accaduto, coloro che sono chiamati in causa si sono subito rimboccati le maniche. Queste persone, Kan primo fra tutti, rinunceranno ai loro compensi per il tempo necessario per arginare la crisi. I soldi raccolti serviranno per rimediare alle perdite e ai danni, assieme agli altri fondi raccolti con mezzi diversi. Ah, ’sti giapponesi!





Berlusconi al PalaSharp assieme a Letizia Moratti.

     7 maggio 2011. Silvio Berlusconi è al PalaSharp di Milano. Sta facendo un comizio per lanciare Letizia Moratti per le prossime elezioni. Durante il discorso, quando gli spalti si stavano ormai svuotando, dice una frase: «Questo governo ha lavorato bene…». Per Vincenzo Michelini, 70 anni, pensionato, che stava assistendo al comizio, è veramente troppo e allora, vista la baldanza del premier, gli chiede dalla platea: «E per le pensioni cos’hai fatto?». Berlusconi finge dapprima di non sentirlo, poi, quasi d’impulso, si volta a lui e gli dice, serioso e irritato: «Ci vediamo fuori»… Ma poi precisa: non per fare a botte, «ma perché le spiego». Michelini viene quindi portato… anzi, no: trascinato fuori dalla scorta e, con qualche calcio, viene fatto uscire. Ai giornalisti che vorrebbero avvicinarsi viene negato l’accesso all’area e solo poche riprese amatoriali sono riuscite a sbirciare dietro le quinte.
     Gli spettatori intanto rumoreggiano: sta parlando il premier, cribbio! Non è ammessa replica! Silvio non è tenuto a rendere conto di quello che dice! Perché per un italiano un politico può andare in televisione, rilasciare interviste, salire su un palco e dire anche il falso e la gente non deve fermarlo quando lo dice. Qualcuno direbbe: «Ma non è educazione interrompere qualcuno che fa un discorso». Io invece dico che l’educazione passa un attimino in secondo piano quando si assiste al tentativo di convincere la gente di qualcosa che non è vero, o almeno dico che, quando uno dice una cosa, si deve assumere la responsabilità di quello che dice e deve mettersi in testa che ne deve rendere conto, cioè deve poterlo provare, perché se non può provarlo (in quanto non è vero) allora sta mentendo, sta prendendo in giro, sta facendo propaganda ai suoi interessi sulle spalle della gente. E questo non è democratico.
     E Silvio, che non è abituato a essere contraddetto, Silvio per cui il contraddittorio non rientra nemmeno nell’ambito della normale amministrazione della politica, subito zittisce Michelini e lo fa portare fuori dai suoi uomini. Poi, poiché è una volpe, sfrutta subito il fatto appena accaduto per caricare ancora di più la pubblicità alla sua immagine e aumentare la frattura tra gli elettori dicendo due cose: «A noi liberali non passerebbe mai nella testa di andare a disturbare una comunicazione di un leader della sinistra nei confronti del suo popolo»; e poi «…e anche questi comportamenti sono per noi un motivo in più per votare sì alla libertà». È questo è marketing! Puro marketing!
     Ora, per me lo scandalo non sta tanto nel fatto che Silvio abbia sbattuto la porta in faccia a un elettore che voleva spiegazioni (ho sopportato ben altro da questo povero uomo), ma un principio più generale, ovvero: quando il potere parla, parla al popolo e non con il popolo. La comunicazione tra chi sta al potere e chi elegge è solo apparente. È una parvenza di democrazia, un contentino.
     Esattamente come avviene in una pubblicità, in cui il consumatore deve guardare il prodotto, abbellito bugiardamente in mille modi e con mille trucchi, e imparare a desiderarlo (stabilendo così una comunicazione a senso unico: dal venditore al consumatore), così questo modo di fare politica prevede che un politico si dipinga delle migliori qualità in modo che gli elettori possano “comprare” le sue bugie. E gli elettori devono tacere nel frattempo. Ogni giudizio critico dev’essere sospeso. Beh, non è questa la mia idea di politica. Non è questa neanche la mia idea di comizio. Volete un controesempio per convincervene? Se andate a teatro, pagando il biglietto, e l’attore comincia a recitare da cani o non soddisfa la vostra richiesta di pubblico voi non ve ne andreste? Non gli gridereste almeno qualche “buuu”? O se andate al cinema e il macchinista fa casino con la pellicola, rovinandola, voi non chiedereste di essere rimborsati? In casi del genere vi ribellereste e fareste bene. E perché allora un politico può salire su un palco sentendosi libero di mentire o negando le spiegazioni che avrebbe dovuto dare, senza che ci si debba ribellare? È come se poi l’attore dicesse «L’attore sono io e stasera recito quello che voglio io»; o se il macchinista del cinema dicesse «Oh, che volete? Ho rovinato la pellicola e mo’ ve ne metto un’altra».
     Il guaio è che a molti questa, nel mondo della politica, non appare neanche più una contraddizione, ergo non è una cosa strana. Naturalmente sappiamo bene il motivo di tutto questo: Berlusconi non può permettere che qualcuno gli chieda di rendere conto davanti a tutti delle sue contraddizioni, proprio mentre si sta pubblicizzando, poiché non potrebbe difendersi. Quest’uomo sa bene di essere vulnerabile su molti aspetti e deve eliminare ogni imbarazzo pubblico che lo metta in cattiva luce.

Nessun commento:

Posta un commento