sabato 22 settembre 2012

Risparmio della corrente fai-da-te: guida all’uso intelligente dell'energia elettrica in casa


     Voglio continuare sulla scia del mio post precedente, dedicato al risparmio casalingo del consumo di acqua, trattando questa volta il risparmio dell’energia elettrica in casa. Anch’essa infatti rappresenta un peso non indifferente sull’ambiente e le nostre bollette. Di conseguenza, se impariamo ad adottare una certa condotta, possiamo giovare al mondo e alle nostre tasche. Anche qui dividerò per argomenti i vari accorgimenti da adottare, per rendere più agevole la consultazione.


Illuminazione

     Fin dall’antichità il problema principale dell’uomo è stato vincere le tenebre, ovvero ritagliarsi porzioni di tempo da rubare al buio per organizzare una parte delle proprie attività anche dopo il tramonto. Oggi, dopo migliaia di anni di evoluzione, l’uomo moderno non apprezza più l’importanza di preservare le risorse dell’illuminazione poiché non è più costretto ad accendere un fuoco con legnetti e paglia secca. Ebbene, questo non vuol dire che produrre luce non richieda un costo! Lo richiede eccome! Poiché parliamo di una delle forme energetiche più abusate in assoluto, è bene dare qualche consiglio su come usare razionalmente le luci in casa.
Lampadina a incandescenza.
     Parliamo di lampadine. Dal 1878 fino al primo settembre 2012 le lampadine a incandescenza inventate da Thomas Edison hanno illuminato la nostra vita: 130 anni di onorato servizio che però hanno sollevato delle giuste questioni economiche e ambientali che dal 2009 hanno portato l’Unione Europea a prendere provvedimenti per ridurre i consumi energetici, orientando la vendita delle lampadine verso modelli che fossero più ecologici (cioè che emettessero meno anidride carbonica) ed economici (che consumassero meno energia). La lampadina a incandescenza infatti usa un meccanismo energeticamente molto dispendioso (converte in luce solo una minuscola percentuale dell’energia che riceve e il resto se ne va via sotto forma di calore) ed è per questo che l’UE ha cominciato a limitarne la vendita dal 2009, fino ad arrivare al primo settembre scorso, quando la lampadina a incandescenza è entrata ufficialmente “fuori legge”. Al suo posto nascono lampadine di nuova generazione a risparmio energetico: lampade alogene (che dovranno scomparire anch’esse entro il 2016), lampade a fluorescenza (dette anche a basso consumo) e LED (light emitting diode, diodo ad emissione luminosa).

Lampadine a basso consumo.


Come si misura il dispendio energetico delle lampadine
     Il vantaggio di queste lampade è semplice: consumano meno e sprecano meno. Questo significa che occorre meno energia per farle funzionare. E qui può tornarci utile aprire una parentesi, giusto per capire le quantità che chiameremo in causa: quando si parla di consumi di lampadine si usa come unità di misura il watt. Senza addentrarci in disquisizioni sulla fisica, diremo molto velocemente, giusto per dare un’idea concreta, che consumare un watt significa consumare 1 joule al secondo, ovvero consumare l’energia, erogata per la durata di un secondo, necessaria ad accelerare un corpo di un chilogrammo per la distanza di un metro facendo aumentare la sua velocità di un metro al secondo. Sembra macchinosa come definizione, ma solo perché è buttata via così. A noi basta sapere che quindi le lampadine, che alla fine producono luce, spendono l’equivalente dell’energia necessaria a muovere gli oggetti!

Vantaggi delle moderne lampadine
     Detto questo, facciamo un po’ di calcoli per capire quanto sono convenienti le nuove lampadine rispetto a quelle a incandescenza. Basa sapere che…
     Le lampade a incandescenza erano lampade che arrivavano a 100 watt: ciò significa che in un secondo una lampadina a incandescenza consumava l’energia necessaria a spostare 100 corpi di un chilogrammo per la distanza di un metro facendoli aumentare la loro velocità di un metro al secondo. Le nuove lampade a risparmio energetico invece consumano molto meno: solo 15 watt (e i LED consumano ancora meno)! Questo significa che il 75% dell’energia spesa per farle funzionare viene risparmiata! Al momento dell’acquisto di una lampadina, quindi, impariamo a controllare quanto consuma, così potremo fare dei raffronti per poter scegliere non solo quella più adatta alle nostre esigenze, ma anche, a parità di illuminazione, quella che consuma di meno!
     Altro vantaggio delle lampade a risparmio rispetto a quelle a incandescenza: le lampade di nuova generazione durano di più! Investendo su questo tipo di lampade, quindi, avrete un prodotto che vi durerà di più nel tempo, riducendo i costi per sostituirle. Orientativamente, basti sapere che se una lampada da 100 watt durava 5000 ore, una da 20 watt dura 15000 ore!
     A livello di ecologia invece, sappiamo che le vecchie lampade a incandescenza emettevano molta più anidride carbonica che, come sappiamo, è un gas tossico. Se consideriamo un periodo di accensione di 7 ore, una vecchia lampada “edisoniana” sputava fuori in media 76 chili di anidride carbonica, mentre una lampada a risparmio energetico ne espelle solo 15. Questo significa che c’è un emissione dell’80% inferiore!
     È chiaro che le lampade di nuova generazione costano più di quelle a incandescenza e questo sembrerebbe un punto a sfavore che potrebbe diventare addirittura un deterrente al loro acquisto, ma state tranquilli. Il costo (in media 10 euro a lampada, in via molto generale) viene ammortizzato subito dal risparmio energetico che le caratterizza. Per cui spendiamo una sola volta un po’ di più, ma in cambio recuperiamo in un attimo, tramite il risparmio in bolletta, i soldi spesi! Ed è qui che dobbiamo dimostrare quel minimo di maturità e “investire” intelligentemente sul futuro dei nostri risparmi.
     I LED sono ancora più costosi (poiché ancora più convenienti) e infatti il loro uso per ora è più limitato anche per questo, ma il prezzo di questo prodotto è destinato a scendere nei tempi a venire e, con essi, anche il loro acquisto, poiché troveranno un uso sempre più ampio nel quotidiano delle famiglie.

Illuminare solo quando serve
     Una bruttissima abitudine molto radicata è quella di lasciare accese le luci in casa inutilmente, in stanze che non sono abitate da nessuno o in un momento in cui c’è già abbastanza illuminazione solare. Potrebbe sembrare banale, ma è una delle forme di spreco più frequenti quando si parla di energia elettrica. Non dobbiamo lasciare accese le luci senza un motivo!

Smaltimento
     Come spesso avviene, i prodotti più vantaggiosi sono anche più delicati. Le lampadine a basso consumo non fanno eccezione. Infatti, nonostante le ridottissime quantità di mercurio che possiedono, le lampade a risparmio energetico non devono essere buttate insieme agli altri rifiuti (un po’ come si fa per le pile) perché contengono dei metalli che, da una parte possono essere tossici, dall’altra sono preziosi e quindi risulta molto conveniente riciclarle.
     Le lampade a basso consumo vanno quindi raccolte in appositi centri di riciclaggio. Esistono anche rivenditori che ritirano gratis le lampade esaurite. In ogni caso i negozianti che le vendono hanno anche l’obbligo di raccoglierle, come dimostrerebbe la piccola maggiorazione sul prezzo che essi applicano, quindi se uno di loro si rifiuta di accettare lampade esaurite, sappiate che non può farlo e quindi avete tutto il diritto di pretendere che compia il suo dovere.


La “lucina rossa”: lo spreco subdolo dello standby

     Avete presente quando spegnete la TV, o il lettore DVD, o lo stereo e continuate a vedere quelle simpatiche lucine (generalmente rosse) presenti su questi oggetti? Il famoso “pallino rosso” è il segno che quell’oggetto è stato messo in standby. Ebbene, chiariamo subito: un oggetto in standby non è un oggetto spento.
     Per “spento” intendiamo un oggetto che non consuma corrente elettrica. Quando tiriamo la spina, per esempio, o spegniamo la TV col tasto facendo scomparire la lucina stiamo impedendo all’oggetto di usare corrente per fare qualcosa.
     Ma quando mettiamo l’oggetto in standby gli stiamo in realtà dicendo «Fermati “quasi” completamente, ma non del tutto. Usa una certa quantità di corrente per “tenerti pronto” a funzionare subito di nuovo, senza dover partire da zero quando ti riaccenderò». Questo è il senso dello stato di standby. Quindi, mettere in standby un oggetto significa fargli consumare corrente anche se non lo si usa.
     Questo significa che la lucina rossa va spenta. Ora, sebbene consapevoli del fatto che un oggetto dev’essere spento completamente per non continuare a consumare corrente, diciamoci la verità: siamo troppi pigri o troppo distratti per preoccuparci di premere il pulsantino o andare a staccare la spina di un elettrodomestico ogni volta. Ecco allora una semplice soluzione che ci evita di fare la fine di Lino Banfi in una famosa scena di Vieni avanti, cretino. Dividiamo gli “aggeggi” in gruppi basati sulla loro vicinanza alle prese della corrente: per esempio, potremo avere il gruppo di elettrodomestici vicino al computer che comprenderebbero: computer, stampante, scanner, modem… Oppure potremmo avere un altro gruppo che comprende un televisore, un digitale terrestre, un lettore DVD, un lettore Blu-Ray… Tutti gli oggetti di uno stesso gruppo possono essere collegati a una stessa multipresa (detta anche “ciabatta” nel gergo) che come sappiamo è un oggetto che può ospitare un numero multiplo di spine alle quali viene contemporaneamente erogata corrente elettrica a patto che sia acceso un solo pulsante (luminoso in genere).
     Ogni volta che si vogliono spegnere gli oggetti di uno stesso gruppo facendo attenzione che non vengano messi in standby basterà spegnere l’unico interruttore della multipresa e così si sarà sicuri di aver interrotto il flusso di corrente a tutti gli oggetti collegati a quella multipresa.
     Per esempio, se stiamo lavorando al computer, dopo aver finito dovremmo: spegnere l’interruttore del monitor, spegnere l’interruttore delle casse, spegnere l’interruttore del fax, spegnere l’interruttore della stampante, spegnere l’interruttore dello scanner e così via… altrimenti li lasceremmo in standby facendogli consumare un fiume di corrente. Invece se li colleghiamo tutti alla stessa ciabatta, basta spegnere la ciabatta stessa e possiamo andar via tranquilli.
     Ma quanto può consumare lo standby? Ovviamente dipende dal tipo di elettrodomestico, ma in generale la percentuale non è affatto piccola rispetto a quella della corrente che si consuma nell’uso vero e proprio! Per avere un’idea delle cifre in gioco, possiamo dare un’occhiata a questo video tratto da una puntata di Report, condotto dall’ottima Milena Gabanelli.
     Questo sistema conviene soprattutto perché ci sono elettrodomestici in casa che devono necessariamente vivere in un perenne stato di standby, come il frigorifero, o il fax… Da persone intelligenti, allora, risparmieremo su quelli che possono sottrarsi a questo stato.



Frigorifero e congelatore

     Si tratta di due strumenti che devono necessariamente essere dotati costantemente di corrente elettrica e, quindi sono tra quelli che consumano di più. Poiché non è possibile limitare ad essi l’energia elettrica, l’unica accortezza, oltre alla scelta di un modello più ecocompatibile, è quella di posizionarli il più possibile lontano da fonti di calore. Tenendoli vicini al calore, infatti, faranno più fatica a mantenere bassa la temperatura interna, ovvero sarà necessaria più energia elettrica per permettergli di raffreddare i cibi. Questa cosa è ancora più facile da fare con il congelatore, se questo è un pezzo a parte rispetto al frigorifero. Lo si può mettere in un ripostiglio, in una cantina, per esempio, o in garage.
     Inoltre occorre perdere la brutta abitudine di tenere aperto il frigorifero inutilmente per tanto tempo: in questo modo eviteremo al calore di entrare ed alzare la temperatura degli alimenti. Ricordo che abbassare la temperatura dei cibi serve a rallentare il metabolismo dei batteri che inevitabilmente finiscono sopra di essi (anche se sono stati lavati) e che li fanno avariare. Ad alte temperature, infatti, tutte le reazioni chimiche sono più veloci e i cibi vanno a male più in fretta.
     In generale, quindi, è consigliabile tenere il calore il più lontano possibile dall’ambiente del frigorifero e quindi vanno evitati tutti quei comportamenti che alzerebbero la temperatura degli alimenti (come anche mettere una stufetta portatile vicino al frigo).


Lavatrice

     La lavatrice è tra i più energivori degli elettrodomestici in quanto fa uso di più forme di energia: essa usa l’acqua per lavare e risciacquare i panni, ma anche di elettricità, che le serve a funzionare, senza contare che l’acqua dev’essere anche calda, e l’acqua calda costa di più perché occorre energia per riscaldarla.

Temperatura di lavaggio
     Lavare a 90° oggi è quasi del tutto inutile. Con i moderni detersivi, le moderne lavatrici e lo stile di vita che abbiamo i 90° sono uno spreco ingiustificato. L’acqua a 90° costa moltissimo e un lavaggio a temperature così alte appare del tutto inutile sui capi solo moderatamente macchiati: riserviamo questa temperatura di lavaggio solo per i panni di nostro figlio che ha deciso di passare tutto il giorno a rotolarsi nell’erba a casa dell’amico, dopo una bella seduta di pittura seguita da una partita di calcio. Evitiamo quanto più possibile i 90° e anzi, impariamo a fare dei gruppi di abiti in base a quanto sono sporchi. Per gli abiti che lo sono solo lievemente dedicheremo tranquillamente lavaggi a temperature di 60° o 40°, a seconda.
     Secondo “Legambiente”, infatti, cicli di lavaggio a più basse temperature porterebbe a un risparmio medio di € 4,50 al mese sulla bolletta, nonché a una minore emissione di anidride carbonica nell’ambiente. Ricordiamoci infine che i lavaggi a 90° danneggiano anche più facilmente i tessuti dei nostri abiti.

Attenti al prelavaggio
     Non sempre è necessario fare il prelavaggio. Si può sostituire questa operazione usando specifici prodotti sullo sporco più difficile prima di inserire i capi in lavatrice. Dobbiamo cercare di limitarlo il più possibile. Se necessario, eliminarlo del tutto.

Quando lavare
     Perché porsi il problema dell’orario più conveniente per usare la lavatrice? Dopotutto essa compie sempre lo stesso lavoro, quindi ha bisogno della stessa energia sia di giorno che di notte. Ebbene, nonostante questo sia vero, risulta più conveniente usare la lavatrice di sera e di notte perché esistono le cosiddette tariffe biorarie, ovvero dei periodi del giorno in cui la corrente costa di meno, in base al ritmo di consumo dell’energia elettrica nel paese. Precisamente esistono tre tariffe biorarie.
     La prima è la tariffa di fascia F1, che è quella in cui la corrente costa di più e che va dalle 8 alle 19 di tutti i giorni lavorativi (dal lunedì al venerdì): in questa fascia oraria la richiesta di energia è maggiore perché si svolgono la maggior parte delle attività produttive, specialmente quelle industriali, che abbisognano di grandi quantità di energia elettrica. Di conseguenza, in proporzione a quanta ne serve, l’energia elettrica costa di più.
     La fascia F2 invece è quella che va dalle 19 alle 8 del giorno successivo: si tratta del periodo in cui le industrie tengono spenti i macchinari e la richiesta energetica è più bassa.
Infine, la fascia F3 è quella che comprende i sabati, le domeniche e i giorni festivi, indipendentemente dall’ora. Anche nella fascia F3 si paga di meno.
     Risulta quindi chiaro che è più conveniente, almeno solo per questo motivo, fare il bucato di sera o nel week end. Ma questo discorso, riassunto bene in questo video illustrativo, è solo uno dei motivi per cui conviene evitare la lavatrice nelle ore di luce dei giorni feriali.
     Infatti si deve tener presente che l’energia usata nelle fasce economiche è una forma di energia più pulita: essendo l’energia nel nostro paese prodotta per la maggior parte da meccanismi che liberano anidride carbonica nell’ambiente e solo in minima parte da altri sistemi ecologici (eolico, nucleare importato dall’estero, idroelettrico, geotermico…), accade che quando le attività più costose sono ferme, è possibile sospendere anche la produzione di energia tramite i metodi che liberano anidride carbonica, potendo dare più peso alle forme pulite, inquinando di meno l’ambiente.

Risciacquo freddo
     Risciacquare con acqua fredda non peggiora la qualità igienica della pulizia del bucato, ma consente di risparmiare sull’energia spesa per riscaldare l’acqua. Per cui è conveniente risciacquare con acqua fredda.

Durezza dell’acqua e detersivi
     Sapete che la quantità di detersivo necessaria per l’igiene dei capi dipende dalla durezza dell’acqua? Ma soprattutto: sapete tutti cos’è la durezza dell’acqua? Ok, cominciamo da questo: la durezza dell’acqua è la quantità di calcio e di magnesio che essa possiede. Acque molto dure sono acque che contengono alte concentrazioni di calcio e magnesio. Occorre stare attenti alla durezza dell’acqua poiché quanto più dura è l’acqua tanto più detersivo sarà necessario aggiungere per avere la stessa pulizia. La presenza dei soluti, infatti, diminuisce il potere del detersivo di sciogliersi in acqua e, quindi, di pulire i capi. Sarebbe conveniente, quindi lavare con acque dolci (dolce qui è inteso ovviamente come contrario di dura). Inoltre, un’acqua troppo dura produce incrostazioni nelle tubature e negli impianti.
     Domanda: come faccio a misurare la durezza della mia acqua? Non esiste una sola unità di misura, ma noi usiamo il cosiddetto grado francese (simbolo: °f). Senza impelagarci in discorsi chimici, basti sapere che esiste la seguente scala di durezza dell’acqua, cui fare eventualmente riferimento per usare le corrette quantità di detersivo.
Da 0 °f a 7°f si parla di acque molto dolci;
da 7 °f a 14 °f si parla di acque dolci;
da 14 °f a 22 °f si parla di acque mediamente dure;
da 22 °f a 32 °f si parla di acqua discretamente dure;
da 32 °f a 54 °f si parla di acque dure;
oltre i 54 °f si parla di acque molto dure.
     Esiste anche l’unità di misura del grado tedesco (simbolo: °d). per fare le conversioni basta sapere che 1 °f = 0,56 °d. Infine, come sappiamo, i detersivi inquinano l’ambiente, quindi l’uso di poco detersivo porta un vantaggio anche di tipo ecologico.

Quando usare la lavatrice
     Come per la lavastoviglie, è molto stupido usare la lavatrice per pulire quattro magliettine. Gli elettrodomestici vanno usati a pieno carico: solo così si riesce a ottimizzare l’energia spesa per farli funzionare.

No all’asciugatura automatica, sì allo stendino
     Se siamo fanatici e vogliamo la bat-lavatrice anche per asciugare i panni allora siamo degli spreconi. Possiamo lasciar asciugare i panni sul caro vecchio stendino, da tenere in veranda o fuori al balcone. In questo modo risparmiamo un bel po’ di corrente elettrica. Tanto si tratta solo di far evaporare gocce di acqua e il sole ci riesce benissimo.

Manutenzione
     Esistono delle pratiche regolette per la manutenzione della lavatrice, come potete vedere in questo video. In generale sono buone le seguenti norme…
     Se prendiamo l’abitudine di asciugare l’acqua rimasta sulla guarnizione dopo un lavaggio e lasciare l’oblò aperto potremo contrastare la comparsa di muffa e di cattivi odori.
     Inoltre è molto importante la tutela della serpentina, che è una delle cause più frequenti di rottura della lavatrice: possiamo proteggerla dalla formazione del calcare usando prodotti anticalcare specifici.
     Non dimentichiamoci poi di pulire a intervalli regolari il filtro da cui passa l’acqua di scarico.


Lavastoviglie

     La lavastoviglie è per molti aspetti simile alla lavatrice; di conseguenza molte cose dette per quest’ultima valgono anche per la lavastoviglie. In particolare, anche per la lavastoviglie si consiglia l’uso a pieno carico, l’utilizzo nelle fasce F2, evitare il prelavaggio e l’asciugatura automatica…
     Cosa possiamo aggiungere? Che prima di usare la lavastoviglie possiamo tenere a mollo le stoviglie da lavare per indebolire l’adesione dello sporco su di esso: in questo modo il lavaggio sarà migliore e anzi potremo usare un programma di lavaggio più economico perché ci sarà bisogno di meno lavoro. Ancora meglio se mettiamo le stoviglie a mollo nell’acqua usata per far bollire la pasta (come ho già consigliato nel post dello scorso 14 settembre 2012): così facendo sfrutteremo il potere sgrassante dell’amido in essa contenuto.
     Se abbiamo residui di cibo particolarmente grossi e ostinati, prendiamoci il disturbo di rimuoverli con un tovagliolo di carta, prima di infilarli nella lavastoviglie. Il suo uso infatti si giustifica perché evita di perdere molto tempo a lavare manualmente le posate e i piatti; ma se dopo un lavaggio vediamo che rimangono comunque residui di cibo, perché giustamente l’elettrodomestico non fa miracoli, tanto vale lavare a mano (almeno solo le stoviglie più sporche).
     Sostituiamo i filtri ogni 5 lavaggi: i filtri raccolgono appunto i residui di cibo che la lavastoviglie ha raccolto e se si intasa sono cavoli amari!

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