giovedì 24 marzo 2011

Scripta manent, n. 5 - Quando la natura impregna il poeta

     Qualche giorno fa c’è stato l’equinozio di primavera. E, per restare in tema, nell’attesa che la natura attorno a noi si risvegli di vita, perché non spararsi una bella dose di idillio paesaggistico firmato William Wordsworth? Sono infatti di questo poeta così bravo e sensibile questi magnifici versi, che hanno tenuto alto lo stendardo del Romanticismo nella terra d’oltre Manica.
     Io non sono mai stato un amante della lingua anglosassone, ma non posso non riconoscere l’estrema bellezza dei capolavori che Wordsworth partoriva: sono versi che hanno una musicalità impressionante, che sembrano sgorgare dalla pagina come un’acqua di sorgente sgorgherebbe dalla roccia, naturali e leggerissimi. E, come quell’acqua, scrosciano nell’animo e suonano letteralmente, come dicevo prima, con una musica tutta loro. Le rime pacate e delicate come i fiori descritti, le vocali aperte come i campi dei paesaggi della pianura inglese, i versi ottonari che scandiscono questo canto con tanta gentilezza… Davvero non c’è nulla che non mi piaccia di questa composizione. Vi propongo dapprima la traduzione italiana, che ovviamente non è quella a cui mi riferisco, non è quella che mi manda in estasi. Dopo di essa, godetevi pure i versi originali, ascoltandoli nel video che ho pubblicato.

gdfabech

Vagavo da solo come una nuvola
che fluttua in alto sopra valli e colline,
quando d’un tratto vidi una folla,
una moltitudine di asfodeli dorati;
accanto al lago, sotto gli alberi,
ondeggiavano e danzavano nella brezza.
Continui come le stelle che brillano
e scintillano nella Via Lattea,
si stendevano in una linea senza fine
lungo il margine di una baia;
diecimila ne vidi ad un’occhiata,
agitare la testa in una danza gioiosa.
Danzavano le onde lì accanto; ma loro
e superavano in splendore lo sfavillìo;
un poeta non poteva che esser felice
in una compagnia così allegra.
Fissavo – e fissavo – senza ancora sapere
quale ricchezza mi avrebbe dato quella visione:
poiché spesso, quando mi sdraio sul letto
con l’animo vuoto o pensieroso,
essi mi balenano in quell’occhio interiore
che è la gioia della solitudine;
e allora il mio cuore si colma di piacere
e danza insieme agli asfodeli.

     Versione originale:

I wander’d lonely as a cloud
that floats on high o’er vales and hills,
when all at once I saw a crowd,
a host, of golden daffodils;
beside the lake, beneath the trees,
fluttering and dancing in the breeze.
Continuous as the stars that shine
and twinkle on the Milky Way,
they stretch’d in never-ending line
along the margin of a bay;
ten thousand saw I at a glance,
tossing their heads in sprightly dance.
The waves beside them danced; but they
outdid the sparkling waves in glee;
a poet could not but be gay
in such a jocund company.
I gazed – and gazed – but little thought
what wealth the show to me had brought:
for oft, when on my couch I lie
in vacant or in pensive mood,
they flash upon that inward eye
which is the bliss of solitude;
and then my heart with pleasure fills,
and dances with the daffodils.


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