Montale
scrisse L’anguilla nel periodo molto
arido della seconda guerra mondiale. L’animale, in contrasto con una forte
tradizione letteraria, diventa un simbolo di speranza e salvezza per l’umanità.
L’anguilla è animale che striscia, che si muove a fatica e che è costretto a
vivere in ambienti paludosi, in mezzo alla melma, al fango, dove la poca acqua
è contesa ed è messa quasi in minoranza dalla terra. In un ambiente così
povero, così privo di risorse, l’anguilla deve riuscire a creare la vita, a
compiere il suo ciclo e a riprodursi. Questa «anima verde» deve riuscire nell’ingrato
compito di continuare la sua specie «là dove solo / morde l’arsura e la
desolazione», costretta a ricominciare da capo dove si è vista la fine di tutto
(«tutto comincia quando tutto pare / incarbonirsi»), lei, strisciante e forse
ultimo degli esseri viventi, è testimone e allegoria di un messaggio di
solidarietà e coraggio, di tenacia e fede. Per questo l’anguilla è anche «sirena»,
come dice il poeta al primo verso. In chiusura invece Montale si rivolge alla
sua ispiratrice (Clizia), anche lei donna, anche lei essere su cui grava
la responsabilità di continuare la vita, di perpetuarla, a tutti i costi, in
mezzo alle brutture del mondo, in mezzo a un ambiente ostile, rischiando la
vita. Del resto, la donna e l’anguilla sono «sorelle».
L’anguilla,
la sirena
dei
mari freddi che lascia il Baltico
per
giungere ai nostri mari,
ai
nostri estuari, ai fiumi
che
risale in profondo, sotto la piena avversa,
di
ramo in ramo e poi
di
capello in capello, assottigliati,
sempre
più addentro, sempre più nel cuore
del
macigno, filtrando
tra
gorielli di melma finché un giorno
una
luce scoccata dai castagni
ne
accende il guizzo in pozze d’acquamorta,
nei
fossi che declinano
dai
balzi d’Appennino alla Romagna;
l’anguilla,
torcia, frusta,
freccia
d’Amore in terra
che
solo i nostri botri o i disseccati
ruscelli
pirenaici riconducono
a
paradisi di fecondazione;
l’anima
verde che cerca
vita
là dove solo
morde
l’arsura e la desolazione,
la
scintilla che dice
tutto
comincia quando tutto pare
incarbonirsi,
bronco seppellito;
l’iride
breve, gemella
di
quella che incastonano i tuoi cigli
e
fai brillare intatta in mezzo ai figli
dell’uomo,
immersi nel tuo fango, puoi tu
non
crederla sorella?
Eugenio Montale, L’anguilla, in La bufera e altro
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