Bisogna saperla leggere,
questa intervista. Non è infatti uno sfogo razzista, non una
discriminazione etnica, né l’ennesimo sbandieramento di un
pregiudizio in stile Salvini. È un’analisi, una piccola ma vera
analisi su uno dei mali del nostro paese. Il parere di Vittorio
Andreoli, psichiatra, intervistato da Andrea Purgatori per l’edizione
italiana dello Huffington Post, è che la società italiana sia
affetta da alcuni disturbi di personalità che
contribuirebbero molto ad alimentare o almeno a mantenere costanti
molti dei problemi tipici del nostro paese. Al di là del tono usato,
iperbolico e partecipato, trovo che sia indiscutibile il principio
che noi italiani, intesi come massa, come popolo (non come singoli
individui) abbiamo un serio problema di mentalità e di modo di porci
verso i problemi.
“L’Italia è un
paziente malato di mente. Malato grave. Dal punto di vista
psichiatrico, direi che è da ricovero. Però non ci sono più i
manicomi”. Il professor Vittorino Andreoli, uno dei massimi
esponenti della psichiatria contemporanea, ex direttore del
Dipartimento di psichiatria di Verona, membro della New York Academy
of Sciences e presidente del Section Committee on Psychopathology of
Expression della World Psychiatric Association ha messo idealmente
sul lettino questo Paese che si dibatte tra crisi economica e caos
politico e si è fatto un’idea precisa del malessere del suo
popolo. Un’idea drammatica. Con una premessa: “Che io vedo gli
italiani da italiano, in questo momento particolare. Quindi, sia
chiaro che questa è una visione degli altri e nello stesso tempo di
me. Come in uno specchio”.
Quali sono i sintomi
della malattia mentale dell’Italia, professor Andreoli?
Ne ho individuati
quattro. Il primo lo definirei “masochismo nascosto”. Il piacere
di trattarsi male e quasi goderne. Però, dietro la maschera
dell’esibizionismo.
Mi faccia capire questa
storia della maschera.
Beh, basta ascoltare gli
italiani e i racconti meravigliosi delle loro vacanze, della loro
famiglia. Ho fatto questo, ho fatto quello. Sono stato in quel
ristorante, il più caro naturalmente. Mio figlio è straordinario,
quello piccolo poi…
Esibizionisti.
Ma certo, è questa la
maschera che nasconde il masochismo. E poi tenga presente che
generalmente l’esibizionismo è un disturbo della sessualità.
Mostrare il proprio organo, ma non perché sia potente. Per
compensare l’impotenza.
Viene da pensare a certi
politici. Anzi, a un politico in particolare.
Pensi pure quello che
vuole. Io faccio lo psichiatra e le parlo di questo sintomo degli
italiani, di noi italiani. Del masochismo mascherato
dall’esibizionismo. Tipo: non ho una lira ma mostro il portafoglio,
anche se dentro non c’è niente. Oppure: sono vecchio, però metto
un paio di jeans per sembrare più giovane e una conchiglia nel punto
dove lei sa, così sembra che lì ci sia qualcosa e invece non c’è
niente.
Secondo sintomo.
L’individualismo
spietato. E badi che ci tengo a questo aggettivo. Perché un certo
individualismo è normale, uno deve avere la sua identità a cui si
attacca la stima. Ma quando diventa spietato…
Cattivo.
Sì, ma spietato è
ancora di più. Immagini dieci persone su una scialuppa, col mare
agitato e il rischio di andare sotto. Ecco, invece di dire “cosa
possiamo fare insieme noi dieci per salvarci?”, scatta l’io. Io
faccio così, io posso nuotare, io me la cavo in questo modo…
individualismo spietato, che al massimo si estende a un piccolissimo
clan. Magari alla ragazza che sta insieme a te sulla scialuppa.
All’amante più che alla moglie, forse a un amico. Quindi, quando
parliamo di gruppo, in realtà parliamo di individualismo allargato.
Terzo sintomo della
malattia mentale degli italiani?
La recita.
La recita?
Aaaahhh, proprio così…
noi non esistiamo se non parliamo. Noi esistiamo per quello che
diciamo, non per quello che abbiamo fatto. Ecco la patologia della
recita: l’italiano indossa la maschera e non sa più qual è il suo
volto. Guarda uno spettacolo a teatro o un film, ma non gli basta.
No, sta bene solo se recita, se diventa lui l’attore. Guarda il
film e parla. Ah, che meraviglia: sto parlando, tutti mi dovete
ascoltare. Ma li ha visti gli inglesi?
Che fanno gli inglesi?
Non parlano mai. Invece
noi parliamo anche quando ascoltiamo la musica, quando leggiamo il
giornale. Mi permetta di ricordare uno che aveva capito benissimo gli
italiani, che era Luigi Pirandello. Aveva capito la follia perché
aveva una moglie malata di mente. Uno nessuno e centomila è una
delle più grandi opere mai scritte ed è perfetta per comprendere la
nostra malattia mentale.
Torniamo ai sintomi,
professore.
No, no. Rimaniamo alla
maschera. Pensi a quelli che vanno in vacanza. Dicono che sono stati
fuori quindici giorni e invece è una settimana. Oppure raccontano
che hanno una terrazza stupenda e invece vivono in un monolocale con
un’unica finestra e un vaso di fiori secchi sul davanzale. Non è
magnifico? E a forza di raccontarlo, quando vanno a casa si
convincono di avere sul serio una terrazza piena di piante. E poi c’è
il quarto sintomo, importantissimo. Riguarda la fede…
Con la fede non si
scherza.
Mica quella in dio,
lasciamo perdere. Io parlo del credere. Pensare che domani, alle otto
del mattino ci sarà il miracolo. Poi se li fa dio, San Gennaro o
chiunque altro poco importa. Insomma, per capirci, noi viviamo in un
disastro, in una cloaca ma crediamo che domattina alle otto ci sarà
il miracolo che ci cambia la vita. Aspettiamo Godot, che non c’è.
Ma vai a spiegarlo agli italiani. Che cazzo vuoi, ti rispondono.
Domattina alle otto arriva Godot. Quindi, non vale la pena di fare
niente. E’ una fede incredibile, anche se detta così sembra un
paradosso. Chi se ne importa se ci governa uno o l’altro, se viene
il padre eterno o Berlusconi, chi se ne importa dei conti e della
Corte dei conti, tanto domattina alle otto c’è il miracolo.
Masochismo nascosto,
individualismo spietato, recita, fede nel miracolo. Siamo messi
malissimo, professor Andreoli.
Proprio così. Nessuno
psichiatra può salvare questo paziente che è l’Italia. Non posso
nemmeno toglierti questi sintomi, perché senza ti sentiresti morto.
Se ti togliessi la maschera ti vergogneresti, perché abbiamo perso
la faccia dappertutto. Se ti togliessi la fede, ti vedresti meschino.
Insomma, se trattassimo questo paziente secondo la ragione, secondo
la psichiatria, lo metteremmo in una condizione che lo aggraverebbe.
In conclusione, senza questi sintomi il popolo italiano non potrebbe
che andare verso un suicidio di massa.
E allora?
Allora ci vorrebbe il
manicomio. Ma siccome siamo tanti, l’unica considerazione è che il
manicomio è l’Italia. E l’unico sano, che potrebbe essere lo
psichiatra, visto da tutti questi malati è considerato matto.
Scherza o dice sul
serio?
Ho cercato di usare un
tono realistico facendo dell’ironia, un tono italiano. Però adesso
le dico che ogni criterio di buona economia o di buona politica su di
noi non funziona, perché in questo momento la nostra malattia è
vista come una salvezza. E’ come se dicessi a un credente che dio
non esiste e che invece di pregare dovrebbe andare in piazza a fare
la rivoluzione. Oppure, da psichiatra, dovrei dire a tutti quelli che
stanno facendo le vacanze, ma in realtà non le fanno perché non
hanno una lira, tornate a casa e andate in piazza, andate a votare,
togliete il potere a quello che dice che bisogna abbattere la
magistratura perché non fa quello che vuole lui. Ma non lo
farebbero, perché si mettono la maschera e dicono che gli va tutto
benissimo”.
Guardi, professore, che
non sono tutti malati. Ci sono anche molti sani in circolazione.
Secondo lei che fanno?
“Piangono, si
lamentano. Ma non sono sani, sono malati anche loro. Sono vicini a
una depressione che noi psichiatri chiamiamo anaclitica. Penso agli
uomini di cultura, quelli veri. Che ormai leggono solo Ungaretti e
magari quel verso stupendo che andrebbe benissimo per il paziente
Italia che abbiamo visitato adesso e dice più o meno: l’uomo…
attaccato nel vuoto al suo filo di ragno.
E lei, perché non se ne
va?
Perché faccio lo
psichiatra, e vedo persone molto più disperate di me.
Grazie della seduta,
professore.
Prego.
Tratto da: Huffington Post
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